Si è svolto sabato 3 ottobre 2015 a Viterbo presso il “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” un incontro di commemorazione delle vittime della strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013.
Nel corso dell’incontro il responsabile della struttura nonviolenta viterbese, Peppe Sini, ha sottolineato la necessità e l’urgenza non solo di attività di soccorso immediato, ma anche di politiche nonviolente complessive per fermare le guerre e salvare le vite.
Fermare la strage nel Mediterraneo
Ancora una volta va evidenziato che le stragi dei migranti in fuga da fame e guerre avvengono per responsabilità dei governi europei che impediscono a persone totalmente innocenti di giungere in salvo in Europa in modo legale e sicuro con mezzi di trasporto pubblici e regolari come sarebbe loro evidente diritto.
Il criminale mercato mafioso dei trafficanti di esseri umani è creato dalle politiche disumane dei governi europei: basterebbe che gli stati europei, o anche uno solo di essi, ad esempio l’Italia, riconoscesse il diritto di tutti gli esseri umani a muoversi liberamente sull’unico pianeta casa comune dell’umanità, e quindi consentisse l’ingresso legale e sicuro nel proprio territorio con mezzi di trasporto legali e ordinari, per far scomparire il mercato dei trafficanti mafiosi e per salvare quindi innumerevoli vite umane.
Fermare le guerre e la rapina
A questo va aggiunta una chiara comprensione delle cause delle migrazioni delle vittime in fuga dalla fame e dalle guerre: e queste cause sono la rapina economica dei poteri dominanti planetari, e le guerre, le dittature, i regimi criminali e terroristi imposti dai poteri dominanti ai popoli rapinati nei paesi del Sud del mondo.
Le migrazioni cesseranno quando le persone attualmente in fuga potranno vivere in condizioni di benessere, giustizia e liberta’ nei loro paesi.
Occorre quindi far cessare le guerre, cessare di armare i regimi e i poteri assassini, cessare di rapinare e lasciar rapinare interi continenti; occorre sostenere materialmente i popoli, i paesi, gli istituti democratici del Sud del mondo nell’impegno per una vita degna, per la pace, per il rispetto dei diritti umani, la convivenza civile, la legalita’ che salva le vite, la difesa dell’ambiente.
Solo la pace salva le vite: e per costruire la pace occorre il disarmo e la smilitarizzazione; occorre il rispetto della vita e il riconoscimento della dignita’ e dei diritti di tutti gli esseri umani; occorre la nonviolenza.
Da Lampedusa a Kunduz
Questo stesso giorno a Kunduz, in Afghanistan, un bombardamento della Nato ha seminato strage in un ospedale.
Questo orrore, uno fra molti, ci ricorda anche che l’Italia partecipa a quella guerra, ci ricorda anche che l’Italia fa parte di un’alleanza terrorista e stragista come la Nato, ci ricorda anche che lo stato italiano dissipa 72 milioni di euro al giorno in spese militari, ci ricorda anche che l’Italia fornisce armi assassine a guerre, dittature, poteri criminali.
Tutto ciò deve cessare: l’Italia deve tornare al rispetto della sua legge fondamentale, la Costituzione della Republica italiana, che all’art. 11 “ripudia la guerra”: cessi il crimine della partecipazione italiana alle guerre; cessi il crimine della partecipazione italiana ad alleanza terroriste e stragiste come la Nato; cessi il crimine dello scellerato sperpero di 72 milioni di euro al giorno a fini di morte; cessi il crimine della produzione e del commercio di armi assassine.
Ieri, oggi, domani
Ricorreva ieri (2 ottobre, ndr) la Giornata internazionale della nonviolenza, e qui a Viterbo due iniziative l’hanno testimoniata in modo nitido e luminoso.
L’iniziativa promossa dalle donne del Centro antiviolenza “Erinna” che per le vie e nelle principali piazze cittadine hanno richiamato tutte e tutti alla propria dignita’ e responsabilità di esseri umani: con la forza sconvolgente dei corpi avvolti nei panni del lutto, del silenzio più forte di ogni parola, dello sguardo fermo e profondo, le donne in nero hanno saputo rendere visibile, finalmente manifesto, il lutto, il dolore, l’orrore delle guerre in corso, della violenza bellica e assassina, della violenza razzista e persecutrice, della violenza maschilista onnioppressiva ed onnidistruttiva.
Non una delle persone che hanno assistito ieri al silenzio incedere ed al silenzioso ristare di quella bruna e bruciante presenza, rocciosa e fragile, muta ed eloquentissima, di corpi di donne nel dolore, ha potuto trattenere lo sgomento e le lacrime, ha potuto evitare di porsi all’ascolto di quel silenzio più forte del tuono e della tempesta: ogni volta che le donne in nero scendono in piazza l’umana coscienza risorge. Lo sguardo che le vede comanda all’animo di ogni persona di porsi alla sequela di quell’appello: alla pace, alla solidarietà, al riconoscimento della comune dignità, alla lotta nonviolenta contro tutte le oppressioni, alla liberazione comune.
E sempre ieri, sempre a Viterbo, prima di unirsi alla manifestazione delle donne in nero, le volontarie ed i volontari in servizio civile presso la Caritas hanno anch’esse e anch’essi celebrato la giornata della nonviolenza con un incontro di autoformazione in cui sono stati esplorati molti aspetti e diverse dimensioni della nonviolenza muovendo dal vivo delle proprie personali esperienze e riflessioni e ponendosi dinanzi ai principali drammi odierni dell’umanità.
L’appello, il messaggio di queste iniziative, di questa giornata che l’Onu ha istituito nell’anniversario della nascita di Gandhi per convocare l’umanità intera alla scelta della nonviolenza, sia impegno di ogni giorno per ogni persona di volontà buona, per ogni civile associazione, per ogni istituzione democratica.
Solo la nonviolenza si oppone alla violenza in modo concreto, coerente, adeguato.
Solo la nonviolenza può salvare l’umanità e la biosfera dalla catastrofe.
Verso il 4 novembre
E l’occasione di questo odierno incontro è propizia anche per ricordare che il 4 novembre si svolgerà ancora una volta, promossa da vari movimenti nonviolenti, l’iniziativa “Ogni vittima ha il volto di Abele”, il cui appello chiede a tutte le persone di volontà buona di impegnarsi affinché in quella data “si realizzino in tutte le citta’ d’Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze. Affinché il 4 novembre, anniversario della fine dell'”inutile strage” della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l’impegno affinché non ci siano mai più guerre, mai più uccisioni, mai piu’ persecuzioni. (…) solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignità e difendere i diritti di tutti gli esseri umani”.
Quid agendum
Cosa occorre dunque fare per ricordare e onorare le vittime delle guerre e delle stragi, le vittime di Lampedusa e quelle di Kunduz, e tutte le vittime delle armi assassine?
Occorre fare quello che da tempo chiediamo al Parlamento italiano; ripetiamolo ancora una volta.
Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre; occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese; occorre andare a soccorrere e prelevare con mezzi di trasporto pubblici e gratuiti tutti i migranti lungo gli itinerari della fuga, sottraendoli agli artigli dei trafficanti; occorre un immediato ponte aereo di soccorso internazionale che prelevi i profughi direttamente nei loro paesi d’origine e nei campi collocati nei paesi limitrofi e li porti in salvo qui in Europa.
Occorre cessare di fare, fomentare, favoreggiare, finanziare le guerre che sempre e solo consistono nell’uccisione di esseri umani; occorre proibire la produzione e il commercio delle armi; occorre che l’Italia cessi di partecipare alle guerre in corso; occorre che l’Italia esca dalla Nato e denunci la Nato per quello che essa effettualmente è: un’organizzazione criminale, terrorista e stragista; occorre che l’Italia cessi di sperperare 72 milioni di euro al giorno in scellerate spese militari; occorre il disarmo e la smilitarizzazione.
Ed occorre abolire in Italia i campi di concentramento, le deportazioni, e le altre misure e pratiche razziste e schiaviste, criminali e criminogene, che flagrantemente confliggono con la Costituzione, con lo stato di diritto, con la democrazia, con la civiltà; occorre riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti; occorre contrastare i poteri criminali, razzisti, schiavisti e assassini.
Ed occorre sostenere i centri antiviolenza creati dal movimento delle donne; occorre ottenere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne (convenzione che è stata ratificata come legge dello stato italiano e di molti altri stati, ed è ancora quasi del tutto inapplicata); occorre contrastare la violenza maschilista e patriarcale che è la prima radice di tutte le altre violenze.
Ed occorre cessare di rapinare interi popoli, interi continenti; occorre promuovere la pace con mezzi di pace; che l’Italia realizzi una politica della pace e dei diritti umani, del disarmo e della smilitarizzazione, della legalità che salva le vite, della democrazia che salva le vite, della civiltà che salva le vite; che l’Italia avvii una politica nonviolenta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignità, alla solidarietà; vi è una sola umanità in un unico mondo vivente casa comune dell’umanità intera; salvare le vite è il primo dovere.
Ogni vittima ha il volto di Abele; solo la nonviolenza può salvare l’umanità e la biosfera.
Il “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani”
Viterbo, 3 ottobre 2015