In questi giorni quando si parla di Colombia l’attenzione, in genere, va all’Avana, dove il processo di pace sta subendo un ritardo per alcune difficoltà. Ma anche a Bogotá, Medellin, Calí e in tutto il paese vi sono serie difficoltà, economiche e sociali: inflazione crescente, calo del prezzo internazionale del petrolio, perdita del potere d’acquisto dei lavoratori, più tasse per i lavoratori, etc.,etc..
La crisi economica, sociale che soffre il paese è causata dai dogmi neoliberisti del libero mercato e dall’irresponsabilità di una ristretta oligarchia che detiene il potere. Dimostra, una volta in più, il danno causato alle società e ai popoli dall’essere governati da sottomessi seguaci del modello capitalista. Di questa maniera i popoli, come quello colombiano, sono condannati a vivere in situazioni di estrema povertà. La maggior parte dei problemi sono conseguenza degli 8 anni di governo fascista di Uribe, dove l’attuale presidente Santos era ministro.
Alcuni dati in Colombia, sono drammatici. L’inflazione è stata nel 2015 del 7%, ma per i beni alimentari si stima in questi giorni un aumento del 10%. E’ in programma un aumento dell’IVA che sarà portata al 19%. Uno degli aspetti della devastante situazione generale è l’aumento dell’importazione di generi alimentari congiuntamente alla diminuzione dell’entrata di valuta. La diminuzione di valore del peso colombiano, il crollo delle esportazioni, rende ingestibile l’aumento del debito esterno e del rischio finanziario, obbligando a pagare interessi in crescita che diminuiscono le capacità di dare una risposta ai bisogni sociali. L’ importazione di alimenti dell’agro ha superato i 12 milioni di tonnellate, mentre la superficie coltivata rimane quella del 1999. L’importazione di mais, molto consumato dai colombiani, ha superato i 3.8 milioni di tonnellate. Il 98% del frumento, il 95% della cebada e l’85% della soia che consumano i colombiani sono importati. Inoltre sono importati fagioli, lenticchie, arveja, latte, formaggio e prodotti processati e semi processati. Importare e non produrre in Colombia causa la perdita di due milioni di posti di lavori, oltre i costi finanziari. Un fattore, fuori del controllo del potere oligarchico, ma che contribuisce ad aggravare la situazione è il petrolio che rappresenta il 20% delle entrate statali. Nel 2015 ci si aspettava che il prezzo si mantenesse a 95 dollari il barile, nel 2016 è, per il momento, caratterizzato da 40, 35 dollari il barile.
Questa situazione richiede un profondo cambio nella gestione del potere.
Il prossimo 17 marzo, dopodomani, le centrali sindacali CGT, CUT, CTC, associazioni di pensionati, di camionisti e organizzazioni sociali e popolari hanno proclamato uno sciopero nazionale contro le politiche antipopolari del governo Santos e con una piattaforma di rivendicazioni quali: l’aumento del salario minimo, la diminuzione dei contributi dei pensionati all’assistenza sanitaria dal 12% al 4%, la diminuzione dei prezzi del combustibile e il congelamento dei prezzi di quei prodotti che fanno parte della canasta famigliare, realizzazione degli accordi firmati con le associazioni di agricoltori e di camionisti, rifiuto di vendere ISAGEN,condanna alla corruzione in REFICAR, no alla riforma tributaria che danneggia i settori popolari.
Lo sciopero è contro il modello neoliberale, per l’unità del movimento sindacale e poplare, ma anche per la pace in Colombia, condizione necessaria per un cambio reale, politico e sociale. Per questo è inteso come un primo passo di una mobilitazione permanente.
Lo sciopero generale del 17 marzo deve servire anche a sostenere e dare legittimità sociale al processo di pace.
I negoziati all’Avana tra FARC-EP e governo di Manuel Santo hanno bisogno di questa spinta. L’ accordo generale sulla pace in Colombia non si firmerà il 23 marzo, come era stato stabilito il settembre scorso. Vi sono punti da ancora ben chiarire e definire anche se ci sono stati degli accordi di massima.
Le zone di ubicazione provvisoria e la sospensione degli ordini di cattura ai guerriglieri smobilitati. Anche se è stata approvata una Legge di Ordine Pubblico in merito, c’è la necessità di definire dettagli politici e operativi per evitare precedenti esperienze negative.
Un altro problema chiave pendente è il cessate il fuoco bilaterale che sembrava potesse essere dichiarato lo scorso gennaio, ma ancora non vi è una definizione.
Il governo di Santos vuole un referendum per dare consenso all’accordo, mentre le FARC-EP propongono un’Assemblea Costituente.
Inoltre continua ad essere assente dai negoziati di pace l’ELN, la seconda guerriglia della Colombia, senza la quale non vi può essere una pace completa.
Per quanto sopra, principalmente, sia il governo di Manuel Santos che le FARC-EP sono d’ accordo che la firma non potrà essere il 23 marzo, ma dopo qusta data. Si parla del prossimo giugno.
Indico i link con prevedenti articoli su Pressenza italiana riguardo al processo di pace in Colombia.
www.pressenza.com/it/2016/01/camilo-torres-la-pace-colombia/
www.pressenza.com/it/2015/12/258018
www.pressenza.com/it/2015/…/colombia-intesa-sulle-vittime-del-conflitt
www.pressenza.com/…/guerra-e-pace-in-colombia-un-grande-balzo-in-a..
www.pressenza.com/it/2015/…/guerra-e-pace-in-colombia-nel-luglio-20..