Fra interessi delle grandi multinazionali del cibo e proposte alternative della nutrigenomica: il nuovo libro denuncia di Marco Pizzuti.
Marco Pizzuti, una delle voci più rumorose della controinformazione italiana, torna in libreria con una delle sue consuete ricerche “non autorizzate”. La sua ventennale critica al sistema questa volta si concentra sull’alimentazione e l’industria del cibo di massa. E viene divulgata, anche in questa caso, da Il Punto d’Incontro, casa editrice vicentina leader nella pubblicazione di testi per il benessere personale, sia materiale che spirituale.
Le quasi 400 pagine di “Scelte Alimentari Non Autorizzate”, tuttavia, oltre che una feroce critica alle strategie delle multinazionali che dominano il mercato mondiale del cibo, si rivelano contemporaneamente una analisi storica dell’alimentazione contemporanea e una proposta di sensibilizzazione a una nuova coscienza agroalimentare. Un documento decisamente ambizioso che, tra l’altro, esce col giusto tempismo a pochi giorni della conclusione della Cop21 e dell’allarme dell’OMS sulla sofisticazione della carne rossa.
Per Pizzuti, tutto questo equivale a denunciare le colpevoli mancanze dell’informazione convenzionale che ha lasciato piede libero alla diffusione del cibo spazzatura venduto nei supermercati e di “condotte” alimentari di massa sempre più pericolose. A denunciare la complicità, se non la corruzione, della comunità scientifica piegata alla volontà di chi governa l’industria del cibo: nella maggior parte dei casi, infatti, i test su alimenti e sostanze sono effettuati dalle stesse multinazionali con le agenzie di controllo che non si prestano ad ulteriori verifiche.
Secondo l’autore, non c’è nemmeno da fidarsi delle ricerche dei centri accademici, troppo spesso sovvenzionati da settori privati. Tutte le ricerche scientifiche contrarie agli interessi delle industrie alimentari, effettuate da realtà indipendenti, sarebbero invece sistematicamente censurate.
E l’autore si sofferma proprio sui casi di “bavaglio” più vergognosi. “Ovviamente” anche la politica ci mette del suo, a partire dagli Stati Uniti d’America, assecondando gli interessi delle lobby industriali attraverso legislazioni che, secondo Pizzuti, non sono certo indirizzate al bene e alla salute del consumatore.
Forte preoccupazione è espressa nei confronti degli OGM che, almeno per il principio di precauzione, dovrebbero essere banditi e che, al contrario, col TTIP sono destinati ad invadere anche l’Europa e il nostro paese. Si potrebbe, quindi, ripetere la storia delle altre sostanze e pratiche pericolose che, nell’ultimo secolo, sono state introdotte indiscriminatamente nella nostra alimentazione.
Pesticidi (fra cui il famigerato DDT), piombo, coloranti, conservanti, grassi idrogenati, olii (come quello di palma) di scarso valore, se non nocivi, irradiazioni dei cibi, farine raffinate, allevamenti intensivi, passando per la demonizzazione – del tutto condivisibile – di fast food e bibite gasate; vicende, in alcuni casi, conosciute ormai anche al grande pubblico ma a cui l’autore fa bene a dedicare interi capitoli per evidenziarne dettagliatamente i problemi che comportano per la nostra salute alimentare.
Non si può, poi, non concordare con l’autore che l’inquinamento è un problema legato a quello dell’alimentazione, dato che l’essere umano è in cima alla catena alimentare e, prima o poi, assorbe tutte le schifezze che sono state immesse nell’aria e nella terra e che sono state date da mangiare agli animali.
Pizzuti non ha paura a fare i nomi dei presunti colpevoli, di coloro che hanno imposto un sistema alimentare insostenibile per il nostro pianeta e nocivo, alla lunga, per i suoi abitanti. Prima della lista è l’ormai famosa multinazionale Monsanto, maggior produttore di sementi convenzionali e produttore di sementi transgeniche, già presa di mira da tutte le organizzazione ambientaliste.
Alla denuncia, come anticipato, l’autore accompagna un appello alla non rassegnazione, facendo suo il motto “siamo ciò che mangiamo”. Non si può darla vinta all’industria del cibo spazzatura e convincersi che dato che “tutto fa male, mangio quello mi pare”.
A dispetto delle teorie genetiste che andavano di moda sino a qualche tempo fa, il nostro destino, infatti, non è segnato sin dalla nascita, ma ce lo creiamo noi attraverso precise scelte alimentari. E se proprio non si vuole (o non ce la si fa a) accettare la svolta vegetariana che anche l’autore del libro propone, ci si deve sforzare di informarsi e sensibilizzarsi in modo da imparare ad evitare piano piano tutte le trappole del cibo industriale, studiato apposta per creare dipendenza. Anche se è già uno sforzo apprezzabile, purtroppo non ci si può limitare alla lettura delle etichette di ogni prodotto alimentare, dato che la maggior parte degli ingredienti non salutari (in primis, i coloranti) sono nascosti da codici alfanumerici.
Insomma, per Natale, al posto dei soliti libri di cucina, sarebbe forse più utile regalare una guida come questa che si preoccupa di indirizzarci ad un’alimentazione finalmente sana in grado di allungare potenzialmente le nostre esistenze. Un libro utile e interessante anche per chi relega attivisti come Marco Pizzuti nei campi del “complottismo forzato”, dell’ “allarmismo ingiustificato” o del “sensazionalismo a scopo di business”, dato che rimane pur sempre un’analisi storica, completa, ben documentata e approfondita, delle opzioni alimentari – forzate o meno – dell’intera umanità di quest’ultimo secolo.
GAETANO FARINA