In giro per le strade di Bruxelles, ecco la signora Matundu Marashi Annie, avvolta nel suo splendido pagne. Le iscrizioni sullo stesso attirano lo sguardo: Pakistan, Filippine, Spagna… Women’s International League for Peace and Freedom. Ma chi è questa signora dal sorriso coinvolgente e gli occhi pieni di fuoco?
Ed ecco che, per Pressenza, si rivela a voi.
Buongiorno signora, posso chiederle il permesso di presentarla ai nostri lettori?
Sono Annie Matundu Mbambi, sono congolese e abito a Kinshasa (Repubblica democratica del Congo).
Ho completato i miei studi in Belgio. Dopo una laurea in gestione ospedaliera presso l’Université Libre de Bruxelles, ho conseguito due master ad Anversa, uno in finanza pubblica e uno in programmazione economica.
Tornata in Congo, ho gestito il grande deposito farmaceutico della Chiesa di Cristo. Servivamo tutti gli ospedali protestanti del Congo. Nel 1997, a causa degli eventi politici, ho perso il lavoro.
Mi sono sempre impegnata per la pace nel mio paese. Senza pace, nulla è possibile. La pace interiore prima di tutto, poi nella propria famiglia e il proprio ambiente, e infine la pace per il proprio paese e il mondo. Nel 1992, quando Mobutu ha liberalizzato il diritto di costituzione di associazioni e partiti, sono diventata presidente di Femmes pour la paix (Donne per la pace). Da allora, sono un’attivista per la pace e lotto in particolare per i diritti specifici delle donne.
Come mai si trova a Bruxelles oggi?
Oggi, 8 luglio 2015, il collettivo delle donne burundesi comunicherà un messaggio al Parlamento europeo. Sono qui per sostenere questo movimento che è stato appena creato. In quanto presidente della sezione congolese della Women’s International League for Peace and Freedom (Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà), mi ritrovo spesso a sostenere qualsiasi azione a favore della pace.
Nel mondo in cui ci è dato vivere, qual è la sua speranza più grande?
La mia speranza più grande, soprattutto per l’Africa, è quella di ottenere una pace duratura, per consentire ai paesi di svilupparsi, per permettere alle donne, che portano la povertà disegnata sul volto, di contribuire allo sviluppo. Per consentire agli uomini di lasciare che le donne partecipino alla cosa pubblica. La guerra comincia nella mente degli uomini ma finisce nei cuori delle donne.
Traduzione dal francese di Giuseppina Vecchia per Pressenza