Amnesty International ha dichiarato oggi che una proposta di modifica alla Costituzione porrebbe molte persone a rischio di subire violazioni dei diritti umani, in quando fornirebbe ai servizi di sicurezza carta bianca per chiudere organizzazioni e moschee, perquisire abitazioni senza mandato e limitare la libertà di movimento.
L’emendamento, che domani potrebbe diventare una proposta ufficiale del Consiglio dei ministri, permetterebbe alle autorità di continuare a usare misure eccezionali per altri sei mesi dopo la fine formale dello stato d’emergenza.
Sulla base dello stato d’emergenza in vigore, dopo gli attacchi di Parigi del 13 novembre le autorità hanno eseguito 2700 perquisizioni di abitazioni senza mandato e imposto l’obbligo di residenza a centinaia di persone, limitando la loro libertà di movimento.
“Dichiarare lo stato d’emergenza di fronte a una ‘minaccia alla vita della nazione’, come nel caso degli attacchi di Parigi, è una cosa; consolidare misure di emergenza per contrastare minacce definite in modo più generico è un’altra” – ha dichiarato Gauri van Gulik, vicedirettrice di Amnesty International per l’Europa e l’Asia centrale.
“Vi è il rischio molto concreto che i diritti di una parte più ampia della popolazione finiscano in una trappola che, invece, dovrebbe solo identificare coloro che pongono una minaccia reale. Oggi molte persone sono prese di mira solo sulla base delle loro pratiche religiose o di un vago sospetto” – ha aggiunto van Gulik.
In base all’attuale stato d’emergenza, la cui fine è prevista il 26 febbraio 2016, le autorità francesi possono eseguire perquisizioni senza mandato, imporre l’obbligo di residenza, chiudere associazioni e limitare altri diritti come quello di manifestazione pacifica.
Un’ondata di perquisizioni
Molte persone hanno descritto ad Amnesty International il trauma provocato dalla perquisizione delle loro case, eseguita senza motivazioni ufficiali e senza che le autorità spiegassero perché il provvedimento era stato giudicato necessario o cosa stavano cercando.
“Mio padre aveva problemi di cuore, era stato appena dimesso dall’ospedale. La polizia ha forzato la porta, senza suonare il campanello. Sono entrati dentro urlando, hanno ammanettato mio padre e mia sorella” – ha dichiarato Nadia, il cui padre 80enne e sua figlia disabile hanno subito, il 21 novembre, la perquisizione del loro appartamento.
“Mio padre ha iniziato a sentirsi male e dopo qualche minuto ha perso conoscenza. Hanno dovuto chiamare l’ambulanza. Era spaventatissimo, nei primi giorni in cui lo andavamo a trovare in ospedale piangeva in continuazione”.
Secondo notizie di stampa, le 2700 perquisizioni effettuate nell’ultimo mese hanno dato luogo a due sole indagini per reati di terrorismo e ad altre 488 indagini per reati non connessi al terrorismo. Questi dati mettono in dubbio l’effettiva necessità e proporzionalità di tali misure rispetto all’obiettivo di proteggere la sicurezza pubblica.
Limitazioni alla libertà di movimento
Nello stesso periodo, 360 persone sono state destinatarie di un provvedimento relativo all’obbligo di residenza, consistente nel dimorare in una determinata zona e presentarsi tre volte al giorno alla locale stazione di polizia. Queste misure limitano gravemente la libertà di movimento e hanno un impatto negativo sulla vita privata e professionale delle persone interessate.
Un consulente free-lance della regione di Parigi ha raccontato ad Amnesty International di essere sottoposto all’obbligo di residenza sin dal 15 novembre. Quel giorno la polizia si è presentata alla sua abitazione per via dei presunti rapporti tra lui e una serie di “radicali” islamici e persone che erano state in Siria.
L’uomo afferma di aver conosciuto in modo vago una sola persona del lungo elenco sottopostogli dalle autorità. Essere sottoposto a obbligo di residenza e presentarsi alla stazione di polizia più volte al giorno ha significato cancellare tutti gli impegni di lavoro. Padre di tre figli, egli teme che il provvedimento possa avere conseguenze negative sulla sua famiglia.
“Temo che lo rinnoveranno. Significherebbe non poter lavorare per mesi” – ha dichiarato.
Lo sviluppo di una rete discriminatoria
Amnesty International ha rilevato il significativo rischio che, nel lungo termine, le misure d’emergenza possano essere usate contro particolari gruppi e associazioni, soprattutto individui e gruppi di religione musulmana. Finora, sulla base dello stato d’emergenza, sono state perquisite oltre 20 moschee e numerose associazioni islamiche e una decina di moschee sono state chiuse.
“A me pare che se manifesti la tua religione, hai la barba, mostri simboli religiosi, indossi abiti religiosi o preghi in una determinata moschea, allora sei considerato ‘radicale’ e ti prendono di mira” – ha dichiarato Amar, che ha subito la perquisizione della sua abitazione. “Se invece cerchi di non ostentare troppo la tua religione, allora pensano che stai nascondendo qualcosa. Non sappiamo come vogliono che ci comportiamo, non capiamo come dobbiamo comportarci”.
Nonostante il Consiglio di stato, il più alto organo della giustizia amministrativa francese, abbia dato parere contrario alla proposta del Consiglio dei ministri, se verrà approvato dal governo l’emendamento alla Costituzione verrà votato nel 2016.
“Queste misure di emergenza già hanno mostrato di essere sproporzionate. Estenderle oltre lo stato d’emergenza sarebbe un passo pericoloso” – ha sottolineato van Gulik.
“Usare la minaccia del terrorismo per cambiare la Costituzione apre la strada al fatto che misure d’emergenza diventino la normalità” – ha concluso van Gulik.