Coloro che strepitano contro l’utero in affitto spesso sono gli stessi che accettano la prostituzione come un fatto “naturale” che in quanto tale sarebbe ineliminabile. “La prostituzione” dicono “è sempre esistita” e da questo se ne dedurrebbe che sempre esisterà. Ma sostenere la tesi che la prostituzione sia una costante storica in tutte le epoche e quindi un dato biologico dell’essere umano è una tesi quanto meno ardita.
Prostituirsi implica che la società abbia già elaborato forme più o meno complesse di rapporti di scambio, poiché il corpo viene usato a tutti gli effetti come una merce. La prostituzione, come tutti i fenomeni umani, non è “naturale” ma storica. Considerato ciò, allora, che differenza c’è tra una donna che vende il proprio utero e una donna che vende la propria vulva? Solo il fatto che la tecnica dà la possibilità di mercificare il corpo in una differente forma, non che essa crei la mercificazione dell’essere umano, la quale invece è l’effetto dell’universalizzazione dei rapporti economici di scambio. Per cui, questo scandalo per l’utero in affitto non è affatto giustificato se ad esso non ne corrisponde uno identico nei confronti della prostituzione e, in generale, di qualsiasi forma di mercificazione dell’essere umano, tra le quali la prostituzione è sicuramente una delle più drammatiche, in quanto giunge fino alla sfera più intima della persona. Mai come in epoca capitalistica la mercificazione si è diffusa in modo tanto pervasivo. Certo, la prostituzione esisteva anche prima del capitalismo, ma con quest’ultimo assume forme e dimensioni mai conosciute in passato. Nei numeri, ma anche nelle caratteristiche del fenomeno, che contempla uno sfruttamento bestiale del corpo della donna in proporzioni mai sperimentate prima. Il cosiddetto “utero in affitto” non è nient’altro che una delle tante manifestazioni di questo fenomeno. E nemmeno la peggiore.
L’atto di offrire il proprio utero a un’altra donna, di per sé non rappresenta una mercificazione, allo stesso modo in cui il rapporto sessuale di per sé non è prostituzione. Lo diventa solo nel momento in cui subentra il rapporto di scambio e il corpo viene usato come controparte del denaro o di un bene. Per cui, finché questa pratica avviene come concessione di una donna a una sua parente o persona cara che non può affrontare una gravidanza, non rientra nell’ambito della mercificazione, ma si caratterizza come dono, aiuto disinteressato nei confronti di un altro individuo. Al contrario la prostituzione per definizione è mercificazione, perché essa prevede sempre uno scambio commerciale.
Gli strali di molti cattolici o “biologisti” vari (quelli che per sostenere le loro tesi attribuiscono patenti di “naturalità”) nei confronti di questa pratica, non soltanto sono ingiustificati, ma persino contraddittori. Essi contraddicono infatti all’assunto di partenza dell’esistenza di una “famiglia naturale”. Le madri che si avvalgono dell’utero di un’altra donna (che non è la madre, perché non ha generato l’embrione, ma sola la sua “portatrice”) sono animate dal desiderio di avere un figlio “biologico”, che porti il loro stesso carattere genetico, quindi dovrebbero essere comprese da coloro che esaltano questa fantomatica “famiglia naturale”. Al contrario, la prostituzione è uno scambio commerciale che produce da una parte un guadagno economico e dall’altra la soddisfazione di un desiderio immediato. Ci si aspetterebbe che ciò sia condannato sempre da chi considera la sessualità come finalizzata alla riproduzione.
Che cos’è allora che non sopportano, cattolici e biologisti, dell’utero in affitto? Non è certo la mercificazione del corpo, a cui mostrano di non interessarsi più di tanto, visto che, se non giustificano, sicuramente tollerano la prostituzione. Se così fosse dovrebbero censurare soltanto l'”affitto” dell’utero, non l’offerta volontaria e disinteressata di sostituirsi alla madre nella gestazione. Quello che non riescono ad accettare è la tecnica, la possibilità per l’uomo di usare la scienza per correggere o alleviare i disagi. Il cattolicesimo ha mostrato di adattarsi presto all’avvento e agli sviluppi del capitalismo e all’utilizzo del denaro. I biologisti laici d’altro canto tendono a “naturalizzare” i rapporti economici, vedendoli come dato innato nell’uomo, invece che come risultato dei processi storici. Gli sviluppi della scienza sembrano invece contraddire questa loro visione che vorrebbe l’uomo come un’entità metafisica a-storica e immutabile. Ecco perché essi non riescono a tollerarli e spesso tendono a colpevolizzarli, assolvendo invece i rapporti economici e scaricando tutta la responsabilità sull’evoluzione tecnica. Senza comprendere che quest’ultima non sarebbe possibile senza i primi, e viceversa.