Già programmato in prima visione per il 4 settembre, il film “ Rana Plaza”, del regista Nazrul Islam Khan, è stato vietato per sei mesi sia a livello nazionale che internazionale dall’Alta corte del Bangladesh, dopo che una petizione ha sostenuto che la pellicola include scene di orrore, crudeltà e violenza che potrebbero influenzare negativamente i circa 4 milioni di lavoratori, per lo più donne, nel settore dell’abbigliamento e proiettare un’ulteriore immagine negativa sia del governo che del paese sui mercati internazionali.
Il film racconta la storia di Reshma Begum salvata dalle macerie dopo 17 giorni sotto le maceri causate dal crollo del complesso della fabbrica di cinque piani che ha causato la morte di oltre 1.000 persone, nell’aprile del 2013. Altre migliaia sono stati salvati dalle rovine del complesso che ospitava cinque stabilimenti di società internazionali di abbigliamento. Il proprietario della struttura che dopo il disastro aveva tentato di fuggire all’estero è tutt’ora sotto processo.
Secondo la testimonianza di Reshma quando il crollo è iniziato, lei è corsa giù nel seminterrato e si è trovata avvolta in un piccolo spazio con qualche bottiglia di acqua e di alimenti secchi, riuscendo a sopravvivere fino al momento in cui è stata salvata.
Il crollo di Rana Plaza, il più grave dei molti incidenti accaduti nella storia dell’industrializzazione del paese, ha suscitato forti reazioni nazionali ed internazionali obbligando il governo e molte industrie dell’abbigliamento ad introdurre ispezioni e controlli per migliorare la sicurezza e le condizioni di lavoro. Dalle esportazioni del settore dell’abbigliamento, in particolare negli Stati Uniti e in Europa, il paese guadagna circa 25 miliardi di dollari all’anno.