Burundi: bilancio a tinte fosche per i diritti umani a un anno dall’escalation della violenza (25 aprile).
Il sistema di prevenzione internazionale della crisi ha fallito – La missione ONU non deve rimanere solo simbolica.
A un anno dall’esplosione della violenza a sfondo politico in Burundi, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM)stila un triste bilancio sulla situazione dei diritti umani nel paese africano. Solamente questa settimana sono state uccise sette persone in atti di violenza politica mentre da aprile 2015 ad oggi sono morte 700 persone. Almeno 4.300 persone sono state arrestate per motivi politici, centinaia di persone sono sparite nel nulla, la tortura e l’intimidazione sono diventate pratiche comuni. La violenza in Burundi è scoppiata dopo che lo scorso 25 aprile 2015 il presidente Pierre Nkurunziza aveva annunciato di volersi candidare al terzo mandato presidenziale nonostante le forti proteste.
La comunità internazionale sembra non prendere atto della situazione nel paese africano, eppure succede ormai quotidianamente che persone apertamente contro il governo vengano uccise davanti agli occhi di tutti, nei locali pubblici o in strada. Altrettanto frequenti sono gli omicidi di sostenitori di gruppi armati opposti al governo. Secondo l’APM questo circolo vizioso di violenza e impunità può essere interrotto solamente dalla maggiore presenza di forze di sicurezza internazionali. In gennaio 2016 il governo del Burundi ha categoricamente rifiutato la presenza di 5.00 soldati dell’Unione Africana (UA), ma ora le Nazioni Unite stanno valutando l’invio di un contingente di polizia delle Nazioni Unite con il compito di fermare e almeno ridurre gli atti di violenza.
Mentre le Nazioni Unite vorrebbero inviare nel paese africano un contingente internazionale composto da almeno 3.000 poliziotti, il governo del Burundi si dice d’accordo solo per 20 poliziotti che dovrebbero fungere da consiglieri per la polizia locale. Considerata la terribile situazione i cui versa il paese, l’invio di solo 20 poliziotti equivarrebbe, secondo l’APM, a una farsa. Se la comunità internazionale vuole effettivamente adempiere alla propria responsabilità di proteggere la popolazione civile dai crimini contro l’umanità perpetrati in Burundi deve insistere per l’invio di tutti i 3.000 poliziotti.
L’APM inoltre critica fortemente l’impegno dimostrato finora dalla comunità internazionale per prevenire la crisi in Burundi. Secondo l’APM, i segnali della probabile escalation di violenza non sono mancati, ma presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ogni decisione è stata bloccata da Cina, Russia e alcuni paesi africani. La passività di fronte a quanto succede in Burundi caratterizza anche l’Unione Africana che si trova nella morsa degli interessi opposti dei paesi vicini del Burundi.