Lettera-appello al mondo dell’università. Se muore l’Università per tutti, l’Italia non sarà più l’Italia, ma una qualunque periferia vacanziera del mondo.
Assemblea generale di docenti, studenti, personale tecnico-amministrativo e bibliotecario l’11 febbraio all’Università di Napoli. Qui il programma della manifestazione
Gli estensori di questa lettera-appello e i suoi sottoscrittori sono accomunati dal convincimento che l’Università italiana vede il drammatico ridimensionamento della sua influenza sulla società. Negli ultimi 7 anni, per la prima volta nella storia dell’Italia repubblicana, l’Università ha perduto un quinto delle sue strutture organizzative e lavorative e ha visto ridursi il numero degli studenti universitari.
Come emerge da una ricerca condotta, tra gli altri, da Gianfranco Viesti per conto della fondazione Res è drammatico il generale calo delle immatricolazioni che assume le dimensioni di un crollo al Sud: nel 2012 –16% rispetto al 2000–2001 in Sicilia, –19,8% in Calabria, –21,9 in Sardegna.
L’Università è stretta in una morsa mortale, tra un’intollerabile riduzione delle risorse finanziarie e una soffocante burocrazia. Si assiste al proliferare di disposizioni normative, di pratiche inquisitive, di controlli amministrativi, volti ad accrescere la sua «resa» economica, a diminuire i costi interni e a subordinare strettamente il processo di formazione al mercato del lavoro e delle professioni.
L’Italia figura ultima dei Paesi OCSE per i fondi destinati all’Università e alla ricerca con un misero 1% del PIL.
Le tasse d’iscrizione sono cresciute negli ultimi 7 anni del 51%: il più elevato incremento a carico di studenti e famiglie verificatosi a livello mondiale.
Oggi l’accesso all’istruzione universitaria italiana è il più costoso d’Europa, dopo quello di UK e Olanda; inoltre da noi il diritto allo studio è stato di fatto smantellato: solo il 7% degli studenti riceve una borsa di studio a fronte del 27% in Francia e del 30% in Germania.
Le risorse già insufficienti sono quindi attribuite sulla base di due parametri: il costo standard necessario alla formazione di ciascuno studente sul territorio nazionale, un parametro del tutto inappropriato quando si deve finanziare la crescita culturale del paese, e la qualità della ricerca stimata attraverso il parametro VQR (Valutazione della Ricerca), un elefantiaco sistema di valutazione che ha creato una situazione di confusione montante e di conflittualità.
Tra l’altro a questo metodo di valutazione sono sottoposti docenti sottopagati e del tutto privi, da anni, di fondi per la ricerca, cioè delle risorse minime per ottenere i risultati per i quali sarebbero valutati. Il risultato è stato la penalizzazione di risorse, aree disciplinari, atenei e territori, soprattutto (ma non esclusivamente) al Sud.
Le classi dirigenti italiane vogliono liquidare l’Università di massa e tornare a una configurazione classista degli studi superiori. Il mondo universitario, luogo di formazione del pensiero critico, deve languire poiché a selezionare le poche élites necessarie alla continuità del processo economico basteranno pochi centri di «eccellenza», perlopiù privati.
Gli estensori dell’appello chiamano quanti lo sottoscriveranno e il mondo universitario a una giornata di mobilitazione con un’assemblea generale, di docenti, studenti, personale tecnico-amministrativo e bibliotecario, da tenersi l’11 febbraio all’Università di Napoli.
L’obiettivo è discutere e portare all’attenzione dell’opinione pubblica:
1. la necessità di nuovi e organici e costanti investimenti nell’Università pubblica;
2. la creazione di un welfare studentesco per sostenere l’accesso e la permanenza dei ragazzi all’Università;
3. un supporto alle regioni per garantire uguali standard di diritto allo studio;
4. l’immissione di nuovo personale docente e TAB che copra almeno il turn-over;
5. la revisione dei ruoli della docenza con nuove e chiare regole per la progressione di carriera e il rinnovo del contratto di lavoro per il personale contrattualizzato.
Vogliamo lanciare un segno di speranza e di stimolo perché risorga un momento di discussione critica dentro l’Università.
Se muore l’Università per tutti, l’Italia non sarà più l’Italia, ma una qualunque periferia vacanziera del mondo.
Gli estensori:
Alessandro Arienzo, Federico II, Napoli,
Piero Bevilacqua, già docente de La Sapienza, Roma,
Armando Carravetta, Federico II, Napoli,
Bruno Catalanotti, Federico II, Napoli
Ugo M. Olivieri, Federico II, Napoli
Primi firmatari:
Antonio Bonatesta (Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani)
Marcello Buiatti, Università di Firenze
Alberto Campailla (Link, Associazione studentesca)
Jacopo Dionisio (UDU, associazione studentesca)
Angelo D’Orsi, Università di Torino
Paolo Favilli, già docente dell’Università di Genova
Mario Lavagetto, già docente dell’Università di Bologna
Romano Luperini, già docente dell’Università di Siena
Ignazio Masulli, già docente dell’Università di Bologna
Maurizio Matteuzzi, Università di Bologna,( associazione “Docenti preoccupati”)
Tomaso Montanari, Federico II, Napoli
Daniela Montesarchio, Federico II, Napoli
Giorgio Nebbia, Università di Bari
Giorgio Parisi, La Sapienza, Roma
Laura Pennacchi, economista, Fondazione Basso
Tonino Perna, Università di Messina
Ermanno Rea, scrittore
Enzo Scandurra, La Sapienza, Roma
Nadia Urbinati, Columbia University