Una stanza della Camera dei Deputati sarà intitolata a Massimo Paolicelli, storico esponente del movimento pacifista morto due anni fa dopo una lunga malattia. L’inaugurazione è stata il 28 ottobre alla presenza di Simone Baldelli, vice presidente della Camera, e Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Disarmo. “Un riconoscimento importante per uomo che si è sempre battuto per la pace”, commenta Giulio Marcon, amico di Paolicelli e deputato di Sinistra Ecologia e Libertà.
Massimo Paolicelli ha militato per 25 anni nei Verdi per poi approdare a Sel, ma soprattutto è stata l’anima del movimento pacifista italiano: è stato obiettore alla Caritas diocesana di Roma a metà degli anni Ottanta, svolgendo anche due mandati nella Consulta nazionale per il servizio civile, ed è stato membro di primo piano dell’Aon, Associazione obiettori nonviolenti e della Lega Obiettori di Coscienza. Negli ultimi anni della sua vita si è dedicato alla campagna “Sbilanciamoci” della Rete Disarmo. Si è battuto personalmente contro l’acquisto degli F35, scrivendo una mozione parlamentare e organizzando numerosi sit in a Piazza Montecitorio. Ha sempre partecipato a iniziative disarmiste ed ecologiste, in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
“Massimo ha saputo coniugare la dimensione politica con quella etica: era l’esempio di come la non violenza potesse essere vissuta tutti i giorni”, racconta Marcon. “È stata una figura fondamentale e un punto di riferimento per gli obiettori di coscienza e per chi era contrario al riarmo del nostro Paese. Sentiva di avere una missione pedagogica ed educativa nel promuovere la pace. Ogni volta che c’era da affermare con forza i temi del pacifismo, Massimo si spendeva in prima persona”.
Sulla giacca aveva sempre appuntata la spilla della non violenza, un fucile spezzato da due mani: “Di fronte agli ultimi conflitti mondiali, lui non avrebbe avuto alcun dubbio nel mettere al centro della nostra azione una mobilitazione dal basso per ribadire l’insindacabilità dei principi della non violenza. Per lui la guerra non si combatteva con la guerra ma con la pace”, afferma Marcon. “Il ricordo personale che ho di lui è quello di un amico che, pur lavorando in Parlamento, ha sempre mantenuto una sensibilità particolare per il lavoro sociale. Ha saputo vivere gli ideali che professava ed era l’esempio più cristallino di come l’impegno individuale può rigenerarsi e diventare collettivo. Questa è la cosa migliore che Massimo ci ha lasciato”.
Nella sua ultima lettera, indirizzata a parenti e amici, Paolicelli ha scritto il suo testamento morale: “Tante gocce possono scalfire la roccia, cerchiamo di scalfire la roccia dell’indifferenza e dell’egoismo e costruiamo, in nome di Dio, un mondo di giustizia, pace e solidarietà”.