Oltre 40 milioni di ettari, una superficie pari a quelle dell’Italia, dell’Austria e della Svizzera messe insieme, sono stati espropriati provocando la concentrazione di terre nelle mani di pochi, sgomberi e oppressione di comunità intere: lo denunciano i partecipanti all’Expo dei popoli, che si è concluso il 5 giugno a Milano.
La manifestazione ha ospitato dibattiti e confronti ai quali hanno dato il proprio contribuito 180 delegati in rappresentanza di oltre 50 paesi. La denuncia e la resistenza all’accaparramento della terra e dell’acqua è la prima delle dieci strategie per la sovranità e la sicurezza alimentare individuate nel “manifesto” diffuso al termine dei lavori.
Le altre priorità sono: la promozione dell’agro-ecologia; la creazione di mercati stabili e solidali che favoriscano economie e commerci locali; il sostegno a reti alimentari alternative; la protezione della biodiversità e dei diritti dei popoli alle risorse genetiche; la lotta al cambiamento climatico anche attraverso l’eliminazione graduale dei combustibili fossili e la transizione verso l’energia rinnovabile; una partecipazione piena della società civile alla “governance” dei sistemi agro-alimentari; la richiesta di politiche pubbliche al servizio della sovranità alimentare, l’economia solidale e la finanza accessibile.
La manifestazione è stata organizzata da 50 ong e associazioni italiane in concomitanza con l’Expo inaugurato a Milano il mese scorso sul tema “Nutrire il Pianeta”. Centrale durante i tre giorni di lavori la riflessione sulla necessaria centralità del ruolo dei contadini e dei piccoli produttori. Categoria imprescindibile, è stato sottolineato più volte, che nonostante l’egemonia finanziaria e politica delle multinazionali vale da sola il 70% della produzione globale di cibo.