Una riflessione a caldo dopo l’ennesimo incidente alle cave, uno sfogo dettato dalla frustrazione di vedere l’ennesima famiglia violentata da questa economia barbara con sempre maggior convinzione dobbiamo uscire da questo “cul de sac”.
La prima volta che vidi la gamba di fico al museo del marmo di Fantiscritti rimasi letteralmente scioccato, provai con enorme sforzo ad immaginarmi come potesse esser possibile che un essere umano dopo aver perso la sua gamba sotto un blocco di marmo, potesse sostituirla con una gamba di legno di fico per poter poi tornare a lavorare in quell’inferno bianco. Tutta la settimana successiva non potei far altro che pensare a questa cosa e a quanto attorno ai 0 cavatori si sia cercato di dipingere un superuomo che andava oltre ogni umana aspettativa.
Uomini in grado di camminare per ore per arrivare su un luogo di lavoro che non era certo riposante, a chi andava meglio se ne stava tutto il giorno seduto a sbozzare a mano con un pesante martello un blocco di marmo, altri tagliavano la montagna mentre altri ancora facevano scendere i ciclopici blocchi per vie di lizza dalle pendenze improponibili trascinandoli su tronchi insaponati al ritmo di canti singhiozzanti che sincronizzavano il laborioso gruppo. Nel secolo scorso su queste montagne abbiamo visto dei lavori forzati che hanno forse avuto eguali solo nella costruzione delle faraoniche piramidi egiziane, lavori che hanno massacrato a mio avviso buona parte della nostra cultura che era primariamente legata al bosco, ai campi e ai pascoli. Un’ industrializzazione della montagna che ci ha regalato quella devastazione visibile anche da decine di km nello spazio..
Tutto questo tribolare ha nel tempo arricchito solamente poche famiglie che si sono fatte sempre più potenti ed influenti e di fatto, a noi che viviamo e vivremo qui, ha lasciato solo danni di ogni tipo dalla corruzione fino alla non indifferente devastazione ambientale che oltre a distruggere il paesaggio, protetto dal nostro amato articolo 9 della costituzione, ha avvelenato le falde acquifere bene primario che ci ha permesso di vivere su questo territorio per millenni.
Oggi questo mio popolo dannato ha perso un altro dei suoi figli, lo ha perso tragicamente nel lavoro alle cave cadendo da oltre 10 metri e a quanto riporta qualche quotidiano pare che stesse lavorando senza alcuna protezione. Su la Nazione del 30/08/2015 si riporta inoltre che negli ultimi dieci anni ci sono stati circa 1258 infortuni alle cave di cui 8 mortali, si avete capito bene, un numero disarmante se pensiamo che sicuramente molti saranno stati anche incidenti gravissimi. Una strage silenziosa, una tortura accettata da troppi con troppo silenzio.
Perdonate questo mio sfogo, ho 38 anni e sono veramente deluso di come ci è stato consegnato questo territorio dalle generazioni che ci hanno preceduto, soprattutto le generazioni che hanno governato gli ultimi decenni, le stesse che ancora oggi vorrebbero rifare un’immagine a questo lavoro che non ha mai avuto nulla di umano, un lavoro che ha trascinato questo paradiso in un inferno fatto di sofferenza, morte, mafia, marmo e marmettola. Qualche politico “presuntuoso” ha pure avuto il coraggio di stravolgere il piano paesaggistico per mettere riferimenti su una presunta identità legata all’escavazione. Bene a questi esseri disdicevoli oggi dico solamente che questa è solo l’identità a cui volete condannarci, l’identità di un popolo schiavo che per due briciole si lascia distruggere un ambiente che non ha eguali al mondo, un ambiente prezioso ma soprattutto la nostra casa.
E’ da qui che il nostro popolo deve ripartire dicendo no a questa dannazione che ci mangia il futuro, dicendo no al tormento che i nostri avi hanno subito alle cave, dicendo no a tutto questo raccapricciante teatrino che si sta imbastendo per rifare l’immagine ad un’economia fatta di morte, sfruttamento e devastazione.
In ultimo chiudo parlando direttamente ai sindacati che tanto si sbracciano per difendere l’attività di cava ma forse troppo poco fanno per difendere il nostro popolo. Dopo aver visto il teatrino imbastito dal sindacalista delle Fillea CGIL Venturini, che ha attaccato la Sindaca di Fosdinovo Camilla Bianchi, che difende il suo territoio dal devastante passaggio dei camion delle cave. Una Sindaca che sta scommettendo su un futuro diverso fatto di economie durevoli e basato sulla nostra vera identità quella agricola, dell’ospitalità, dell’artigianato di qualità e dell’enogastronomia.
I sindacati oggi, soprattutto in questo territorio, se veramente difendono i lavoratori ed il lavoro dovrebbero innanzitutto cominciare a pretendere una riconversione economica del territorio perchè non vogliamo più essere schiavi del marmo, non vogliamo più condannare questi luoghi meravigliosi alla devastazione, non vogliamo essere impoveriti e sottomessi ad una monocultura sfrutta da pochi e da multinazionali, ma soprattutto non vogliamo più aver bisogno gambe di fico per avanzare in questo incerto mondo.