Inquinamento a livelli record per il secondo giorno consecutivo a Pechino, proprio mentre il presidente Xi Jinping a Parigi segnala la volontà di tagliare drasticamente l’utilizzo del carbone. Annunciando un ambizioso programma di sviluppo dell’energia nucleare al ritmo di sei nuovi impianti all’anno e con una seria politica di energie rinnovabili, Xi si è fatto anche paladino del diritto delle nazioni in via di sviluppo a non essere penalizzate dalle necessità di combattere l’inquinamento globale e in particolare i gas responsabili dell’aumento delle temperature a livello planetario.
Con il sostegno indiretto del premier indiano Narendra Modi, il presidente cinese ha puntato a un supporto concreto delle nazioni più progredite per garantire finanziamenti che consentano di mantenere uno sviluppo accelerato, a beneficio delle popolazioni ma non a scapito dell’ambiente.
Intanto, per fronteggiare l’inquinamento che ieri ha portato il livello delle polveri sottili nella capitale a un livello superiore di 17 volte il limite di tolleranza internazionale, e oggi a 24 volte lo stesso limite, il governo ha ordinato la chiusura di oltre 2000 fabbriche.
Pechino, con i suoi 22 milioni di abitanti è avvolta in una cappa di fumo e di polveri in cui la concentrazione di particolato fine di 2,5 micron – quello più dannoso per la salute umana – ha raggiunto il livello di 598 microgrammi per centimetro cubo, registrato all’ambasciata statunitense. Confermato l’allarme al livello arancione, è stato oggi rinnovato l’invito alla cittadinanza a restare in spazi chiusi. L’allarme tuttavia non vale solo per la capitale, ma per diversi altri grandi centri del paese. Per la ridotta visibilità, sono state cancellate decine di voli da e per le aree più inquinate, inclusa la rotta cruciale Pechino-Shanghai.
Nonostante gli impegni presi nel passato, è chiaro che lo sviluppo cinese è stato pagato a caro prezzo ecologico e lo sarà ancora per qualche tempo. I dati segnalano che nel 2013 l’emissione di diossido di carbonio nell’atmosfera da parte cinese è stata di 10 milioni di tonnellate, il doppio degli Usa e quasi tre volte quella dell’Unione europea e Pechino ammette che il picco delle proprie emissioni si collocherà attorno al 2030. Allo stesso tempo, però, l’opinione pubblica cinese è pienamente cosciente dei rischi quotidiani ed è ora il principale stimolo a una evoluzione verso emissioni più pulite.