Amnesty International rinnova la richiesta, anche all’Italia, di sospendere le forniture di armi a Riad
In un nuovo rapporto diffuso oggi, Amnesty International ha accusato le forze della coalizione guidata dall’Arabia Saudita di aver compiuto una serie di attacchi contro scuole ancora in funzione nello Yemen, in violazione del diritto internazionale umanitario, pregiudicando in questo modo l’accesso all’istruzione a migliaia di bambine e bambini.
Il rapporto di Amnesty International, frutto di una ricerca condotta sul campo, esamina cinque attacchi aerei contro scuole dello Yemen, lanciati tra agosto e ottobre del 2015, in cui sono stati uccisi cinque civili e ne sono stati feriti altri 14, tra cui quattro bambini. Sebbene le classi fossero vuote, gli attacchi hanno causato gravi danni e distruzioni che avranno conseguenze di lungo periodo per gli studenti.
“La coalizione a guida saudita ha compiuto una serie di attacchi illegali contro scuole usate per fini educativi, non certo militari, in flagrante violazione delle leggi di guerra” – ha dichiarato Lama Fakih, alta consulente per le crisi di Amnesty International.
“Le scuole hanno un ruolo centrale nella vita civile, significano uno spazio sicuro per i bambini. E invece i giovani studenti dello Yemen sono costretti a pagare il prezzo di questi attacchi. Sono i primi a patire un conflitto brutale e, nel lungo termine, hanno davanti a sé la prospettiva di un profondo cambiamento se non della fine del loro percorso educativo: un peso che rischiano di portare sulle spalle per tutta la vita” – ha commentato Fakih.
In alcuni casi le scuole sono state colpite più volte, a dimostrazione che erano gli obiettivi deliberati degli attacchi.
“Attaccare volutamente scuole che non sono obiettivi militari e condurre attacchi diretti contro civili che non prendono parte alle ostilità costituiscono crimini di guerra” – ha sottolineato Fakih.
I danni hanno bruscamente interrotto la frequenza scolastica di 6500 bambine e bambini nelle scuole dei governatorati di Hajjah, Hodeidah e Sana’a. In alcuni casi, quelle scuole erano le uniche della zona. In nessuno dei cinque attacchi indagati da Amnesty International è emersa alcuna prova che venissero usate per scopi militari.
Nell’ottobre 2015 l’Istituto per la scienza e la fede di Beni Hushayash, nel governatorato di Sana’a, è stato attaccato per quattro volte nel giro di poche settimane. Il terzo attacco ha provocato tre morti e oltre 10 feriti. La scuola, l’unica del villaggio, era frequentata da 1200 studenti.
A sua volta l’Istituto Kheir del villaggio di Hadhran, sempre nel governatorato di Sana’a, ha subito molteplici attacchi che lo hanno reso inagibile. Altri attacchi contro lo stesso villaggio hanno colpito due abitazioni civili, uccidendo due bambini e ferendo la loro madre, oltre a una moschea in cui un uomo è morto e un altro è rimasto ucciso mentre stavano pregando.
Amnesty International chiede che gli attacchi denunciati nel suo rapporto siano sottoposti a indagini indipendenti e imparziali e che i responsabili siano chiamati a risponderne. L’organizzazione per i diritti umani chiede anche alla coalizione a guida saudita di fornire piena riparazione alle vittime di questi attacchi illegali e ai loro familiari.
“La mancanza di indagini da parte delle forze della coalizione a guida saudita, così come da parte dei paesi che forniscono armi e altro supporto, su una sempre più lunga lista di sospetti attacchi illegali lascia trapelare un’agghiacciante indifferenza per le conseguenze devastanti che questa guerra sta arrecando alla popolazione civile dello Yemen” – ha commentato Fakih.
“A prescindere dall’esito dei colloqui di pace previsti la prossima settimana, è fondamentale che questi attacchi siano indagati in modo indipendente e che i responsabili siano sottoposti a processo” – ha ribadito Fakih.
L’intero sistema educativo del paese è in crisi a causa del conflitto. Secondo l’Unicef, almeno il 34 per cento dei bambini yemeniti non va più a scuola da marzo, quando sono iniziati gli attacchi aerei. Il ministero dell’Istruzione di Sana’a ha reso noto ad Amnesty International che più di 1000 scuole sono fuori uso: 254 sono state completamente distrutte, 608 hanno subito danni parziali e 421 vengono impiegate come rifugi per i civili sfollati.
Oltre a uccidere e ferire, gli attacchi contro le scuole hanno seminato il terrore tra la popolazione e provocato traumi psicologici agli studenti.
“Ora viviamo nella paura e nel terrore. Oggi ho visto un aereo e mi sono spaventato tantissimo” – ha raccontato un bambino di 12 anni che frequentava la scuola al-Asma di Mansouriya, nel governatorato di Hodeidah, distrutta da un attacco della coalizione a guida saudita nell’agosto 2015.
La preside di un’altra scuola della città di Hodeidah, la scuola femminile al-Shaymeh, frequentata da 3200 alunne, ha descritto l’orrore dei due attacchi che, nell’agosto 2015, hanno colpito l’istituto nel giro di pochi giorni. Nessuna delle alunne era presente ma due civili, un uomo e una donna, sono rimasti uccisi:
“Ho pensato che l’umanità fosse finita per sempre. Capisci, un luogo d’insegnamento colpito in questo modo, senza preavviso… Dov’è l’umanità? Si presume che dovrebbe essere illegale in qualsiasi guerra colpire luoghi come questo”.
Prima dell’attacco erano circolate voci, soprattutto sui social media, secondo le quali la scuola era usata per nascondere munizioni. La direttrice ha smentito, precisando che dopo quelle voci l’intero edificio era stato controllato ma senza esito.
Sebbene in alcune occasioni le scuole dello Yemen siano state usate per scopi militari dalle varie parti coinvolte nel conflitto, in tutti e cinque i casi esaminati nel rapporto Amnesty International non ha rinvenuto alcun resto di munizioni né alcuna prova di esplosioni secondarie o di altro genere che potessero indicare che la scuola veniva usata per scopi militari.
Sia le forze statali che i gruppi armati non-statali dovrebbero astenersi dall’usare le scuole per scopi militari o dall’operare nei loro pressi. In caso contrario, le scuole diventerebbero obiettivo militare legittimo e potrebbero essere dunque attaccate, con conseguenti rischi per i civili e un impatto negativo a lungo termine sull’accesso all’istruzione.
La risoluzione 2225 adottata dal Consiglio di sicurezza nel corso di quest’anno chiede a tutte le parti in conflitto di “rispettare il carattere civile delle scuole” ed esprime forte preoccupazione per il fatto che l’uso delle scuole per finalità militari possa trasformare queste ultime in obiettivi militari legittimi e possa mettere a rischio la vita dei civili.
Il rapporto di Amnesty International, inoltre, evidenzia l’urgente necessità che tutti gli stati che forniscono armi alla coalizione a guida saudita – tra cui Usa, Regno Unito e Italia – sospendano tutti i trasferimenti di armi che vengono usate per compiere violazioni del diritto internazionale umanitario. In particolare, dovrebbero essere sospesi i trasferimenti di bombe, aerei da combattimento, elicotteri da combattimento e le loro parti e componenti.
Il mese scorso il dipartimento di Stato Usa ha approvato un trasferimento di armi all’Arabia Saudita per un valore di 1,29 miliardi di dollari, tra cui le bombe della serie Mark/Mk89, nonostante Amnesty International ne avesse documentato l’uso in attacchi aerei illegali che avevano ucciso decine di civili.
“È semplicemente spaventoso che gli Usa e altri paesi alleati della coalizione a guida saudita continuino ad autorizzare trasferimenti di armi ai paesi membri della coalizione, nonostante le evidenti prove che questi ultimi non si conformano alle leggi di guerra, ossia al diritto internazionale umanitario. Questi trasferimenti devono essere sospesi immediatamente” – ha affermato Fakih.
“Gli stati che hanno fornito armi alla coalizione a guida saudita dovrebbero inoltre usare la loro influenza per far sì che i paesi che ne fanno parte agiscano nel rispetto dei loro obblighi internazionali e indaghino sulle violazioni del diritto internazionale umanitario” – ha concluso Fakih.
Paesi come il Regno Unito e l’Italia sono vincolati dal Trattato sul commercio di armi a non autorizzare trasferimenti se abbiano la consapevolezza che le armi, una volta arrivate a destinazione, potrebbero essere usate per compiere attacchi contro i civili, attacchi contro obiettivi civili e altre violazioni del diritto internazionale umanitario.
Ulteriori informazioni relative al ruolo dell’Italia
Nel mese di novembre è stata portata a termine una nuova spedizione da Cagliari di bombe prodotte negli stabilimenti della RWM Italia di Domusnovas, in Sardegna, con destinazione Arabia Saudita. Si è trattato della terza consegna di ordigni militari del 2015.
In un’intervista, queste spedizioni sono state definite dal ministro della Difesa Pinotti “regolari e nel rispetto della legge”.
Tuttavia, di fronte all’ampiezza dei crimini di guerra commessi dalla coalizione a guida saudita nello Yemen e alla possibilità che essi vengano compiuti anche grazie a forniture italiane (ordigni inesplosi del tipo di quelli inviati dall’Italia, come le bombe MK84 e Blu109, sono stati ritrovati in diverse città bombardate dalla coalizione saudita), Amnesty International chiede nuovamente al governo italiano di sospendere immediatamente i trasferimenti di armi all’Arabia Saudita e agli altri paesi impegnati nella coalizione che combatte nello Yemen nonché di farsi promotore di una commissione internazionale d’inchiesta che accerti le responsabilità dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità commessi nello Yemen.