Il governo britannico concede permessi a pescherecci segnalati per pesca illegale e riduzione in schiavitù. Lo afferma Milko Schvartzman, uno specialista che sta indagando sulla zona dell’Atlantico meridionale da oltre un decennio. Recentemente il ricercatore aveva denunciato il saccheggio del mare argentino da parte di uno stuolo di pescatori, per lo più cinesi. Le immagini satellitari notturne mostrano, tra le Isole Malvinas (Falkland per gli inglesi) e la costa della Patagonia, in acque di esclusiva competenza argentina, una gigantesca macchia luminosa, ben più estesa di quella prodotta dalla metropoli di Buenos Aires,
“La Gran Bretagna concede permessi di pesca a pescherecci con procedimenti penali tuttora aperti per pesca illegale e riduzione in schiavitù”, ha sostenuto Schvartzman in un’intervista. “Non hanno osservatori a bordo e non rispettano le norme di legge né per quanto riguarda i lavoratori, né quelle su impatto ambientale e sicurezza. Continuano ad essere navi pirata, ma con licenza britannica”.
Schvartzman, che ha lavorato anche per Greenpeace, studia le attività dei pescherecci cinesi, coreani, spagnoli e quelli di Taiwan che operano all’altezza del miglio 201, dove termina la zona economica esclusiva dell’Argentina. Alcune di queste navi, secondo la denuncia, si avvalgono di licenze del governo delle Isole Malvine (occupate dal Regno Unito nel 1833 e la cui sovranità viene da allora rivendicata dall’Argentina) e della logistica del porto uruguaiano di Montevideo per “lavare” e “legalizzare” il prodotto della loro pesca e commercializzarlo in paesi dell’Unione europea e dell’Asia.
Schvartzman sostiene che le condizioni di sfruttamento e di lavoro forzato applicate dalle multinazionali della pesca sono altresì applicate da queste “navi pirata legalizzate” che da sole pescano quasi 1.000 tonnellate di calamari al giorno e inquinano una delle zone di mare più ricche di plancton e di biodiversità marina al mondo.
Traduzione dallo spagnolo di Giuseppina Vecchia per Pressenza