“Le multinazionali si sono prese l’Expo” dice alla MISNA Elizabeth Mpofu, segretaria generale di La Via Campesina, un movimento che riunisce 160 organizzazioni contadine di 63 paesi. A Milano è arrivata dallo Zimbabwe, dov’è nata e vive del lavoro nei campi. Per partecipare non alla manifestazione ufficiale ma all’Expo dei popoli, un’iniziativa “a margine” che per tre giorni nel capoluogo lombardo ha messo al centro temi cruciali in una prospettiva di sviluppo sostenibile e solidale.
Perché La Via Campesina ha affermato che l’Expo è al soldo degli interessi delle multinazionali?
“Il motivo è semplice: sono loro a mettere i soldi; e sono in prima fila a presentare i loro prodotti, le loro strategie, il loro sistema. Noi però, come organizzazioni contadine, a Milano siamo venute lo stesso. Per incontrarci, contarci, stringere e consolidare alleanze. Soprattutto per far sentire la nostra voce. Le multinazionali sostengono che possono ‘nutrire il Pianeta’? Finora non è stato così. In Africa le multinazionali investono dopo aver corrotto chi ci governa e prendono le terre dei contadini. Noi vogliamo cambiare le cose. Sapendo che a livello globale contadini e piccoli proprietari consumano il 30% delle risorse disponibili ma valgono ben il 70% della produzione di cibo. Bisogna ripartire da questo tesoro di esperienze per tornare a essere padroni di decidere cosa e come produrre, senza permettere ad altri di farlo per noi”.
È questa la sovranità alimentare?
“Assolutamente sì: difendere le sementi indigene, i saperi e le pratiche agricole, così come hanno sempre fatto i nostri antenati… In Africa, anche nel mio paese, lo Zimbabwe non dipendiamo da una sola coltura. Abbiamo piccoli appezzamenti, puntiamo su più varietà e abbiamo più raccolti. Non usiamo pesticidi e cerchiamo di garantirci una dieta bilanciata. Le multinazionali, anche puntando sugli organismi geneticamente modificati, propongono un’altra ricetta. Incompatibile con la nostra”.
All’Expo dei popoli avete lanciato l’allarme per il Land e Water Grabbing, l’accaparramento delle terre e delle risorse idriche da parte delle multinazionali. Quali sono i progetti che preoccupano di più?
“In Africa c’è anzitutto Pro Savana, un piano che riguarda una superficie di 15 milioni di ettari, un’area del Mozambico dove vivono cinque milioni di contadini. Il governo e gli investitori stranieri vogliono costruire dighe e prendersi le terre”.
A settembre l’Assemblea generale dell’Onu definirà i cosiddetti Obiettivi di sviluppo sostenibile, vale a dire l’agenda post-2015 che sostituirà i traguardi del Millennio fissati nel 2000. Cosa vi aspettate?
“Gli Obiettivi del Millennio non sono stati raggiunti e la lotta contro la fame non è stata vinta. Difficile ora che accada entro il 2050. A meno che i governi non cambino atteggiamento in modo radicale, cominciando ad ascoltare i contadini e smettendo di prendere lezioni dalle multinazionali straniere”.