Abito a Bruxelles. Ieri a 200 metri da casa mia è esplosa una bomba, un’ora dopo il dramma dell’aereoporto. Shock. Panico, orrore assurdo e incomprensibile e, al tempo stesso una sensazione di evidenza: potevamo aspettarcelo!
Come chiedere una “sicurezza” nazionale ed europea mentre mettiamo ai margini masse di gente in fuga da guerre interminabili? I nostri politici parlano di “sicurezza” in una specie di fiction scollegata dalla realtà. Ed eccoci qua, cittadini europei presi nella trappola di questa politica inumana.
Siamo all’indomani del dramma. In questo 23 marzo, mentre le autorità invitano a restare a casa, accade esattamente il contrario! In ogni città la necessità di esprimere solidarietà alle vittime si manifesta nei segni dei gessetti colorati, perfino sui marciapiedi di cemento; i minuti di silenzio uniscono gli studenti nelle scuole e gli abitanti dei grandi centri urbani. Una nuova onda d’urto sta circolando, vero grido di speranza e solidarietà.
Possa questo clamore profondamente umano coprire gli appelli all’odio e all’egoismo.