Tutti siamo abituati a considerare l’obbligo scolastico una cosa da non mettere in discussione. In realtà in Italia l’obbligo di andare a scuola non c’è. Obbligatoria è l’istruzione. Differenza, questa, nient’affatto secondaria, come ci spiega Erika Di Martino che, partendo da lì, ha costruito la sua “home school”, divenendo punto di riferimento in Italia.
Eppure il fatto che ai bambini non piaccia andare a scuola dovrebbe generare mille interrogativi. Ai genitori, ma anche agli insegnanti e agli educatori. Non sarà che la scuola tradizionale non rispetta i tempi e i modi di apprendimento naturale del bambino? Non sarà che gli ambienti inadatti, gli obblighi dei banchi, degli orari rigidissimi, dell’apprendimento sempre affidato ai libri non risponde alle esigenze dei bambini? Quanti sanno che esistono alternative?
Dell’educazione parentale si sa ancora pochissimo ma in Italia è stata già scelta da almeno mille famiglie che hanno deciso di avvalersi di un modo nuovo di fare scuola. E’ una scelta di libertà e di rispetto dei tempi di apprendimento e dei talenti dei propri figli. I bambini non frequentano la scuola tradizionale. La loro scuola è il mondo che li circonda, la vita stessa, la società in cui vivono. E ogni occasione è buona per imparare.
Erika Di Martino, mamma di cinque figli che non sono mai andati a scuola, si occupa di educazione parentale da anni. E’ la fondatrice del network italiano www.educazioneparentale.org e ha scritto il libro Homeschooling. L’educazione parentale in Italia. La famiglia di Erika è un esempio di come il cambiamento nell’educazione sia realizzabile, soddisfacente e porti felicità.
Che cosa si intende per educazione parentale? E di cosa si parla quando più precisamente si parla di homeschooling e di unschooling?
L’educazione parentale è l’istruzione impartita ai figli dai genitori o da altre persone scelte dalla famiglia. Si può coinvolgere nell’educazione chiunque abbia la voglia e la capacità di trasmettere conoscenza e abilità, sfruttando tutte le fonti di conoscenza e competenza che sono disponibili nell’ambiente circostante alla famiglia. Alcune famiglie preferiscono seguire orari giornalieri, utilizzando i testi e programmi scolastici, altre desiderano affidarsi a un apprendimento più naturale e spontaneo dove si assecondano i bisogni, le interesse e capacità dei figli in veste di aiutanti e guide. Homeschooling, educazione parentale, home education, educazione paterna sono tutti sinonimi e definiscono la situazione in cui il genitore si prende la responsabilità di educare i propri figli a casa e informa annualmente il dirigente della propria zona della scelta fatta. Quando parliamo di homeschooling ci riferiamo a quelle famiglie che insegnano utilizzando un curriculum ben preciso. Essi in parte ricreano la scuola in casa proponendo determinati argomenti a seconda delle fasce d’età, utilizzando libri di testo simili a quelli scolastici (ma non è detto!) e dedicando un momento specifico della giornata allo studio. Per essere più esplicativa direi che in questo metodo la nave della conoscenza è pilotata dal genitore (o dal tutor) che indica al bambino la via da seguire. Con Unschooling ci riferiamo a quelle famiglie che lasciano i propri figli liberi di decidere come, dove, quando e soprattutto cosa imparare. In questo caso la nave è pilotata in toto dal bambino, ma egli non è solo: i genitori sono parte attiva di questo apprendimento offrendo fonti di studio e sostenendolo nei suoi percorsi naturali. Le famiglie che fanno unschooling fanno un grosso cambiamento perché devono dimenticare tutto quello che è stato loro insegnato sull’apprendimento e imparare a fidarsi dei propri figlia 360°. I genitori offrono gli strumenti per trovare le informazioni rispettando le scelte e i tempi del bambino. Queste due categorie non sono a tenuta stagna e esistono tanti metodi di fare scuola familiare quante sono le famiglie che lo praticano.
Perché scegliere l’educazione parentale? Tu, in particolare, come sei arrivata alla decisione di non mandare a scuola i tuoi figli? Avevi sfiducia nel sistema scolastico o hai avuto brutte esperienze in questo senso?
Noi lo abbiamo scelto per dare maggiore libertà ai nostri figli, sia fisica che mentale (consideriamo il banco e le 4 mura della classe alquanto restrittive), per offrire loro un percorso di studi personalizzato e per mantenere un unione familiare che con i tempi dettati dalla scuola non avremmo potuto avere. Le motivazioni di questa scelta sono molteplici: possono essere di natura religiosa, linguistica, di salute, oppure semplicemente perché si vuole dare ai propri figli un’educazione personalizzata che soddisfi le necessità, le passioni e i tempi del singolo. Alcune famiglie educano a casa per evitare che i propri figli subiscano il bullismo e l’esposizione al clima oppressivo e competitivo della classe. Altre ancora scelgono l’homeschooling perché non vogliono delegare ad altri il compito fondamentale di educare i propri figli. Le famiglie che scelgono l’Educazione Parentale istruiscono i propri figli con amore e dedizione, il loro lavoro è da considerarsi alla pari con quello svolto dagli insegnanti nelle scuole, e proprio per questo vanno accolte con rispetto e apprezzamento. Sia queste famiglie che le istituzioni stanno lavorando al nobile compito di aiutare le nuove generazioni a ottenere un successo formativo, promuovendo lo sviluppo della personalità nelle sua integralità.
I genitori che vivono già questa esperienza come possono essere preparati a insegnare tutte le materie necessarie in modo adeguato? Ad esempio per la musica o la lingua straniera.
Oggi si pensa che per poter insegnare bisogna passare molti anni della propria vita preparandosi a farlo, passando innumerevoli test che spesso non sono in grado di valutare la reale abilità del candidato a insegnare; questo processo crea “insegnati qualificati” che però troppo spesso non lavorano per vera vocazione. Per trasmettere conoscenza bisogna innanzitutto stabilire un rapporto positivo con la persona alla quale ci si sta relazionando, infatti mostrare come si fa qualche cosa è meglio di raccontarlo e la pratica diretta è ancora più utile. Quanti insegnanti non hanno la possibilità di seguire il ritmo dei propri alunni a causa dei ritmi pressanti del programma e delle valanghe di lavoro aggiuntivo? Insegnando a un bambino che vuole apprendere si deve innanzitutto ascoltare e poi imparare a rispondere alle domande che arrivano direttamente da lui, garantendo un clima di rispetto e calma. Nelle classi invece ci si ritrova ad interagire in un ambiente caotico, rumoroso e stressante dove a essere interrogati senza sosta sono proprio i bambini e non gli adulti, sottoposti poi a un giudizio pressante che ne invalida le capacità cognitive. Questi argomenti purtroppo non vengono trattati nei libri per insegnanti, ma le conseguenze del sistema sono sotto gli occhi di tutti.
Com’è la vostra giornata tipo con cinque bambini di età diversa? Ci puoi fare un esempio?
Io e mio marito non riproduciamo la scuola a casa, non giochiamo a fare gli insegnanti dei nostri figli attorno al tavolo da pranzo. Non imponiamo sveglie e programmi, non decidiamo cosa essi devono studiare e non li obblighiamo a fare i compiti. Noi ci fidiamo di loro, sappiamo che essi sono in grado di imparare ciò che vogliono, come e quando lo desiderano. Con una famiglia che conta 5 bambini (una appena arrivata), il nostro approccio educativo stravolge completamente le linee guida tradizionali, significa fare tabula rasa della propria forma mentale (e quella della maggior parte della gente che ci sta attorno) e provare qualcosa di completamente nuovo. Noi privilegiamo un percorso da autodidatti da subito, quindi non proponiamo loro alcuna nozione preconfezionata e non li sottoponiamo ad alcun tipo di esaminazione. Stiamo imparando accanto ai nostri figli, osservandoli e sostenendoli nelle loro ricerche e scoperte. Il fatto di essere i protagonisti di un cammino la cui direzione è sconosciuta, rende l’avventura ancora più emozionante e imprevedibile.
Ti ispiri a uno stile preciso? Ad esempio quello della scuola steineriana, montessoriana o, invece, il vostro è uno stile del tutto originale?
Abbiamo costruito un percorso assolutamente originale, che non riprende nessuno schema già in uso. Una qualità che riteniamo fondamentale per il cittadino del futuro è di avere una mente inquisitiva e la capacità di imparare in autonomia. Ogni bambino ha un bagaglio di domande infinito e il nostro compito è semplicemente quello di mantenere viva la fiamma della conoscenza. Lo facciamo in molte maniere, per esempio facendoci in primis noi tante domande e poi valutando con loro le possibili risposte. Tutti i bambini hanno questo spirito di ricerca ma, troppo spesso, esso viene soffocato in nome del sistema educativo tradizionale che non incoraggia il pensiero divergente e riempie le teste degli studenti con nozioni già pronte. Le lezioni vengono assimilate temporaneamente per poi essere rigurgitate nel momento del test. Questo tipo di esercitazione sterile uccide il pensiero critico. Questo continuo esercizio, unito a una grande libertà, li porta inevitabilmente a scoprire le proprie passioni. Noi genitori siamo presenti per stimolarli in svariate maniere, senza mai giudicare il loro percorso, anzi offrendo possibilità sempre differenti e interessanti. Trovo che il centro della vita di un individuo dovrebbe essere la passione per il lavoro svolto, non c’è nulla di più triste di un essere umano che non possa perseguire la propria vocazione. Un’altra qualità a cui teniamo molto è l’indipendenza. Diamo loro l’esempio su come fare numerose attività quotidiane: dal preparare un pasto, a pulire il bagno, ad andare a fare una commissione e controllare poi il resto al negozio. All’inizio ci affianchiamo a loro aiutandoli e correggendo gli errori, sicuramente lodandoli per i successi. Li lasciamo sbagliare un numero infinito di volte, ricordandoci che sbagliando s’impara. Infine crediamo nella compassione per il prossimo, nell’empatia e nella felicità reciproca come fonte di benessere. La compassione è anche la chiave a un ambiente lavorativo positivo. Cerchiamo di parlare di compassione, fornendo esempi concreti, ogni giorno. La cosa che più conta in quest’aspetto dell’educazione è l’esempio di noi genitori, infatti ci preoccupiamo di essere sempre compassionevoli verso i nostri figli e il prossimo. Se incontriamo qualcuno che è infelice cerchiamo sempre di aiutarlo, se la persona è lontana allora inviamo degli auguri e dei pensieri felici. Sperimentiamo come il dare felicità, porti sempre benessere a noi e ai nostri cari. Basta veramente poco. La tolleranza va di pari passo con la compassione, e si allena conoscendo persone di diverse etnie, gruppi sociali e stati fisici. Noi cerchiamo di esporre i nostri figli a quante più forme di diversità ci sia possibile. Mostriamo loro quanto ci sia da imparare gli uni dagli altri e che essere diversi è un pregio, come dice il proverbio: “Il mondo è bello perché è vario”.
Come rispondi a chi dice che i bambini vengono privati di un aspetto importante della loro vita: la socializzazione?
Questa è una domanda frequente. In effetti la socializzazione dei ragazzi che fanno scuola a casa è molto diversa da quella di coloro che passano la maggior parte del loro tempo a scuola o a fare i compiti. Gli homeschoolers passano le loro giornate aiutando in casa, sbrigando commissioni, facendo gite d’istruzione, andando a trovare altri familiari o amici, aiutando le persone del vicinato, facendo volontariato, facendo sport di gruppo, ecc… Mentre i loro compagni scolari socializzano in un ambiente controllato, chiusi in un edificio con altri della loro stessa età, i bambini educati a casa vengono in contatto con la società, con il mondo e interagiscono in prima persona. Un homeschooler interagisce con persone di tutte le età, tipico è vedere bambini di età completamente diverse giocare insieme. Essi sperimentano, coltivando la fiducia e la stima in loro stessi e nelle loro capacità senza essere continuamente valutati ed etichettati. Questo significa che non sapranno inserirsi nella società? Ma come? Essi sono già parte della società, non si stanno preparando per essere inseriti (manco fossero bulloni), essi sono una parte assolutamente attiva della vita della loro comunità. Nella socializzazione scolastica risiedono anche il bullismo, le violenze sessuali, il razzismo, il vandalismo, il teppismo, il sessismo e le cattive abitudini quali fumare e usare un linguaggio volgare. Questi sono anche alcuni dei motivi per i quali non manderei i miei figli a scuola. La pressione psicologica esercitata dalla massa può avere effetti devastanti sia sullo studente che sulla sua famiglia. Chi non ricorda lo sfigato, il ciccione, il secchione, il gruppo di quelli “in” e quelli “out” della classe? Per far parte del gruppo cool più gettonato della scuola quali sono le qualità necessarie? L’educazione? L’intelligenza? Avere sani principi morali? Non mi risulta. E fino a dove si può spingere un giovane per farsi notare dai suoi coetanei? La domanda si risponde da se, sfogliando le pagine di cronaca di un giornale.
Se qualcosa non dovesse funzionare i bambini possono rientrare in un percorso scolastico tradizionale in qualunque momento?
I bambini possono rientrare in un percorso di studi tradizionale a metà anno come uditori e a settembre dopo aver passato un esame di idoneità.
E’ necessario disporre di un ambiente particolare e con attrezzature specifiche o si può realizzare in qualsiasi casa? Come si organizzano praticamente le lezioni?
Ogni famiglia decide come affrontare questo impegno: possono essere famiglie che si organizzano sole o che condividono alcune attività con altri gruppi, possono avvalersi di un tutor e/o creare un curriculum personalizzato, possono seguire il programma ministeriale o meno. La cosa fondamentale è che la famiglia sia al centro dell’educazione: il genitore non delega il compito di educare benché possa avvalersi dell’aiuto di altri genitori o insegnanti privati per alcune materie di studio. Tutto questo avviene tra le mure domestiche o in qualsiasi altro luogo in cui la famiglia decida di essere protagonista attiva dell’apprendimento (musei, parchi, palestre, ma anche il supermercato o la banca…!). Scuola familiare: mi soffermo ancora su questo termine poiché sempre più spesso in Italia lo sento utilizzato per definire una situazione in cui più famiglie ingaggiano un insegnante speciale, magari con una formazione Montessoriana o Steineriana, trovano un locale adatto e iniziano una scuola. Questo può avvenire nel caso in cui si crei un’associazione e/o che si tengano presenti le norme assicurative, ma non solo, che regolano questo tipo di progetto. Personalmente trovo che questa metodologia abbia poco a che fare con l’educazione parentale e che sia semplicemente un altro tipo di scuola: in effetti se ci pensate si crea sempre una routine e il bambino lascia genitori e casa per “essere educato” da un insegnante esterno. Il ruolo del genitore qui rimane marginale.
Ci sono spese aggiuntive che una famiglia deve affrontare quando decide di educare i propri figli a casa?
Economicamente l’HS è una scelta vincente, trovo che si risparmi molto rispetto al mandare un figlio a scuola. Ovviamente con ogni bambino il risparmio cresce, se facessi un lavoro full-time con uno stipendio medio e mandassi i miei 4 figli a scuola non avrei nessun risparmio da mettere da parte e probabilmente dovremmo utilizzare anche parte dello stipendio di mio marito. Quando si è all’inizio del cammino di homeschooling, oppure si sta ponderando l’idea di iniziare, non è consigliabile investire soldi su materiale extra. Educare a casa può essere decisamente più economico che mandare i propri figli a scuola: non avete spese di benzina, non dovete comprare tutto l’occorrente per la scuola (zaini, astucci, un’infinità di libri, ecc), potete evitare le ultime mode del momento e risparmiare in vestiti e gadget. Utilizzate internet e le biblioteche, gli anziani sono meglio dei libri di storia, il supermercato offre diverse varianti di problemi matematici da risolvere, tutte queste sono possibilità di apprendimento a costo zero, ma vedrete che il tempo ve ne suggerirà molte ancora. Invece di acquistare giocattoli per le feste fate ai vostri figli regali intelligenti: un abbonamento a una rivista educativa, ingressi per il teatro o a una mostra particolarmente interessante, libri oppure abbonamenti per programmi didattici online.
Le vostre famiglie e i vostri amici vi hanno sostenuto in questo percorso?
Si, entrambe le nostre famiglie ci hanno sostenuto nel percorso fin dall’inizio. La famiglia di mio marito era più titubante, ma una volta che hanno visto la felicità, curiosità e operosità dei bambini sperimentata al di fuori del sistema scolastico si sono ancora più convinti. La differenza con i loro coetanei scolarizzati in termine di serenità è lampante.
Conosci persone ormai adulte che sono state homeschoolers da bambini? Se sì, la loro esperienza è positiva alla luce poi del loro inserimento nel mondo del lavoro?
Conosco persone famose e di successo che sono cresciute senza scuola e conosco persone comuni che da bambini erano HS, che ora hanno più di 30 anni e magari hanno dei figli homeschoolers di seconda generazione e che sono altamente soddisfatte del proprio percorso. In generale sono adulti con una forte autostima, che hanno preferito creare la propria realtà seguendo i propri sogni e le proprie passioni piuttosto che omologarsi al sistema vigente.
Come rispondi a chi dice che il bambino non ha la possibilità di confrontarsi con un’autorità diversa da quella dei genitori?
I bambini HS non vivono in una relazione esclusiva con i propri genitori, non sono sotto una campana di vetro. A seconda dell’esperienza che stanno vivendo, che sia un’attività sportiva, una gita al museo, un’uscita indipendente con gli amici, il semplice atto di fare la spesa, essi intessono relazioni con altri adulti che innescano uno scambio di ruoli costante.
Cosa ti senti di consigliare a chi si sta avvicinando all’homeschooling o all’unschooling?
La prima cosa che dovete fare è mettervi in contatto con altre famiglie che stanno già educando a casa.
Che cosa serve Erika, secondo te, per essere felici? E c’è una relazione tra unschooling e felicità?
La felicità è il motore dell’esistenza e per vivere bene bisogna saper essere felici indipendentemente da ciò che accade: tra tutte le cose che insegno ai miei figli, questa è di sicuro una di quelle che mi sta più a cuore. Troppi genitori insegnano ai bambini che la felicità è al di fuori di essi e che dipende dagli oggetti o dal denaro che si possiedono, oppure ancora dalle amicizie che si hanno o dai voti che si prendono a scuola. Fin da piccolissimi noi lasciamo ai nostri figli la loro privacy, la libertà di intrattenersi da soli: giocando, leggendo, immaginando, costruendo. L’ozio creativo e solitario è da noi largamente valorizzato con risultati positivi. La felicità si raggiunge da soli. Non ho praticamente mai sentito i miei figli lamentarsi di essere annoiati. Piuttosto che algebra o il nome dei fiumi del centro America, si dovrebbe insegnare a essere felici. Il bambino che non sperimenta questo grado d’indipendenza rischia, una volta adulto, di attaccarsi in maniera morbosa ad un’altra persona, oppure di colmare il vuoto esistenziale con passatempi come i social o lo shopping, oppure peggio ancora, con il cibo.
Il 13 settembre 2015 a Vaiano (Prato) “Tutta un’altra scuola”: si parlerà di homeschooling, ma anche delle tante esperienze che in Italia stanno cambiando il modo di fare educazione.