Domenica 29 novembre 2015 si sono svolte in Burkina Faso le elezioni presidenziali e legislative. Il dato che salta agli occhi è l’estrema tranquillità dell’avvenimento. La campagna elettorale è stata caratterizzata dal fairplay dei candidati e dai toni pacati dei militanti. Per strada capannelli di gente che discuteva, ma senza mai alzare i toni. Tutto si è svolto in un clima quasi festoso, segno di una volontà di tornare alla normalità dopo un anno difficile, convulso, al limite della guerra civile. Ancora una volta il popolo burkinabè ha dimostrato all’Africa e al mondo intero la possibilità di uscire dalle contraddizioni e dal malessere quotidiano in modo pacifico e rispettoso delle diversità non solo politiche, ma anche etniche e religiose. Il nuovo Presidente è Rock Marc Christian Kaborè, non certo un personaggio nuovo della politica burkinabè.
E’ stato eletto col 54 % dei suffragi. Il suo oppositore Zephirè Zabrè si è attestato al 30 %. Agli altri 12 candidati le briciole. Kaborè è stato per 26 anni al fianco dell’ex presidente dittatore Compaorè, svolgendo funzioni di ministro e presidente dell’assemblea per poi lasciare, nell’ultimo anno, il partito al potere quando è iniziata la deriva autoritaria di Compaorè. Non è facile interpretare la scelta fatta dal popolo e del motivo per cui ha dato il potere a un uomo che sostanzialmente ha fatto parte del vecchio regime.
Un caro amico, compagno di discussioni politiche e sociali mi ha detto: “il popolo ha preferito dare il potere a un vecchio ladro piuttosto che a uno nuovo.” Certo, una battuta, ma che rispecchia molto l’indole e lo stile burkinabè. Qui la gente è molto attenta ai contenuti delle proposte. Non ama cambiare perchè si deve cambiare. Zabrè, l’oppositore di Kaborè, propone la privatizzazione selvaggia, la costruzione di centrali nucleari, una politica di modernizzazione nel senso di allineamento ai grandi interessi delle multinazionali. Queste proposte possono essere attraenti per la borghesia cittadina (intellettuali, funzionari, commercianti etc) che ha ottenuto e può ottenere privilegi dalla svendita del paese, ma in Burkina Faso l’80 % della popolazione coltiva la terra. Gente con le scarpe grosse e il cervello fine. Gente legata alla terra, che non vede di buon occhio l’accelerazione verso una modernità percepita come pericolosa. Questo conservatorismo non solo della politica, ma anche delle tradizioni ancestrali è un’ancora forte per una popolazione che fa fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. C’è una saggezza profonda nel non volere cambiare perchè le sirene del nuovo dicono che si deve cambiare. I burkinabè hanno scelto Kaborè perchè lui conosce il suo popolo e il suo popolo lo conosce. Tutte le organizzazioni della società civile hanno detto chiaramente che gli concedono un mandato di sei mesi per vedere se comincia a mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. Scaduto questo tempo, sono pronte a cacciarlo come hanno già fatto col precedente presidente.
A livello parlamentere la situazione è più incerta. Il partito di Kaborè ha ottenuto 55 seggi, a cui si possono aggiungere altri 5 seggi dei partiti legati a lui. I deputati dell’assemblea sono 126, per cui la maggioranza si attesta a 64. Mancano quindi al presidente 4 seggi per avere la maggioranza parlamentare. E’ presto per dire cosa succederà, ma è chiaro che dovranno iniziare delle trattative con altri partiti per poter governare.