Secondo studi commissionati da Greenpeace in Italia, Croazia, Grecia e Spagna, questi Paesi mediterranei potrebbero creare migliaia di posti di lavoro, rendere verdi le rispettive economie e sviluppare un turismo più sostenibile se solo i rispettivi governi accelerassero la transizione energetica già in atto, puntando con convinzione su fonti rinnovabili ed efficienza energetica.
I Paesi mediterranei, secondo quanto emerge dalle ricerche di Greenpeace, hanno una tale abbondanza di sole e vento da rendere le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica una scelta razionalmente obbligata. Ampliare la potenza installata rinnovabile ed espandere le tecnologie per un uso intelligente dell’energia sarebbe di beneficio all’economia, all’occupazione, garantirebbe la qualità degli ecosistemi e darebbe un contributo prezioso alla salvaguardia del clima. Inoltre consentirebbe ai cittadini di investire direttamente nel sistema energetico, diventando produttori e proprietari, garantendo reddito a piccole comunità, famiglie o strutture essenziali come scuole e ospedali. Eppure oggi chi governa questi Paesi continua a perseguire scelte sbagliate, puntando su nuove centrali a carbone, o cercando a tutti i costi gas e petrolio, spesso disponibili in quantità modeste.
In Italia, Greenpeace ha focalizzato il suo studio “100% rinnovabili: un nuovo futuro per le piccole isole” sulla situazione delle isole minori: veri e propri paradisi – come Lampedusa, Pantelleria, Favignana, Tremiti – che continuano ad alimentarsi producendo energia da vecchi generatori diesel che gravano sulle bollette dei cittadini italiani per circa 70 milioni di euro all’anno. Lo studio realizzato dall’associazione ambientalista illustra in modo concreto e preciso come queste isole potrebbero affrancarsi dalla fonti fossili e soddisfare interamente la propria domanda energetica grazie alle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica.
«Le isole analizzate nel nostro rapporto esprimono un paradosso: nonostante il potenziale energetico rinnovabile, continuano a essere alimentate con fonti vecchie e inquinanti. Intanto, davanti alle loro coste assistiamo all’assalto dei petrolieri ai nostri mari, incoraggiati e favoriti dal governo Renzi. È chiaro che questa è la direzione sbagliata», afferma Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia. «Possiamo partire da queste perle dei nostri mari per garantirne la bellezza, il richiamo turistico, per sperimentare e innovare. E altrettanto possono fare, come dimostrano i nostri rapporti, gli altri Paesi mediterranei europei per uscire dalla crisi proteggendo il clima».
In Croazia, ad esempio, adottare le energie pulite negli alberghi, nelle scuole, nelle fattorie e in altre strutture pubbliche garantirebbe dai 4 ai 5 miliardi di euro di risparmi annui per il mancato import di altre fonti energetiche, creando al contempo 3600 nuovi posti di lavoro l’anno per la costruzione dei nuovi impianti (fino al traguardo del 100 per cento di energie rinnovabili) e 8 mila posti per la manutenzione e il funzionamento di queste infrastrutture.
In Grecia seguire la strada indicata da Greenpeace farebbe risparmiare alle famiglie circa mille euro l’anno sulla bolletta energetica, e fino a 6 miliardi al Paese se ai settori produttivi si applicassero le misure di efficienza e sviluppo di un sistema rinnovabile.
Infine, in Spagna, la sola conversione radicale all’energia pulita dell’arcipelago delle Canarie, da qui al 2050, garantirebbe il risparmio di 42 miliardi di euro a fronte di un investimento di soli 20.
Leggi il briefing (in inglese) “Untapped and bountiful in Southern Europe”