Nel 1931 lo Sri Lanka è diventato il primo paese in Asia che ha riconosciuto il diritto di voto alle donne e nel 1960 Sirimavo Bandaranaike (nella foto) è stata nominata primo ministro. Sirimavo servì il paese per tre mandati e si ritirò dalla carica all’età di 84. Sua figlia, Chandrika Bandaranaike Kumaratunga, è diventata la prima donna presidente dello Sri Lanka nel 1994 e ha completato due mandati al potere. Tuttavia, ancora oggi, le donne dell’isola stanno lottando per raggiungere una pari e dignitosa rappresentanza nella politica e nel parlamento della nazione.
Nel Parlamento dal 1948, l’anno dell’indipendenza, la percentuale di donne non ha mai superato il 6,5% . Attualmente solo 13 dei 225 parlamentari sono donne, il 5,8%, mentre nei consigli provinciali la rappresentanza delle donne non ha mai superato il 6%. Per i consigli locali, le statistiche mostrano dati molto più bassi, con la rappresentanza delle donne in bilico tra l’1 e il 2%.
“La leadership politica delle donne precedenti ha avuto successo a causa del potere della politica dinastica in Sri Lanka. Ora dobbiamo vedere come le donne professioniste della classe media saranno in grado di scalare la classifica ” ha detto ai media locali Ajith Perera, del Ministero degli Esteri, l’unico politico a proporre nella discussione in corso un sistema di quote per le donne ( come avviene in molti altri paesi), ricevendo finora poca attenzione da parte dei partiti politici nazionali.
Fuori dal mondo della politica, le donne dell’isola hanno trovato migliori possibilità: i livelli di alfabetizzazione sono al 90% ed oltre, con le giovani nella fascia di età tra 15 e i 24 anni che raggiungono il 99%. Anche nell’educazione secondaria, il 60% degli studenti sono donne. Tra gli 8,8 milioni di forza lavoro presenti nel paese, solo il 35,5% sono donne, anche se molte di più sono impiegate nel settore informale. Oltre 600.000 donne sono migrate e impiegate con un lavoro in altri paesi, contribuendo a rendere le rimesse la più alta fonte di valuta straniera: ben 6 miliardi di dollari, nel 2014.
Il governo ha confermato recentemente che tra gli ultimi emendamenti in discussione ci sono proposte per aumentare le candidature e nominare le donne a posti non eletti del Parlamento; tuttavia queste restano solo delle proposte, giuridicamente non vincolanti, che chiedono ai partiti politici di “prendere in considerazione” rappresentanti donne.