Nel discorso tenuto davanti all’assemblea del Pd Renzi ha affrontato il tema della tragica morte di Giulio Regeni al Cairo e dei rapporti con il regime di al Sisi. Le sue parole sono un vero capolavoro di ipocrisia e contraddizione; strano – o forse no – che nessuno lo abbia sottolineato. Basta analizzarle con un po’ di distacco e lucidità per accorgersene.
Renzi inizia facendo la voce grossa: “Non accetteremo una verità artificiale e raccogliticcia. Siamo l’Italia e non accetteremo mai una verità di comodo. Non c’è business o realpolitik che tenga, non è un optional la verità per Giulio.” Subito dopo però conferma i legami con il regime responsabile con ogni probabilità delle torture che hanno portato alla morte il giovane ricercatore italiano. “Sono impegnato a stabilire un rapporto molto forte con l’Egitto, che è strategico per contrastare l’Isis ed è un hub economico fondamentale” (infatti si parla di un interscambio commerciale tra Italia ed Egitto di oltre 4 miliardi di euro). Ancora un inchino alle autorità del Cairo, che in realtà stanno facendo di tutto per rallentare e confondere l’inchiesta con false piste e notizie assurde, poi puntualmente smentite: “Siamo grati per la massima collaborazione offerta dall’Egitto fino a oggi (sic)”, seguito da un finale altisonante: “Proprio perché siamo amici pretendiamo la verità, anche quando fa male. Vogliamo i responsabili veri con nome e cognome, perché non è pensabile che resti senza colpevole“.
A questo punto è inevitabile porsi alcune domande: l’indignazione di Renzi è dovuta solo al fatto che è stato ucciso in modo barbaro un cittadino italiano? Se si fosse trattato di un ricercatore inglese, americano, francese, o di un semplice cittadino egiziano, il nostro Presidente del Consiglio avrebbe speso una sola parola per denunciare questo orrore?
E ancora: ammesso che si arrivi a trovare i colpevoli e se questi risultassero membri della polizia e dei servizi segreti egiziani – come molti analisti e conoscitori della realtà egiziana hanno sostenuto fin dall’inizio – cosa ne sarà degli idilliaci rapporti con il regime di al Sisi? Si dirà che si tratta di poche mele marce e che il resto del sistema è immacolato? Si potrà continuare a ignorare la situazione denunciata da tante organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, nell’intervista al portavoce italiano Riccardo Noury? Come si può dichiararsi amici di un paese in cui si registrano centinaia di casi di sparizioni e migliaia di prigionieri politici, in cui la tortura è pratica abituale e la libertà di manifestazione ed espressione è pesantemente limitata?
Se fossimo negli anni Settanta e un governo che si dice di sinistra si dichiarasse amico di Pinochet o Videla scoppierebbe un putiferio. Ora invece Renzi può fare la figura dello statista coraggioso e sensibile al dolore della famiglia della vittima, mentre l’Italia continua a vendere enormi quantità di armi all’Egitto.