E’ l’appello che l’ambasciatrice palestinese, Mai Alkaila, ha lanciato mercoledì 24 febbraio durante una conferenza stampa che ha avuto luogo nelle sale dell’Ambasciata di Palestina a Roma.
Mohammed Al-Qeed, corrispondente per la tv saudita Al-Majd, è al suo novantesimo giorno di sciopero della fame, forma di protesta scelta contro l’ingiustificata carcerazione da parte delle autorità israeliane, che lo sta portando alla morte.
Oggi sono circa 600 i palestinesi incarcerati per ordine di detenzione amministrativa. Un vero e proprio atto di abuso e illegalità al quale fa ricorso assai spesso Israele senza mai incorrere in alcun ammonimento né sanzione per violazione del diritto internazionale.
L’esercito israeliano è infatti autorizzato a emanare ordini di detenzione amministrativa contro civili sulla base di prove presunte. In tal senso è l’art. 285 del codice militare 1651 che permette la detenzione sino a sei mesi (rinnovabili senza alcun preavviso) solo sulla presunzione e senza fare luce, né tanto meno informare sulle ragioni della carcerazione.
Durante la conferenza stampa, la diplomatica non si ferma alla denuncia della storia di Al-Qeed, che ormai sta facendo il giro del mondo a livello mediatico e parla anche delle continue vessazioni e le violazioni a cui viene sottoposto il popolo palestinese e di cui è stata vittima e osservatrice in prima persona nel corso della propria vita.
“Sono nata e cresciuta in Palestina e da quando sono nata ho vissuto quasi esclusivamente l’occupazione israeliana. Ho vissuto tutte le sofferenze del popolo palestinese. Ho visto dei martiri cadere, i figli dei martiri, ho visto dei bambini morire, ho visto le mogli, le donne e i giovani palestinesi uccisi.”
L’ambasciatrice Mai Alkaila continua “dal 1967, più di un milione di palestinesi sono finiti nelle prigioni israeliane” e conclude il dibattito di fronte a un pubblico attento e interessato. “Oggi gli interessi economici prevalgono sui diritti umani. Israele non può continuare a essere al di sopra delle leggi internazionali. Israele come tutti deve rispettarle”.
Quella di Al-Qeeq è l’ennesima storia di lotta, una lotta non obsoleta ma al contrario, attuale, una lotta del XXI secolo. Quella di chi, cercando la libertà di espressione e di pensiero, opta infine per la morte come forma di liberazione dal soffocamento della disumanità e dell’ingiustizia.
E’ la nostra lotta, non solo quella dei giornalisti liberi, ma anche quella di tutti coloro che vogliono appartenere al genere umano.
Nel video qui di seguito potrete ascoltare una parte dell’intervista all’ambasciatrice palestinese Mai Alkaila, nella quale rinnova il suo accorato appello a tutti gli attori internazionali e alla società civile affinché ci possa essere una mobilitazione immediata per Mohammed Al-Qeeq e si possa inoltre agire per la protezione dei diritti civili e umani del popolo palestinese sempre più preda del sopruso, tollerato dal mondo, di Israele.