Sono ripresi questa mattina ad Addis Abeba i colloqui tra le parti in lotta per cercare una via d’uscita al conflitto in corso da due anni in Sud Sudan. L’incontro si svolge in coincidenza con la scadenza di un ultimatum, imposto dalla comunità internazionale ai responsabili delle fazioni in lotta per il potere, per la firma di un accordo di pace pena sanzioni.
Ieri, nel campo sfollati di Bentiu, capitale dello stato petrolifero dell’Upper Nile, migliaia di sfollati hanno manifestato per chiedere che nessun ulteriore rinvio ostacoli la firma di un accordo per la fine delle ostilità. “Siamo stanchi di guerre – ha dichiarato al quotidiano Sudan Tribune Samuel Reath Koch, uno degli anziani presenti nel campo – vogliamo tornare a coltivare i nostri campi e offrire educazione e un futuro ai nostri figli”.
Nonostante le pressioni operate sul presidente Salva Kiir Mayardit e il leader dei ribelli Riek Machar dalle potenze regionali e continentali, nessun accordo ha finora consentito di fermare gli scontri, responsabili di centinaia di migliaia di morti e oltre due milioni di sfollati.
L’ultimo round di colloqui, partiti il 6 agosto, è mediato dal blocco regionale di otto nazioni costituito dall’Igad (Autorità intergovernativa per lo sviluppo), le Nazioni Unite, l’Unione africana, la Cina e la “troika” composta da Gran Bretagna, Norvegia e Stati Uniti.