Da dove attingiamo l’energia e la motivazione per la nostra azione comune? In che modo riusciamo a sostenere la nostra azione comune nel lungo termine? In primo luogo e in generale, l’energia e la motivazione per la nostra azione comune può venire da ciò che pensiamo e sentiamo. I nostri pensieri (ideologie, credenze, prese di posizione, ecc.) ci possono dare un certo livello di energia e di motivazione per la nostra azione comune. Possono essere giusti o sbagliati, veri o falsi, costruttivi o distruttivi, e così via. Una certa dose di energia e motivazione per la nostra azione comune può venire anche dai sentimenti che proviamo: amore, compassione, solidarietà, ma anche odio, discriminazione, vendetta, ecc.
Possiamo trasformare ciò che pensiamo e sentiamo in un punto di riferimento e una forza trainante per la nostra vita. Tuttavia, ciò che pensiamo e sentiamo può essere abbastanza variabile e instabile, esposto al fallimento.
Il più comune caso di fallimento avviene quando i pensieri e i sentimenti che abbiamo a cuore non riescono a conseguire quello che ci aspettavamo.
Questo dipende dalle variabili, mutevoli circostanze, il più delle volte fuori dal nostro controllo.
E il fallimento più importante avviene quando colleghiamo pensieri e sentimenti alle cose esteriori cui diamo valore.
Ma queste cose esteriori dipendono da fattori mutevoli che noi non siamo in grado di governare. A volte le perseguiamo possessivamente come se fossero un fine in sé.
Tale è la nostra fonte più usuale di energia e motivazione per l’azione.
Oggi apprezziamo una cosa esteriore, domani un’altra e così avviene nel corso della nostra vita.
Tuttavia, sorgono problemi anche quando continuiamo a dare valore alle medesime cose esteriori, anche quando noi o le circostanze cambiano.
Di conseguenza, possiamo trovarci in difficoltà. Perché modifichiamo il nostro modo di pensare e sentire, pur continuando ad attribuire valore a cose esteriori che deludono le nostre aspettative, oppure perché resistiamo al cambiamento continuando a valorizzare le stesse cose esterriori nonostante il mutare delle circostanze, siano esse personali o ambientali.
Come veniamo fuori da questa impasse, da questo paradosso? Come possiamo rendere i nostri pensieri e sentimenti saldi, liberi da disillusione? Come possiamo rendere la nostra azione salda e libera dal pericolo del fallimento?
Questo si ottiene imparando a dare maggior valore non alle cose esterne, esteriori, ma a quell’esperienza interiore che cresce o diminuisce a seconda dell’attitudine interna o la prospettiva in base alle quali viviamo quello che viviamo, con le quali facciamo ciò che facciamo.
Un’attitudine interna che continuamente cerca di volare al di sopra e oltre l’abisso della contraddizione, della sofferenza all’interno di noi stessi e degli altri.
Un’attitudine interna che non dovrebbe essere basata su cose da ottenere, da fare, da conseguire, ma su una certa maniera di stabilire un rapporto con esse. Che non dovrebbe essere basata su un certo tipo di pensieri, sentimenti e azioni, ma sul modo in cui ci relazioniamo con essi.
Quest’attitudine di liberazione interna è resa esplicita, tra gli altri, nei “Principi dell’azione valida”.
Un’attitudine interna sempre in connessione con ciò che facciamo e come viviamo, con un Significato trascendente, un Significato che trascende specifiche azioni, specifici individui e qualsiasi cosa specifica.
Questo modo di vivere è certamente una forma di spiritualità.
Ognuno stabilirà la connessione a modo proprio, secondo le proprie credenze.
È da questa prospettiva che deriveranno le nostre migliori e più potenti energie e motivazioni che applicheremo poi a pensieri, sentimenti e azioni.
Di conseguenza, ciò che potremo pensare, sentire e fare non conoscerà fallimento, non essendo radicato nel dare valore alle cose esteriori, non saranno guidati dalla corsa al successo esteriore. Saranno fondati su una vita spirituale interiore nella quale ci può essere solo avanzamento, apprendimento, una crescita di felicità e di libertà all’interno di noi stessi e in coloro che ci circondano.
E se ci saranno errori, si tratterà di passi sbagliati nel corso della danza giusta, non della danza sbagliata. Saranno errori nella tattica, ma non nella strategia per affrontare la vita.
In effetti, una prospettiva spirituale della nostra vita porrà il noi al di sopra del io, il dare al di sopra del ricevere.
E la nostra vita in realtà sarà organizzata intorno a questa visione. Non sarà un’adesione di facciata, tesa solo a mettersi in mostra e da implementare a tempo perso, ma la vera, reale direzione e forma della nostra vita quotidiana, il suo vero contenuto.
Questa spiritualità trasfonderà vera vita e significato in tutto ciò che facciamo. E tutto ciò che facciamo, positivo o negativo che sia il risultato, sarà fonte di ispirazione per un futuro illimitato, libero da sfinimento e fallimento.
Spetta a ciascuno di noi stabilire quel collegamento tra questioni quotidiane e Significato trascendente, affinché tale connessione abbia un’applicazione efficace all’interno del nostro progetto comune più grande.
Di conseguenza, è importante organizzare la nostra vita quotidiana, per quanto possibile, in modo da sostenere gli interessi congiunti di un grande gruppo umano, qualunque questo sia.
Questo gruppo umano più grande dovrebbe essere guidato dai valori e dagli obiettivi più elevati. Per noi, può essere il Movimento Umanista, il messaggio di Silo, o la Scuola… e in ultima analisi, l’umanità stessa.
Un gruppo umano con una grande diversità di individui che lavorano e contribuiscono, in modi diversi e secondo le proprie possibilità, per il più alto obiettivo comune.
Tale gruppo umano può essere lo specchio per mezzo del quale possiamo vedere, analizzare e migliorare noi stessi. Mentre siamo impegnati e contribuiamo verso il tutto, le limitazioni e i conflitti che percepiamo in qualsiasi gruppo umano non sono affatto dissociati dai nostri propri limiti e conflitti personali. Vedere il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno costituisce la realtà che costruiamo. Trasmettendo un messaggio che parla di noi piuttosto che delle cose stesse.
E il nostro rapporto con quel gruppo umano dovrebbe essere uno di disinteressato “dare” senza atteggiamenti possessivi e senza l’aspettativa di “ricevere” qualcosa in cambio come se la nostra azione fosse parte di un rapporto commerciale di dare e avere. Perché siamo consapevoli che il progresso del tutto consente e favorisce il progresso del singolo individuo all’interno di esso.
Tutto questo avviene non tanto sulla base del maggiore o minor valore che possiamo associare a quel gruppo umano, quanto sull’atteggiamento liberatorio con cui ci rapportiamo ad esso e le sue relative questioni comuni.
Ciò significa che ci terremo al sicuro rispetto ai conflitti dovuti al dipendere dai valori dati a cose esteriori, o che sorgono quando quel gruppo umano non sempre si dimostra all’altezza delle nostre aspettative possessive o consumistiche, o quando notiamo in esso errori e lacune. Vale a dire, la sofferenza che spesso affligge alcuni quando il più importante punto di riferimento per tutto ciò che fanno è rappresentato da un io consumistico e possessivo.
Perché la spiritualità in sé, o in altre parole la liberazione dalla sofferenza, non deve essere ricercata, o meglio, non può essere realizzata mascherando ed esaltando l’ennesimo sistema per abbellire e ingrandire il nostro sé.
L’unico vero sviluppo spirituale è quello che va oltre, che vola al di sopra del nostro sé, quello che è volto a rendere gli altri felici e liberi.
Ci terremo esenti da fallimento, sgomento e contraddizione nella misura in cui si restringe lo scarto tra il nostro personale significato individuale e un Significato trascendente universale.
Per ottenere questo risultato, abbiamo bisogno di tutta la saggezza, la gentilezza e la forza interiore che possiamo ricavare da una fonte più alta, che per alcuni di noi arriva attraverso la nostra Guida Interna.
Tutto ciò che vi sto dicendo non è solo qualcosa di intellettuale o teorico, ma una testimonianza personale di vita che voglio condividere con voi.
Questo è l’intento con il quale io vivo i miei giorni, con i loro temporanei successi e fallimenti. Intendiamoci, questo non è un punto di arrivo, ma un percorso che sto seguendo in un continuo viaggio di apprendimento e di sviluppo.
In questo spirito vengo in India, per partecipare insieme a voi tutti, miei compagni del percorso, a questo nuovo incontro che ci riunisce.
Nel mio cuore, io sono molto grato alla mia Guida Interna e a voi tutti per i variegati buoni eventi che voi e l’India avete portato nella mia vita.
Possiate voi tutti avere abbondanza di Pace, Forza e Allegria!
Fernando A. García, Movimento Umanista
(Vedere inoltre http://www.pressenza.com/2015/08/india-universalist-humanists-meet-at-udgir-maharashtra/)
Traduzione dall’inglese di Giuseppina Vecchia per Pressenza