Queste ultime ore, scandite da continui aggiornamenti su attacchi terroristici in Medio Oriente, hanno visto la domenica del 17 gennaio 2016 sprofondare in un vero e proprio bagno di sangue. Da anni non si si arrivava a cifre così drammatiche in sole ventiquattro ore.
L’agenzia del territorio Sana confermerebbe che nella città di Dayr az Zor, nell’est della Siria sia stata compiuta da gruppi jiihadisti dell’Isil una vera e propria serie di esecuzioni, in cui numero dei morti sembra essere salito nelle ultime ore a 300, in maggioranza donne e bambini e non più di 50 combattenti siriani. A darne notizia diretta sembra siano stati i portavoce del gruppo terroristico Islamic State fighters, che sono riusciti a raggiungere la zona di Al-Baghaliyeh. Dirigendosi immediatamente nei territori, l’agenzia siriana Sana ha cercato in queste ore di ottenere più informazioni possibili intervistando anche attivisti esteri che sembra abbiano addirittura assistito alla decapitazione di 150 persone e al rapimento di almeno 400. Dai racconti dei testimoni che sono riusciti a scampare alle esecuzioni appare che i civili siano stati prelevati dalle loro abitazioni puntando l’interesse soprattutto su donne, bambini e anziani.
Il capo dell’ Osservatorio Internazionale Rami Abdel Rahame riferisce di numerosi sequestri nelle abitazioni delle famiglie dei combattenti siriani in aree sotto il pieno controllo dell’organizzazione terroristica. La situazione sembra essere giunta a un punto limite. Dopo questa escalation di violenza e ottenuta un’altra importante fetta del territorio come appoggio alle basi terroristiche ai confini con l’Iraq, l’Isil sembra sia arrivata a controllare il 60% del territorio. L’estrema preoccupazione, condivisa anche dagli osservatori internazionali, è quella della possibile violenza a tappeto che invaderà le zone circostanti. E’ importante ricordare che la rivolta siriana ebbe inizio nel 2011 nei confronti del presidente Bashar al-Assad, trasformandosi in una guerra civile che, secondo le Nazioni Unite, ha causato a oggi 250.000 i morti e 4.3 milioni di profughi.
Nelle stesse ore in cui nella città di Dayr az Zor si scatenava l’inferno, poco lontano, più precisamente nella zona di Raqqa, in base a dati forniti dall’Osservatorio Internazionale ma ancora non pienamente confermati, sembra che la coalizione Usa anti Isil abbia provocato almeno 40 morti, tra cui una decina di bambini.
La Siria è debole e fragile ed è oramai teatro di rappresaglie da parte terrorista e governativa. Lo provano le immagini che in questi giorni girano sui network locali e internazionali sullo stato di debilitazione delle popolazioni, con bambini della zona di Madaya portati allo stremo fisico e senza possibilità di scampo. Secondo una comunicazione ufficiale dei portavoce dell’ Unicef, venerdì 15 gennaio è stato dichiarato morto per denutrizione un ragazzino di 16 anni. Madaya è assediata da mesi e le organizzazioni per i diritti umani hanno lanciato vari allarmi, soprattutto a livello epidemiologico, sulla salute dei bambini. In questi giorni si è riusciti finalmente a introdurre aiuti di prima necessità, ma il giovane era ormai in uno stato di denutrizione irreversibile e non si è potuto far nulla per salvarlo. Quello di Madaya è uno dei tanti esempi dello stato in cui si trovano le città siriane in questo momento; ci sono pochissimi medici e le scorte di vaccinazioni e farmaci sono al collasso. Rappresentanti dell’Unicef e dell’Oms hanno lanciato un appello chiedendo a tutte le parti in conflitto di rispettare i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario per permettere e facilitare l’accesso umanitario immediato e continuo a tutte le zone del paese.