Mezzo secolo di Regione autonoma tibetana, risultato anche dello smembramento del Tibet storico occupato nel 1950 e Pechino coglie l’occasione per lanciare un nuovo pesante attacco contro l’80enne Dalai Lama, un tempo guida anche temporale dei tibetani ma che da anni ha rinunciato questo ruolo conservando quello di monaco che il destino ha posto alla guida del buddhismo di osservanza lamaista. Senza tuttavia perdere occasione, da infaticabile globetrotter di ricordare al mondo il destino della sua terra, che dovette abbandonare in pieno inverno per sfuggire alla cattura dopo la fallita insurrezione di Lhasa del 1959, chiedendo per essa non indipendenza ma concreta autonomia.
Ancora una volta la leadership cinese, questa volta per voce del numero quattro nella gerarchia del Partito comunista, Yu Zhengsheng, ha accusato il Dalai Lama di promuovere separatismo con la violenza. Lo ha fatto oggi, durante la visita in Tibet, nel palazzo del Potala, ex sede del Dalai Lama. Incontrando funzionari locali e studenti, durante la cerimonia ufficiale del cinquantentenario, Yu ha indicato come “persone di ogni etnia” siano “attivamente impegnate a combattere il separatismo, ostacolando continuamente le attività separatiste e di sabotaggio della cricca del Dalai Lama e di forze straniere ostili”. In questo riecheggiando l’intervento di lunedì, sempre a Lhasa, davanti a funzionari di polizia e personale dei tribunali.
Ancora ieri, il gruppo di attivisti per i diritti dei tibetani, Free Tibet, ha contrattaccato sulla propaganda ufficiale di questi giorni, definendola “retaggio dell’era maoista mascherata da pubbliche relazioni del XXI secolo