Da oltre un anno i volontari di SOS ERM (Emergenza rifugiati Milano) accolgono e assistono i profughi in arrivo alla Stazione Centrale. Ne parliamo con Susy Iovieno, coordinatrice dell’associazione.
Com’è la situazione al momento?
In generale l’afflusso di profughi in Italia è minore rispetto per esempio alla Grecia. In questo momento chi vive una condizione difficile sono i cosiddetti “dublinati”, ossia persone respinte da altri paesi europei, soprattutto Olanda e Danimarca (la Germania ha sospeso il regolamento di Dublino almeno per i siriani) perché le loro impronte digitali erano state prese allo sbarco in Italia. Per chi torna in Italia in questo modo manca ogni assistenza. Inoltre ci giungono notizie che l’accoglienza in Germania è molto peggiorata: ci sono lunghe attese per essere registrati e ammessi nei campi, molti sono costretti a dormire all’aperto, in una situazione che può degenerare in violenze e pericoli.
Cosa succede a chi chiede asilo politico in Italia?
Una circolare del Ministero dell’Interno ha dato priorità a siriani, irakeni, somali, eritrei e afghani e nel loro caso i tempi di accoglimento della richiesta sono diventati più rapidi. Diversa è la situazione dei sub-sahariani (provenienti da Mali, Costa d’Avorio, Nigeria eccetera), che a Milano sono la maggioranza dei circa 400 ospitati nei centri del Comune e della Prefettura. Molti di loro parlano solo dialetti africani e mancano mediatori che li aiutino a spiegare la situazione da cui sono fuggiti, che spesso, per esempio nel caso della Nigeria, non è legata direttamente al pericolo di persecuzioni da parte di Boko Haram. La prospettiva per loro è così il respingimento.
Le cose sono cambiate rispetto a questo tipo di provvedimento?
Direi di sì. In passato chi veniva respinto in genere non rientrava nel paese d’origine e restava in Italia come “clandestino”. Ora, con l’istituzione dei cosiddetti hot spot e la spinta dell’Europa e di Frontex, i respingimenti degli africani sono praticamente immediati, anche per via di formulari ingannevoli. Quando vengono registrati e devono spiegare il motivo dell’arrivo in Italia, i subsahariani tendono a rispondere che sono qui in cerca di lavoro, più che per chiedere asilo politico e questo li fa subito rientrare nella categoria dei “migranti economici”. Ci sono stati casi di donne nigeriane vittime di tratta rimpatriate addirittura prima dell’esito del ricorso che avevano presentato.
E qual è la situazione di chi riesce a rimanere in Italia, almeno per un po’ di tempo?
La risposta della città è stata generosa; nelle giornate indette dal Comune di Milano si sono raccolti 80.000 abiti e se si chiede qualcosa di particolare lo si trova rapidamente. La gente è pronta a offrire aiuto e solidarietà. I profughi ospitati nei centri di accoglienza però sono lasciati a se stessi, in pratica “parcheggiati” là. Siamo noi volontari a seguirli, per quello che possiamo, a organizzare iniziative come tornei di calcio e cene di auto-finanziamento, a fargli gli abbonamenti ai mezzi pubblici perché possano girare per la città, a fornire assistenza legale, a inserirli in corsi e stages. Insomma, a cercare di integrarli.