Un Festival del cinema può essere un’occasione per divertirsi, per rilassarsi ed anche per riflettere, soprattutto se si è in un periodo festivo con la mente non occupata dalle mille incombenze del quotidiano. Come ormai avviene ogni anno al mio rientro dal Festival del cinema di Locarno condivido questi mie riflessioni: un misto tra il racconto della trama dei film che ho visto, le suggestioni che mi hanno ispirato e qualche pensiero che si spinge un po’ più in là.
Ho appositamente scelto di non parlare di quei (pochi, pochissimi) film dei quali già hanno riferito i media mainstream o perché sono risultati vincitori di qualche Pardo, il premio che ogni anno attribuisce il Festival, o perché destinati ad avere un sicuro futuro commerciale nella grande distribuzione; ho fatto una sola eccezione per la pellicola che ha vinto, a mio parere meritatamente, il premio del pubblico.
Alcuni dei film di cui parlo nei miei articoli è molto probabile che sfortunatamente non usciranno in Italia o saranno confinati in circuiti distributivi minori; se le mie righe avranno in voi suscitato interesse e curiosità sarà un motivo in più per cercare di recuperarli nel web.
Buona lettura e buona visione……
Vittorio Agnoletto
I puntata
LA POLEMICA SUI FINANZIAMENTI AI FILM ISRAELIANI
“Abbiamo saputo che il Locarno Film Festival ha deciso di mettere Israele al centro dell’edizione di quest’anno, nella iniziativa “Carte Blanche”, in collaborazione con il Fondo Israeliano per il Cinema. Questo fondo è un’agenzia finanziata dal governo israeliano… È inoltre sostenuto dal Dipartimento per il Cinema del Ministero degli Affari Esteri il cui scopo è quello di “promuovere film israeliani all’estero con il sostegno degli addetti culturali delle ambasciate israeliane in tutto il mondo”.
Noi, i sottoscritti registi e professionisti del cinema, desideriamo esprimere la nostra profonda preoccupazione per la scelta del Festival di Locarno di collaborare con il Fondo israeliano del Cinema e con il Ministero degli Esteri israeliano, nonostante il fatto che Israele non ha solo continuato, ma ha anche intensificato l’occupazione, la colonizzazione e la pulizia etnica che porta avanti da decenni contro il popolo palestinese.
Siamo particolarmente turbati dalla tempistica della decisione del Locarno Film Festival di promuovere Israele; decisione che arriva sulla scia della recente strage provocata da Israele a Gaza nell’estate del 2014, in cui più di duemila palestinesi sono stati uccisi, tra cui oltre cinquecento bambini. La decisione del Festival di Locarno segue anche l’elezione del più razzista governo di estrema destra nella storia di Israele.
Data l’attuale belligeranza dimostrata da Israele con i suoi continui attacchi brutali contro civili e infrastrutture palestinesi, giustificati dallo stesso Ministero degli Affari Esteri che avete scelto come partner del Festival, chiediamo agli organizzatori del Festival di riconsiderare il rapporto con il governo di Israele e di interrompere la collaborazione con il Fondo Israeliano del Cinema, con il Ministro israeliano degli Affari Esteri e con tutti gli altri enti ufficiali israeliani. Se l’idea è quella di sostenere i singoli cineasti israeliani o proiettare film israeliani, ci sono molti modi per farlo senza accettare finanziamenti o altre forme di sostegno da parte delle organizzazioni statali e del governo israeliano……
Speriamo che i nostri colleghi e amici del Festival di Locarno saranno dalla nostra parte. Ci auguriamo che riconoscerete la gravità della situazione attuale, e che sceglierete di prendere una posizione per la dignità umana di fronte alle barbarie e alle ingiustizie perpetrate contro qualsiasi popolo…”.
Questo è l’appello lanciato dalla campagna BDS , Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni, sottoscritto nell’aprile 2015 da oltre duecento cineasti di tutto il mondo e rivolto agli organizzatori del festival. Tra i primi firmatari vi sono Annemarie Jacir ( Palestine), Elia Suleiman ( France), Ken Loach (UK), Mira Nair (India/Uganda) e Hany Abu-Assad (Palestine). Tra le adesioni anche tre cineasti israeliani: Rona Even Merrill (Israel/USA), Eyal Sivan ( France/Israel) e Rachel Leah Jones ( Israel); purtroppo quasi nulla è la presenza italiana vi troviamo solo Monica Maurer (Germany/Italy), E. Nina Rothe (USA/Italy) e Marco Pasquini(Italy).
La risposta della direzione del Festival, trinceratasi dietro la libertà di scelta artistica, è stata semplicemente quella di cambiare il nome alla sezione destinata ad ospitare e a premiare i film in post-produzione, quest’anno dedicata ai film israeliani: non più “Carte Blanche” ma “ First Look” con un primo premio di 60.000 euro. Immediata la risposta di alcuni registi tunisini che hanno deciso di non partecipare con i loro film alla rassegna, scelta a cui ha fatto seguito una critica conferenza stampa organizzata da BDS Svizzera.
Qualche giorno prima dell’apertura della rassegna cinematografica Piazza Grande avrebbe dovuto ospitare, per un evento non direttamente inserito nel Festival, ma comunque ad esso collegato, Ken Loach e la proiezione del suo film “ La Canzone di Carla” (1996), famosa pellicola ambientata nel Nicaragua sandinista; ma le polemiche sui premi ai film israeliani hanno reso impossibile questo straordinario appuntamento.
In risposta alla scelta del Festival l’8 agosto l’ ISPEC, Istituto di Storia e Filosofia del Pensiero Contemporaneo e il Centro Culturale Rivellino, due realtà molto vivaci nel panorama ticinese, hanno organizzato una rassegna cinematografica dando ampio spazio ai film palestinesi tra i quali “Il sale e il mare “ e “ Quando ti ho visto” di Annemarie Jacir.
Non c’è dubbio che la libertà di scelta artistica vada tutelata e riconosciuta a chiunque; ma diverso è ritenere che la produzione culturale possa essere valutata senza porsi delle banali domande su chi la sta sostenendo economicamente e su chi la pubblicizza, soprattutto quando si decide di supportare a propria volta con somme significative tale produzione, come è avvenuto in questa occasione.
IL PREMIO DEL PUBBLICO. PER NON DIMENTICARE
Il pubblico di Locarno ha dato prova della sua maturità, spesso invocata come caratteristica che lo differenzia dalle platee dei Festival più commerciali, scegliendo di premiare ” The people vs Fritz Bauer”.
Oggi forse, trascorse ormai quasi tre generazioni, è possibile anche per i tedeschi fare i conti con il passato. E’ questa la convinzione del regista Lars Kraume che ha raccontato la storia del giudice tedesco Franz Bauer, ebreo, impegnato nella caccia ai criminali nazisti ed in particolare nell’arresto di Adolf Eichmann per ottenere il quale si è appoggiato al Mossad, il servizio segreto israeliano, ragione per cui in Patria è stato accusato di collaborazione con l’intelligence di uno stato straniero.
Un film contro ogni rimozione storica e che mette bene in evidenza tutti gli ostacoli che lo stato tedesco ha frapposto all’arresto del criminale, per il quale decise di non chiedere ad Israele l’estradizione. Il passato doveva scomparire in silenzio, troppo forte era ancora il suo potere di ricatto verso i nuovi governanti; tanti furono coloro che, pur coinvolti nel nazismo, rimasero ai loro posti di comando e che avrebbero avuto qualcosa da perdere da un pubblico processo celebrato in patria.
Ma anche in Israele la situazione si era nel frattempo modificata: siamo alla fine degli anni ’50, i nemici sono gli arabi e la Germania è invece il Paese dal quale Israele sta comprando armi per fronteggiare i nuovo nemici; non c’è alcun motivo per creare situazioni di tensione. Tanto più che anche gli USA sono fortemente interessati ad evitare qualunque evento che possa indebolire la stabilità di Adenauer, il cancelliere tedesco della CDU, in prima linea di fronte al Patto di Varsavia. Ed è proprio la CDU il partito maggiormente esposto ai rischi di rivangare i trascorsi nazisti. La vittoria della realpolitik è assicurata, la Germania non chiederà l’estradizione di Eichmann ed il processo si svolgerà infatti in Israele. Ma la vicenda del giudice Bauer, che poi nel 1961 fonderà l’Unione Umanista, un’organizzazione internazionale per i diritti umani, è segnata anche dalla legge che vieta l’omosessualità, residuo del periodo nazista ma all’epoca ancora in vigore e spesso usata per gestire ricatti a sfondo politico.
Un film che non parla solo tedesco, ma che molto dice anche a noi, italiani, che al di là della celebrazione istituzionale della Resistenza, non abbiamo mai fatto fino in fondo i conti con il fascismo, a cominciare dai tanti dirigenti del fascio rimasti anche dopo la Liberazione ai loro posti di comando nella pubblica amministrazione e ai vertici delle istituzioni comprese quelle destinate alla sicurezza interna ed esterna. Permanenze che tanto hanno condizionato, e talvolta determinato, gli eventi che hanno segnato il nostro Paese negli anni’60 e ’70.
…..continua