È terminata dopo oltre 40 ore la protesta nonviolenta dei ventisei climber di Greenpeace USA che il 29 luglio si erano calati con delle funi da un ponte di Portland (Oregon) sotto cui doveva passare MSV Fennica, una nave rompighiaccio della Shell, in procinto di salpare verso l’Artico. Per quasi due giorni gli attivisti hanno così impedito che la nave lasciasse il porto statunitense per raggiungere la flotta di trivellazione artica della compagnia petrolifera anglo-olandese.
«Sono stati due giorni molto emozionanti per tutti noi, così come per gli oltre sette milioni di persone che hanno già aderito al nostro appello per salvare l’Artico», ha dichiarato Annie Leonard, direttore esecutivo di Greenpeace USA. «Con le nostre azioni non violente vogliamo contribuire a far crescere sempre più il movimento globale in difesa dell’Artico. Trivellare in cerca di petrolio in quest’area così importante e meravigliosa sarebbe un terribile errore, per questo chiediamo al Presidente Obama di ripensarci e ascoltare quei sette milioni di persone che in tutto il mondo, con un’unica voce, hanno gridato e continueranno a gridare: ShellNo!».
Ieri un giudice federale dell’Alaska aveva ordinato a Greenpeace USA di interrompere il blocco e far scendere i climber appesi al ponte, minacciando multe dal valore crescente, che nel giro di qualche giorno sarebbero passate da 2500 a 10 mila dollari per ogni ora di blocco. Gli attivisti hanno resistito per oltre 40 ore e sono scesi spontaneamente solo all’arrivo sul ponte delle autorità.
Secondo l’ultima direttiva federale statunitense, la rompighiaccio MSV Fennica doveva assolutamente raggiungere il sito di trivellazione della Shell nel Mare dei Chukchi con il suo carico di attrezzature per le trivellazioni affinché la compagnia potesse richiedere l’autorizzazione a cercare il petrolio in profondità. Greenpeace chiede al Presidente Obama e al Dipartimento dell’Interno statunitense di revocare le licenze della Shell nell’Artico.