Le sparizioni forzate e l’assenza di giustizia, nonostante la lotta intrapresa dai familiari delle vittime, dimostrano lo stato di emergenza che si vive in Messico: a denunciarlo l’attivista María Herrera Magdaleno, madre di quattro figli ‘desaparecidos’, guida della fondazione che porta il suo nome e di un’associazione che raggruppa familiari di ‘scomparsi in 17 Stati del Messico.
Secondo dati aggiornati del Sistema nazionale della pubblica sicurezza, solo nel primo quadrimestre del 2015 si sono contati 1360 ‘desaparecidos’ – 11 ogni 24 ore. In totale, sono 26.000 sono quelli che figurano nelle liste ufficiali delle persone scomparse, 10. 836 inserite nei registri da quando è al governo il presidente Enrique Peña Nieto (1° dicembre 2012).
Nella ricerca dei ‘desparecidos’, “ci sono state risposte molto buone da parte della società civile…Credo che arriverà un momento in cui ci sarà ancora più sostegno della società, ma non del governo, perché loro spostano o fanno scappare chi ci sostiene” ha detto al quotidiano “La Jornada” Mamá Mari, come la chiamano popolarmente, a simboleggiare la madre di tutti, la leader indomita nei suoi reclami di giustizia al governo, ma anche la madre triste, dolente.
La lotta di Mamá Mari è cominciata nel 2008, quando nel comune di Ayotac de Alvarez, a Guerrero, scomparvero i suoi figli Raul e Salvador; mentre erano alla ricerca dei fratelli, nel 2010, uomini armati rapirono altri due figli, Luis Armando e Gustavo Trujillo Herrera, a Veracruz.
Con l’attuale amministrazione di Enrique Peña Nieto, ha denunciato ancora Herrera Magdaleno al giornale, “tutto è peggiorato…Il governo non è parte, il governo è bloccato, è il problema. Con il caso di Ayotzinapa – gli studenti scomparsi nel settembre 2014, presumibilmente massacrati dalla polizia municipale in collusione con una banda di ‘narcos’ – è venuto fuori quello che già avevamo detto: sono gli stati i responsabili e il governo federale lo sa. Ma restano liberi e sovrani…nessuno pone loro dei limiti”.
Anche in merito al barbaro assassinio del fotoreporter Rubén Espinosa, l’attivista per i diritti civili Nadia Vera e altre tre donne trovati cadaveri con segni di torture il 31 luglio in un appartamento di Città del Messico, Mamá Mari non ha dubbi: “È un messaggio molto chiaro, uccidono gli attivisti, i giornalisti, perché come familiari noi sappiamo che sono le uniche persone che tentano di far circolare la notizia al 100%. E cosa fanno? Li fanno tacere. Stanno facendo tacere migliaia di voci e orecchie che potrebbero rendersi conto della crudeltà di quello che stiamo vivendo”.