Tende montate di fronte all’ufficio affari sociali per i rifugiati FOTO: Sebaso
Senz’acqua in pieno agosto. Famiglie intere che rimangono in coda tutta la notte e tutto il giorno, e dormono rimanendo in fila. Qualcuno però ha scritto su Twitter un grido d’aiuto e dalla notte alla mattina si è portata acqua, di cui i rifugiati avevano un bisogno impellente. I volontari hanno anche iniziato a cucinare per loro e tutto questo è il frutto dell’impegno dei cittadini berlinesi, che donano in maniera altruista. Per circa due settimane l’organizzazione MoabitHilft! (Moabitaiuta!) è stata, in pratica, quella che ha coordinato il lavoro delle centinaia di volontari, che si sono presentati per dedicare tempo e forza ai nuovi arrivati.
Grazie alla pressione di queste organizzazioni, l’Ufficio delle politiche sociali ha poi installato una fontanella, affinchè i rifugiati potessero bere e lavarsi. Inoltre si distribuiscono bottiglie e bicchieri di acqua. I pasti vengono organizzati dai volontari, anche se al momento hanno promesso, che a partire da questa settimana, sarà un compito di cui si occuperà l’erario pubblico.
Solidarietà autoorganizzata nella capitale della burocrazia
Tutti sanno che la burocrazia tedesca è una delle più complesse del pianeta. Per tutto c’è da compilare un formulario e ogni ambito della vita è legiferato in maniera minuziosa. Ciònonostante, in questi giorni, Berlino sembra che si sia scordata dei protocolli tradizionali. La gente si organizza attraverso Facebook e Twitter, creano documenti condivisi su Google, nei quali scrivono i bisogni di ogni punto di accoglienza.
Leticia e Jacob, originari di Valencia e Alicante ma residenti a Berlino, hanno capito ciò che stava succedendo e di conseguenza hanno deciso di presentarsi come volontari. Distribuiscono o raccolgono vestiti, coperte, oppure si travestono da clown per far divertire i bambini. Di fronte all’inefficenza delle autorità, i berlinesi si sono messi ad aiutare senza sosta.
Ciononostante, la carenza d’assistenza ai rifugiati comporta non pochi rischi per la loro salute e per la salute pubblica. Il presidente dell’associazione dei medici tedeschi, Ulrich Montgomery, ha avvertito con una dichiarazione alla rivista Hamburger Blatt che nelle installazioni d’emergenza regna la confusione e il servizio pubblico sanitario non ha le risorse sufficienti per momenti di crisi come questo. Ogni rifugiato dovrebbe essere esaminato da un medico, entro i primi tre giorni di permanenza in Germania. “E’ inaccettabile, che in un paese ricco come la Germania si debba aspettare 3 mesi per una visita medica, per appurare casi di tubercolosi e di malattie molto pericolose ad alto contagio”.
Così, anche i medici si sono organizzati. Il suo collegio ha inviato una richiesta a cui hanno risposto più di un centinaio di professionisti, che in forma volontaria e su turni, visitano i rifugiati in arrivo. E già hanno ottenuto che almeno un medico sia remunerato per casi di emergenza. “Qualcosa di completamente assurdo”, assicura il personale medico. Comunque, a partire da lunedì, dopo varie riunioni con il Comune e lo Stato si è promesso di creare un punto di accoglienza sanitaria, in modo che i medici possano occuparsi delle emergenze in maniera adeguata. A questo scopo la Caritas ha messo a disposizione alcune sale che ha nell’edificio.
Anche altre persone si sono ritrovate per dare solidarietà ai rifugiati, come per esempio Imsa Hoeppner, che si è dedicata un giorno alla distribuzione dell’acqua ed è rimasta così colpita, che ha mandato alle sue amicizie e conoscenze di Facebook una petizione affinchè donassero ai rifugiati. Così è cominciata un’avventura, grazie alla quale Imsa e le persone che si sono aggregate, sono riuscite a distribuire 300 pacchi di benvenuto, contenenti una coperta, articoli per l’igiene personale e frutta secca.
Intanto Imsa sente che il progetto si è trasformato in qualcosa di troppo grande, da non darle nemmeno più il tempo di prendere fiato. Per questo motivo pensa che tutto quello che si sta facendo dovrebbe farlo lo Stato.
In tutta Berlino i gruppi di aiuto ai rifugiati raccolgono ogni tipo di materiali che possono essere utili: dagli articoli di necessità di base e igiene, fino a cose più singolari come lo smalto per unghie o le tinte per i capelli. I messaggi di solidarietà si ripetono e si estendono per tutto il paese. Perfino gli stadi di calcio hanno dato il benvenuto ai rifugiati attraverso degli striscioni sugli spalti. Le squadre invitano i gruppi di giovani siriani alle partite e i tifosi chiedono aiuti per loro.
La rivista sensazionalista Bild si è unita alla richiesta e alla esigenza di dare supporto e una risposta alla crisi umanitaria, che ha raggiunto il cuore della Germania. La copertina del 29 agosto è stata un richiamo in favore dei rifugiati.
Obbiettivo: nessun rifugiato per terra
Una delle azioni più significative di solidarietà verso i rifugiati è la loro accoglienza in case private. Ci sono iniziative, come sul sito Rifugiati Benvenuti, dove le famiglie o chi ha un posto da dare, se interessate, possono iscriversi. L’organizzazione, poi, mette queste persone in contatto con i rifugiati. Sta avendo così tanto successo che stanno andando in tilt dalla quantità di richieste. Anche un deputato del partito della Merkel, l’Unione Cristianodemocratica (CDU) ha ospitato nella sua casa due rifugiati dell’Eritrea.
In ogni caso, per periodi brevi non mancano di certo i volontari. Bern Pickert, che lavora presso la sezione internazionale del quotidiano Tageszeitung ha accolto in casa sua cinque rifugiati, affinchè non passassero il fine settimana in strada. “Non sarà l’ultima notte che farò questo” assicura. Lunedì si alzano presto per restare in coda, prima che aprano le porte. “Si è formata una rete di persone che si divide il lavoro. Per esempio io li ho ospitati, però c’è un’altro volontario che si occupa del loro trasporto”. Pickert crede come del resto la totalità dei volontari con i quali eldiario.es ha potuto parlare, che lo stato “stia intervenendo in forma insufficiente alla situazione che stiamo vivendo”. Inoltre, assicura che questo è il momento in cui la Germania realmente “deve dimostrare che tipo di società e di paese vuole essere”.
Moteah viene dalla Siria, Mohamed dall’Iraq, Nourdin dall’Egitto, Zied e Anis dalla Tunisia. Hanno un lungo viaggio alle spalle e hanno approfittato dell’opportunità senza obiezioni: “Ieri hanno dormito fino a mezzogiorno, erano molti stanchi”. La cena di benvenuto è un barbecue “halal” in giardino, ovvero senza carne di maiale. Sono fortunati e lo sanno, ricordando i loro traumi e le difficoltà vissute, inoltre non parlano tedesco e né Pickert parla arabo. Sorridono e cercano di essere gentili.
Traduzione dallo spagnolo di Paola Mola