La sua legione di fans sarà felice e la folla di incondizionati detrattori troverà di sicuro nuovi motivi per odiarlo: Yanis Varoufakis, l’ex Ministro delle Finanze greco diventato una sorta di star del rock’n’roll nei cinque tumultuosi mesi tra la fine di gennaio e l’inizio di luglio del 2015, è tornato alla carica. Il 9 febbraio lancerà a Berlino un movimento paneuropeo che avrà come principale obiettivo la democratizzazione e la trasparenza dell’Unione Europea, caratteristiche che a suo oggi parere brillano per la loro assenza.
Intervista realizzata da Irene Hernández Velasco
Perché si è dimesso il giorno dopo della vittoria del No all’accordo proposto dall’Unione Europea alla Grecia, il luglio scorso?
Perché la notte di quel magnifico risultato il Primo Ministro Alexis Tsipras mi ha detto che era arrivato il momento di arrendersi alla Troika. E io non ero entrato in politica per ignorare quello che il 62% dei greci ci aveva appena detto con il risultato del referendum.
I leaders europei hanno fatto pressione su Tsipras perché si sbarazzasse di lei? Jeroen Dijsselbloem, il presidente dell’Eurogruppo dei Ministri delle Finanze, ha ammesso di averlo fatto…
Sapevano che non avrei mai firmato un altro accordo inattuabile e tossico. Dato che è il Ministro delle Finanze a firmare questi accordi in nome dello Stato, per la Troika era essenziale sbarazzarsi di me.
Perché crede che i leaders europei la considerassero scomodo, se non pericoloso?
Perché costituivo un ostacolo al loro tentativo permanente di negare il fallimento dei programmi di riforma fiscale.
Quale è stato il più grave errore che ha commesso nei cinque mesi in cui è stato Ministro delle Finanze greco?
Credere che la Troika avrebbe rispettato l’accordo raggiunto nell’Eurogruppo del 20 febbraio 2015 e in base a questa falsa credenza firmare il 24 febbraio la richiesta di un ampliamento del precedente accordo di salvataggio.
C’è chi l’accusa della dolorosa deriva vissuta dalla Grecia durante il primo governo di Syriza, di cui ha fatto parte come Ministro delle Finanze. Si sente colpevole?
Se c’è stata una dolorosa deriva per colpa delle nostre politiche, come Ministro delle Finanze io nei sarei di certo responsabile. Tuttavia – e lo confermano perfino le statistiche ufficiali dell’Unione Europea – nei cinque mesi in cui ho svolto questo incarico il PIL è cresciuto, Il danno è arrivato alla fine del mio mandato e non per via delle politiche da me implementate. Si è prodotto perché la Troika ha spietatamente chiuso le banche, per costringere Tsipras a effettuare nuovi tagli alle pensioni, ad aumentare le tasse ai consumatori e alle imprese ecc. Poi hanno sostenuto che il danno da loro causato fosse colpa mia. E’ tipico dei persecutori accusare le vittime per la loro situazione.
Qual è stata la cosa più deludente, sorprendente o incredibile che ha imparato sulla politica nel periodo in cui ha fatto il ministro?
Che i Ministri delle Finanze dell’Unione Europea prendono decisioni nell’Eurogruppo in base a informazioni che non rivelano e che le deliberazioni prima di prendere decisioni cruciali avvengono nel segreto più assoluto. In altre parole, i cittadini non sapranno mai quello che i loro rappresentanti dicono o votano. Mai!
Crede anche lei, come vari analisti, che l’Unione Europea sia stata così dura con la Grecia anche per evitare una vittoria di Podemos in Spagna?
Sì, senz’altro.
Non gli è andata tanto bene, però, visto il buon risultato ottenuto da Podemos nelle elezioni del 20 dicembre…
Non hanno raggiunto il risultato sperato, però sono riusciti a evitare che Podemos acquisisse la dinamica che aveva Syriza nel 2014 e che pertanto si avvicinasse alla possibilità di formare un governo. Qualsiasi governo guidato dai socialisti a cui partecipi Podemos avrà le mani legate dalla Troika e minerà in poco tempo l’integrità di Podemos.
Crede che le politiche applicate oggi da Tsipras funzioneranno? Qual è il suo giudizio sui quattro mesi di governo di Syriza dopo la vittoria elettorale del settembre scorso?
L’estate scorsa Alexis e io eravamo in disaccordo su una questione cruciale: lui pensava di dover scegliere tra l’accettare il nuovo Memorandum della Troika e l’espulsione della Grecia dall’eurozona, io no. A mio parere il piano del Ministro delle Finanze tedesco Schauble era farci accettare il Memorandum come un primo passo verso l’uscita della Grecia dall’euro. C’era anche un altro importante tema su cui non eravamo d’accordo. Alexis credeva di poter applicare le misure previste nel Memorandum e allo stesso tempo avviare un “programma legislativo parallelo” per ridurre il suo terribile impatto sui greci già prostrati. A me sembrava impossibile, dato che il Memorandum non lascia assolutamente spazio a un programma del genere. Di fatto in dicembre il governo greco è stato costretto da Thomas Weiser (coordinatore della Troika in qualità di Presidente dell’EuroWorking Group, che riunisce i numeri due delle Finanze della zona euro) a ritirare il suo “programma parallelo”.
Lei come risolverebbe questa crisi che dura ormai da sei anni? L’uscita della Grecia dall’euro potrebbe essere la soluzione?
Si può arrivare a una soluzione solo accettando le proposte e la filosofia del documento intitolato “Una base politica per il consolidamento fiscale greco, la ripresa e la crescita”, da noi elaborato nel maggio dell’anno scorso. Non c’è altra strada. E niente di tutto questo contempla la Grexit. L’uscita dall’euro è stata una minaccia utilizzata dalla Troika per costringere il Primo Ministro greco ad arrendersi e ad accettare un Memorandum fatto per fallire.
Lei ha chiamato “terroristi” i leaders europei e la Troika per aver obbligato il governo greco a chiudere le banche prima del referendum del luglio scorso e ha definito un “colpo di stato” ciò che è successo in quei giorni. E’ ancora convinto di queste affermazioni?
Sí, perché descrivono esattamente quello che hanno fatto. Terrorismo è cercare di attuare un’agenda politica seminando la paura in modo illecito e illegale. Minacciare un popolo sovrano chiudendo le sue banche (le stesse che la BCE aveva dichiarato solventi) per costringerlo ad accettare politiche destinate al fallimento, sprofondandolo ancora di più in una Grande Depressione, rientra nella definizione di terrorismo. L’espressione “colpo di stato” non era mia. E’ stato Tsipras a definire in questo modo ciò che hanno fatto a Bruxelles per obbligarlo ad accettare il terzo Memorandum. E aveva ragione a chiamarlo così.
Il 9 febbraio lancerà in Germania un nuovo movimento paneuropeo che lotterà per un’Unione Europea trasparente e democratica. Dunque ora non lo è? Può dare alcuni esempi del suo mal funzionamento?
Non bastano quelli che ho appena fornito? Il fatto che abbiano schiacciato la democrazia greca per evitare che Podemos ottenesse buoni risultati nelle elezioni spagnole non rivela forse che in Europa la democrazia è morta da tempo? Quale democratico europeo è felice che tutte le decisioni importanti vengano prese nel segreto più assoluto? Il nostro movimento offrirà ai democratici furibondi per questa pratica una piattaforma per reclamare la democrazia europea.
Cosa propone il suo movimento per risolvere questi problemi?
Il nostro obiettivo è quello di creare una forza potente in tutta l’Europa, che permetta di immaginare la sua democratizzazione. Come riuscirci è il tema di cui parleremo a Berlino, ma per saperlo dovrà aspettare il 9 febbraio e la pubblicazione, qualche giorno dopo, del nostro Manifesto.
Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo