Cinque anni fa sei entrata nel Consiglio Comunale di Milano nell’atmosfera di entusiasmo e speranza suscitata dalla vittoria di Pisapia. Che bilancio fai di questi anni?
Un bilancio contraddittorio. I primi anni sono stati positivi, a parte la vendita della SEA quando Tabacci era assessore al Bilancio e il voto contrario mio e di Basilio Rizzo quando si è trattato di dare l’avvallo, in vista dell’Expo, all’acquisto di un terreno di proprietà dei Cabassi, il cui valore è aumentato moltissimo con il passaggio da agricolo a edificabile. Già allora si vedeva che alla radice dell’Expo c’era un imbroglio.
Non immaginavo i giochetti, gli insulti e le manovre che avvengono in Consiglio Comunale: stando solo lì dentro nel primo anno ho perso dieci chili! Mi ha salvata il contatto con la gente, la partecipazione a tanti Comitati per la difesa dei cittadini, del territorio e della vivibilità (per esempio quello sulle Vie d’Acqua), dove tra l’altro c’è gente con una preparazione straordinaria.
Comunque sono riuscita a realizzare i due principali obiettivi del mio programma elettorale, ossia una Casa delle Donne (Milano era l’unica grande città italiana che non ce l’aveva) e il Registro delle Unioni Civili, facendo da tramite tra le esigenze dei cittadini e le istituzioni. Per quanto riguarda il primo punto, il ruolo di Presidente della Commissione Pari Opportunità mi ha aiutato a coinvolgere moltissime donne in una serie di assemblee nella Sala Alessi di Palazzo Marino (in tutto otto in questi cinque anni).
La sede del Comune è stata “invasa” da un numero enorme di donne, che hanno lavorato sui vari temi emersi dalle assemblee. Nel tavolo spazi c’è stato un grande lavoro per arrivare a definire lo Statuto della Casa delle Donne di Milano, studiando quelli di Case simili in Italia e all’estero e aggiungendo anche parti originali. Si è poi costituita un’associazione, che già nel primo anno ha raggiunto le 1.600 iscritte, ha vinto un bando del Comune e aperto, nel gennaio 2014, la Casa delle Donne di Via Marsala, un luogo pubblico, simbolico, in cui si svolgono decine di attività, dai corsi di italiano per straniere e Rom ai convegni sull’educazione. C’è stato molto impegno anche da parte del gruppo che si è occupato di salute e consultori, purtroppo finito nel nulla per la volontà della Regione di trasformare i consultori in Centri per la famiglia, azzerando la parte più direttamente legata alla salute delle donne. Si sono sviluppati poi progetti come quello delle Giardiniere, per la trasformazione naturalistica di uno spazio abbandonato da anni (la Piazza d’Armi), purtroppo poi bloccata e del gruppo Toponomastica: solo il 4% di vie e spazi pubblici è intitolato a donne, di cui la metà sono sante o figure religiose. Su questo fronte abbiamo ottenuto dei risultati: la percentuale è aumentata e di recente due giardini sono stati intitolati a Franca Rame e ad Artemisia Gentileschi.
Il Registro delle Unioni Civili è stato istituito nel luglio 2012, dopo una seduta fiume del Consiglio Comunale; da quella data al febbraio 2015 si sono iscritte 930 coppie, di cui un terzo omosessuali. Non siamo ai livelli di Napoli e Roma, dove le unioni vengono registrate nella sala dei matrimoni, mentre qui si firma in una stanzetta squallida nella sede dell’anagrafe, senza festeggiamenti particolari, ma si tratta comunque di un obiettivo raggiunto.
E ora veniamo alle note dolenti.
Il mio più grande dolore è stato vedere una giunta di “sinistra” che ha fatto più sgomberi di case popolari e campi Rom delle precedenti giunte di destra, vantandosene pure! Si calcola che in questi cinque anni gli sgomberi siano stati 1,3 al giorno! I fondi – 5 milioni di euro! – che Milano aveva a disposizione per una migliore sistemazione dei Rom sono stati spesi negli sgomberi, spesso di insediamenti dignitosi che esistevano da anni, offrendo alternative vergognose come i CES (Centri di emergenza sociale), ossia container senza la minima privacy, o i CAA (Centri di accoglienza abitativa) gestiti da cooperative private. Ora sono previsti altri due sgomberi, in Via Chiesa Rossa e Via Negrotto; portano voti, si sa e quindi meglio eseguirli in campagna elettorale.
L’altra grossa nota dolente riguarda la partecipazione. Era l’elemento fondamentale che ha portato alla vittoria elettorale nel 2011 ed è stata del tutto trascurata, salvo un recupero in extremis in questi ultimi mesi. Nel 2016 è stato assegnato un milione di euro a ognuna delle nove zone, con la possibilità per i cittadini di votare progetti proposti dal Comune. E questa sarebbe la partecipazione? Votare progetti decisi da altri? Per di più, non si è realizzato niente riguardo al bilancio partecipato e a quello di genere.
La motivazione ufficiale è che non ci sono i soldi. È vero, i tagli del governo Renzi sono stati pesanti, ma allora il sindaco avrebbe dovuto andare nei quartieri, spiegare perché non era riuscito a mantenere le promesse fatte e decidere insieme ai cittadini le priorità. Io avevo anche lanciato l’idea di una mobilitazione di sindaco, giunta e cittadini contro i tagli imposti dal governo, proponendo per esempio di ridurre le spese militari. È stata anche votata una mozione per impegnare il sindaco a chiedere al governo una riduzione del numero di F35 da acquistare. Caduta nel vuoto, come quella, da me proposta, contro il TTIP.
Ora si profila una campagna elettorale con tre candidati manager molto simili tra loro e l’unica proposta alternativa offerta dalla Lista “Milano in Comune” con candidato sindaco Basilio Rizzo.
Sarà dura. Abbiamo tre manager con la stessa storia, la stessa logica e nessun interesse per gli ultimi, per le periferie. Già immagino le solite critiche – per colpa vostra vincerà la destra. Ma io mi chiedo come si può sostenere un candidato sindaco imposto da Renzi all’interno del suo progetto di Partito della Nazione, la cui gestione di Expo è per lo meno dubbia (tanto che è stata istituita una commissione d’inchiesta al riguardo, con l’astensione del PD e di Sel), che ha avuto molti collaboratori arrestati ed è pronto a mettere in lista gente di CL. Dov’è la coerenza in una scelta simile? Sono loro in contraddizione, non noi.
Immagino che tanta gente (di Sel, dei comitati) pensi di salvarsi l’anima votando la loro lista “Sinistra per Milano” e Basilio Rizzo al posto di Sala, ma il voto disgiunto non servirà a niente: lo sbarramento da superare per una lista come la nostra è il doppio di quello previsto per chi fa parte di una coalizione, dunque votando solo Basilio e non la lista si rischia di non eleggere nemmeno lui. Almeno la Balzani ha avuto la dignità di tirarsi indietro rispetto al ruolo di capolista “arancione”.
Passando a temi più generali, che valore hanno per te la democrazia diretta e la nonviolenza?
La democrazia diretta è l’unica salvezza per ridare senso e dignità alla politica. Solo coinvolgendo i cittadini si può salvare una politica così lontana dai loro interessi. E questo è vero a livello locale, nazionale e globale: il capitale finanziario internazionale domina la scena, ha in mano le leve del potere (soldi e armi). L’unica possibilità è che la politica torni in mano al soggetto vero, i cittadini. C’è bisogno di un pensiero radicalmente diverso da quello che storicamente ha sempre visto la vittoria nella distruzione dell’avversario. La nonviolenza invece implica una dinamica in cui le due parti possono cambiare.
Qual è il nucleo, l’essenza del tuo impegno politico, sociale e umano?
Potrei sintetizzarlo in alcune parole: responsabilità, speranza, passione, coerenza, amore. La partecipazione e non la delega rende responsabili, è quella che spinge ad assumere un impegno non solo per sé e il proprio ambito ristretto, ma per cambiare il mondo intero. Se non coltiviamo la speranza perdiamo energia e finiamo per dubitare che il mondo possa cambiare. La passione dà la forza per andare avanti, per vedere anche nell’avversario quel briciolo di umanità con cui entrare in relazione. L’importante è mantenere la coerenza e la forza interiore date da un’idea e da un sentimento che ti guidano nella vita: per me si tratta dell’amore per l’umanità, per la Terra e per ogni essere vivente.