Sit in sotto la Regione, criticata perché “non ha preso una posizione chiara verso le comunità” e presidio di solidarietà con la mamma resistente, citata per un totale di 16 milioni di euro.
È iniziato lunedì 1° febbraio il processo contro Silvia Ferrante, citata da Terna per un totale di 16 milioni di euro (e 24 citazioni diverse!) in relazione al suo attivismo contro la costruzione dell’elettrodotto Villanova-Gissi. Centinaia di persone hanno presidiato l’ingresso del tribunale per esprimere solidarietà a Silvia e alla sua famiglia ed esprimere sostegno all’opposizione all’opera, definita anche in questi giorni dal Coordinamento No Elettrodotto, “una grande opera inutile e devastante, costruita con i soldi delle bollette dell’energia elettrica degli italiani”.
Il Coordinamento è tornato a puntare l’attenzione sulle modalità e sul tracciato dell’elettrodotto, su cui si è già soffermato con tre dossier, affermando che “ha 55 piloni su 150 posizionati su aree certificate a rischio idrogeologico. Decine di tralicci sono su aree franose, addirittura 4 su movimenti franosi attivi! Gli stessi cantieri sono andati sott’acqua con piccole piene del Fiume Pescara” e sottolineando che “l’autorità di bacino sta esaminando ora, a tralicci costruiti, la loro compatibilità con le aree franose e ha chiesto di spostare 3 sostegni su 7 esaminati… (ne mancano ancora 33 da valutare)”.
Il 22 gennaio si è tenuto un sit in sotto la sede della Regione a Pescara, criticata dal Coordinamento perché finora “non ha preso una posizione chiara verso le comunità”. Gli attivisti hanno ricordato l’ordine del giorno approvato all’unanimità dal Consiglio Regionale il 24 febbraio 2015, ventidue punti “ognuno dei quali avrebbe potuto cambiare il destino dell’opera” in una “seria riflessione sul tracciato definito e sui modi dell’autorizzazione data”. Ma, dopo quasi un anno, “nessuno dei punti è stato realizzato”. Al termine del sit in è stato consegnato alla Regione un documento con 7 punti con coi quali si chiede “che sia applicato quanto previsto nel decreto che ha autorizzato l’opera: l’inefficacia dell’autorizzazione stessa, perché le prescrizioni previste nella VIA o le condizioni di atti come il Parere dell’Autorità di Bacino sono state disattese”, aggiungendo che “è necessario riprendere dalla partecipazione e dal confronto la lotta alle devastazioni ambientali e convocare in Regione un incontro, con tutte le realtà e associazioni impegnate contro i saccheggi e gli impatti indebiti sul territorio, riportando anche la discussione sulla strategia energetica regionale”.
La polemica in queste ore si sta spostando nei confronti del ministero dell’Ambiente. Il Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua Pubblica ha reso noto una determina del direttore generale del ministero stesso su “ottemperanze tardive” di 11 prescrizioni al progetto. Una “clamorosa auto-accusa del Ministero dell’Ambiente” della “sua totale inadempienza sui controlli” attaccano gli ambientalisti. Una situazione che definiscono “kafkiana” e “causata integralmente dall’inadempienza ministeriale visto che Terna aveva comunicato al ministero dell’Ambiente il 28/03/2014 che l’avvio dei lavori ci sarebbe stato a maggio 2014”. Alcune delle prescrizioni non soddisfatte, scrive il Forum, “erano di capitale importanza: organizzazione dei cantieri e impatto sulla popolazione; attività nei siti Natura2000, taglio della vegetazione” ma l’intervento del ministero avviene “ora, a lavori guarda caso quasi finiti” accertando “che Terna avrebbe dovuto consegnare gli elaborati progettuali prima, alcuni dei quali indispensabili per controllare successivamente i cantieri (dal rumore alla gestione delle acque di cantiere ecc.)”. Evidenzia il Forum “tra l’altro la verifica tardiva non ha tenuto in alcun conto la documentazione inoppugnabile fornita dai cittadini ma ha tenuto conto delle carte fornite, a posteriori, da Terna”. “È una clamorosa ammissione di colpa che ha potenzialmente comportato danni sull’ambiente, visto che il ministero si riserva di valutare le conseguenze di questa ottemperanza tardiva, anche se dovrà essere lo stesso Ministero a verificarli! Se l’atteggiamento è lo stesso usato finora… siamo a cavallo!” commentano gli attivisti anticipando la stesura di “un voluminoso dossier” da sottoporre alla Commissione Europea, domandando con amara ironia “chissà se apprezzeranno il neologismo coniato dal Direttore Grimaldi e dalla Commissione VIA di “ottemperanza tardiva”. Una cosa è certa: sarà dura anche solo tradurlo e spiegarlo in inglese”.