“Siamo un paese a cultura occidentale di profonda tradizione cristiana. Chi non intende rispettare la cultura e le tradizioni locali è invitato ad andarsene”.
Da qualche tempo Pontoglio, settemila abitanti in provincia di Brescia, si presenta così ai visitatori, attraverso dei cartelli che la giunta di centrodestra ha fatto mettere agli ingressi del paese per “salvare l’identità”. Quei cartelli, però, dovrebbero sparire: non rispettano infatti il principio di imparzialità e laicità dello Stato e sono discriminatori.
È quello che hanno scritto all’amministrazione comunale la Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’uomo onlus e l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’immigrazione. Nella lettera le associazioni ricordano che ”l’attività della pubblica amministrazione è regolata dal principio di imparzialità” e conseguentemente “gli unici valori di cui la stessa si può far carico, anche nella comunicazione, sono quelli contenuti nella Carta Costituzionale, che non comprende uno specifico riferimento religioso” ma, al contrario, ” riconosce il “principio supremo della laicità dello Stato” come “uno dei profili della forma di Stato delineata dalla Carta Costituzionale della Repubblica”.
Che vuol dire, poi, “cultura occidentale”? Una nozione senza alcun significato giuridico. “Anche Pontoglio è “orientale” rispetto a Torino, ma ciò non significa che debba farsi carico della cultura sabauda” sottolineano la Fondazione Piccini e l’Asgi. L’invito a “rispettare la cultura” deve poi valere per tutti, secondo il principio di uguaglianza sancito sempre dalla Costituzione e “deve dunque comprendere anche il rispetto di chi apporta, in un contesto locale, cultura e tradizioni diverse”.
Infine, l’invito ad andarsene per chi non si adegua “è del tutto illegittimo”. “La pubblica amministrazione non può svolgere alcuna attività volta a incentivare o disincentivare la presenza sul proprio territorio di cittadini identificati sulla base della loro appartenenza culturale, etnica o religiosa o delle loro convinzioni personali”, perché violerebbe il principio di non discriminazione sancito anche dalla Convenzione europea per i diritto dell’uomo e dal Testo Unico sull’immigrazione.
Quei cartelli, quindi, vanno rimossi. Altrimenti, le associazioni minacciano di “attivare tutte le opportune azioni idonee a ripristinare un uso corretto e non discriminatorio della azione e della comunicazione pubblica”. Il caso Pontoglio, insomma, rischia di finire in tribunale.