Poetry against Arms è un’iniziativa che in tutto il mondo ha lo scopo di scrivere delle poesie contro l’industria delle armi. Possono partecipare tutti, in tutte le lingue e in ogni paese al fine di mostrare nel modo più toccante a coloro che traggono grande profitto dalle guerre le conseguenze dei loro affari. Pressenza ha intervistato gli iniziatori della campagna, Luz Jahnen e Tom Bütikofer.
Il rapporto annuale attuale dell’istituto Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) parla di un calo del commercio d’armi a livello internazionale, ma questo dato è ingannevole. Alcuni stati, tra cui Germania e Russia, hanno infatti esteso i loro affari. La stessa cosa vale anche per paesi come l’India, la Turchia e il Brasile. La Cina, che nel frattempo ha raggiunto la quinta posizione nella classifica degli esportatori d’armi, nel contesto dello studio non è neppure stata considerata, visto che non sarebbero disponibili dati affidabili. La Repubblica Federale Tedesca poco tempo fa fece scalpore per aver nuovamente autorizzato un affare di Heckler & Koch con l’Arabia Saudita, anche se il ministro degli esteri Gabriel aveva promesso un controllo più rigido delle esportazioni verso stati in cui vi sono violazioni dei diritti umani.
“Molti pensano che non si possa fare nulla. Ma dobbiamo difenderci”, ecco come Tom, che vive in Svizzera, spiega la sua motivazione per lanciare questa campagna. “È incredibile quanta energia e quante risorse vengono investite a livello mondiale nel settore militare, mentre molta gente non ha neppure il necessario per vivere.”
Dobbiamo abbandonare il livello della pura discussione.
Poetry against Arms dispone di una pagina web centrale sulla quale si può inserire un video di youtube con la descrizione dell’iniziativa, indicando anche le modalità in cui è stata svolta. Possono essere iniziative davanti a imprese di produzione di armi o impianti militari. L’idea consiste nel dare un contributo poetico davanti a questo luogo. Non deve essere una poesia, può anche essere una canzone, un teatro o una danza. “Non abbiamo voluto definire la cosa in termini troppo stretti”, ci dice Tom. La richiesta consiste anche nel descrivere brevemente che tipo di impresa è, che cosa produce, che fatturato annuale raggiunge e che cosa viene spedito dove. “Vorremmo che le persone decidessero autonomamente come presentare il tutto”. Il sito è redatto in quattro lingue, ma nel video ognuno può usare lapropria lingua.
Tom è convinto della campagna perché oramai da tempo si discute a livello logico, senza motivare nessuno. “E’ fantastico quando le persone iniziano ad esprimere il loro disagio in modo bizzarro e inusuale, senza che si debba sempre trovare una giustificazione intellettuale per tutto, con discussioni a cui nessuno presta veramente ascolto. E penso che se la cosa inizia a funzionare, disturberà anche la controparte.”
Un po’ di speranza contro la cultura della vendetta.
L’idea di Poetry against Arms l’ha avuta Luz Jahnen dopo aver scritto la sua monografia “Vendetta, violenza e riconciliazione” (“Rache, Gewalt und Versöhnung“) (ecco la nostra intervista con l’autore sulla sua opera). Si era reso conto del livello in cui il meccanismo della vendetta non fosse radicato nella cultura occidentale e del fatto che non disponiamo di elementi della riconciliazione interiore e del superamento della violenza. “Mentre scrivevo, mi ero reso conto che dobbiamo anche agire di conseguenza. E inoltre io vivo per superare la violenza. Questo fatto è molto importante per me per vari motivi. Ma come possiamo opporre alla violenza organizzata e militare qualcosa che trasmetta almeno un po’ di speranza?”
“Non possiamo misurarci”, aggiunge Luz, “e non dobbiamo neppure farlo. E a me sembrava molto avveduto e coerente opporre alla bestialità proprio la cosa più fragile, più intima, più personale, ovvero l’aspetto più umano di noi stessi, la parte poetica dell’essere umano.”
“È un tentativo di proporre qualcosa di semplice e di vedere se la cosa si diffonde in modo indipendente”, spiega Tom. “Siamo pronti a farci sorprendere. Questa campagna non la facciamo per noi. Speriamo infatti che gli altri se ne approprino. Mi riferisco a chi si oppone alle armi, si impegna nel mondo della cultura. Attraverso a queste persone potremo raggiungere una massa critica.”
Fino ad ora il sito non ha ricevuto ancora molti contributi. La maggior parte proviene dal mondo di lingua tedesca. Due contributi invece sono arrivati dalla Spagna e dall’Argentina. I due poeti comunque sono fiduciosi che la campagna nel prossimo passo possa ampliarsi a livello internazionale.
Traduzione in italiano di Milena Rampoldi