Un gesto quotidiano fatto con cura, per donare un momento di serenità o, semplicemente, per stare bene con se stessi è già empatia. Porsi in ascolto, comprendere, trovare soluzioni, è già incontro. Invitare l’ ”altro” ad esprimersi, a rivelarsi, scoprendo contemporaneamente il proprio essere, è già pace: la base della pace, che è abitudine mentale, sguardo, oltre che cammino.
Ma spesso, quando si scrive di pace, si scrive la p maiuscola, molto spesso la si vede con il binocolo al contrario, che ce la fa credere lontana, inarrivabile. Così si dimentica il percorso indispensabile a crearla già da ora, già dentro di noi, già dai pochi metri quadri delle nostre possibili azioni.
Il contrario è la guerra. Anch’essa scritta spesso con l’iniziale maiuscola, che ci inorridisce per le immagini che vediamo, ma che ormai non ci spaventa quasi, perché sono immagini che vengono da lontano, che riguardano “altri”, fino a quando questo “altro” non irrompe nella nostra vita, sconvolgendo le abitudini e le sicurezze, con una veste però diversa dalla parola Guerra. È la veste della povertà che chiede sul portone di casa, della paura che non comprendiamo a fondo, perché l’abbiamo vista solo sui giornali o in tv, emozionandoci un attimo, per poi passare ad altre emozioni.
Per questo pensiamo che sia fondamentale fare un percorso di scambio con i bambini su concetti e realtà di queste due parole così legate tra loro. A dire il vero spesso la scuola affronta l’argomento, ma quasi con imbarazzo. Per non voler correre il rischio di sbilanciarsi tra posizioni di accuse di parte, tutto si riduce a stereotipo: colombe, fiorellini, arcobaleni, perché si resta sulla punta dell’iceberg e non si ha il coraggio di tuffarsi a vedere quanto è grande sotto.
I bambini questo coraggio ce l’hanno. Hanno il coraggio di guardarsi dentro, di essere empatici con le sofferenze, gioiosi nella gioia, partecipi nel dolore. Hanno voglia di dire, di esprimere il loro parere, anche di “prendere parte”, senza per questo essere “contro”. Bisogna solo dare spazio al respiro che gli parte dal cuore, per uscire sotto forma di parola dalla bocca.
Mario Lodi lo aveva capito: curando il libro “La pace e la guerra nelle poesie di adulti e bambini” (Editrice Piccoli), volutamente non aveva indicato quali poesie fossero state scritte da adulti e quali da bambini sotto i tredici anni. E spesso era difficile indovinarlo.
Proprio nella cascina di Mario Lodi, il giorno del primo anniversario del suo saluto alla vita, un caro amico, Roberto Papetti giocattolaio, espose un allegro gruppo di Pacifici davanti alla casa nella quale il Maestro abitava e dalla quale, attraverso la “Casa delle Arti e del Gioco”, lanciava tanti spunti di riflessione. Ogni insegnante espose il suo piccolo Pacifico di carta, per riconoscersi come “portatore di pace”. Venne letta un’ intensa poesia di Jorge Luis Borges: I giusti, a sottolineare come siano i gesti quotidiani, scelti e voluti, alla base di qualsiasi processo di pace.
Immediatamente “vidi” una Carovana di piccoli Pacifici ingrossarsi sempre di più, invadere le scuole, le piazze intestate ai caduti, i Municipi, i luoghi del ricordo… Una follia, ma perché non realizzabile? Quando avevo lanciato l’urgenza di mandare ai bambini di Gaza, dopo i tremendi bombardamenti del 2014, dei messaggi rasserenanti da parte di altri bambini, le scuole di Soave e di Negrar, grazie alla partecipazione appassionata di Luciana Bertinato e Anna Muttinelli, avevano risposto con entusiasmo. Alla Terra dei bambini, la scuola rasa al suolo costruita dalla cooperazione italiana, arrivarono più di 600 cartoline con pensieri lievi e profondi. I bambini della scuola di Gaza ne furono emozionati e risposero, attraverso la Ong Vento di Terra.
Incontrai i bambini di Negrar e di Soave: le loro domande, i loro pensieri, alla fine del percorso fatto, erano profondi e maturi.
Dunque, perché non proporre alle scuole in Italia di fare confluire i loro Pacifici in questa prima piccola Carovana?
Ero preoccupata che la cosa venisse fraintesa, che si proponesse solo un “lavoretto” in più. Mi sembrava giusto invece, seguendo il suggerimento della poesia di Borges, far emergere dai bambini quali sono i loro gesti di pace e quali quelli di guerra, per andare solo successivamente a indagare dove sono le guerre, dove si è fatta la pace, cosa succede alla Vita e ai bambini in quelle circostanze.
Venne in aiuto Luciana Bertinato. Fece un’esperienza pilota straordinaria. I bambini della scuola di Soave (Verona) discussero tra loro su temi piccoli come loro e grandi come il mondo. Poi costruirono le loro coloratissime figure di carta e le fotografarono dovunque. I Pacifici avevano invaso la cittadina:
http://papermine.com/booklet/1172365/ e
Ora abbiamo lanciato il “gioco” attraverso la Rete di cooperazione educativa “C’è speranza se accade @”.
Hanno riposto moltissime classi. All’Incontro nazionale di Bastia Umbra, il 24 e 25 ottobre di quest’anno, la Carovana sarà di più di mille Pacifici. Ci vorrà una piazzetta, per contenerli tutti. Se più di mille bambini avranno compreso la parola pace e avranno capito anche nel loro piccolo la parola guerra, avremo già seminato 1000 semi di Pace. Con la P maiuscola.
Qualche informazione pratica per chi vuole partecipare:
I Pacifici – con la Scheda di iscrizione allegata – si possono portare direttamente al nostro convegno, oppure inviare alla Rete di Cooperazione educativa “C’è speranza se accade @” (via don Lorenzo Milani, 13 – 35010 VIGODARZERE – PD), che li esporrà insieme ad altri arrivati dalle scuole italiane, il 24 e 25 ottobre, a Bastia umbra (Perugia) nel corso del V° Convegno nazionale dal titolo “L’EDUCAZIONE PRENDE CORPO. Imparare in tutti i sensi”:
http://www.retedicooperazioneeducativa.it/course/bastia2015-programma/
Emanuela Bussolati
Rete di Cooperazione Educativa “C’è speranza se accade @”