di Alexis Tsipras – 3 giugno 2015 – Le Monde
Il 25 dello scorso gennaio il popolo greco ha preso una decisione coraggiosa. Ha osato sfidare la via a senso unico della dura austerità dei Memorandum e cercare un nuovo accordo. Un nuovo accordo che manterrà il nostro paese nell’euro, con un programma economico realizzabile, senza gli errori del passato.
Il popolo greco ha pagato un prezzo alto per quegli errori; negli ultimi cinque anni il tasso di disoccupazione è salito al 28 per cento (60 per cento nel caso dei giovani), il reddito medio è diminuito del 40 per cento mentre, secondo i dati di Eurostat, la Grecia è divenuta il paese UE con l’indice più elevato di disuguaglianza sociale.
E il risultato peggiore: nonostante un tessuto sociale malamente danneggiato, questo Programma non ha rinvigorito la competitività dell’economia greca. Il debito pubblico è esploso dal 124 per cento al 180 per cento del PIL e nonostante i pesanti sacrifici del popolo, l’economia greca resta intrappolata in una continua incertezza, causata da obiettivi di bilancio fiscale irrealizzabili che alimentano il circolo vizioso dell’austerità e della recessione.
Il principale obiettivo del nuovo governo greco nel corso di questi ultimi quattro mesi è stato di por fine a questo circolo vizioso, por fine a questa incertezza.
Farlo richiede un accordo mutuamente vantaggioso che fissi obiettivi realistici riguardo agli avanzi, ripristinando anche un programma di crescita e di investimenti. Una soluzione finale del problema greco è oggi più matura e più necessaria che mai.
Un simile accordo significherà anche la fine della crisi economica europea iniziata sette anni fa, ponendo fine al ciclo di incertezza nell’eurozona.
Oggi l’Europa ha l’opportunità di prendere decisioni che daranno il via a una rapida ripresa dell’economia greca ed europea cancellando scenari di Grexit, scenari che impediscono la stabilizzazione a lungo termine dell’economia europea e possono, in qualsiasi momento, indebolire la fiducia sia dei cittadini sia degli investitori nella nostra moneta comune.
Molti, tuttavia, affermano che la parte greca non sta collaborando per arrivare a un accordo perché si presenta intransigente e senza proposte ai negoziati.
E’ davvero così?
Poiché viviamo tempi critici, forse storici – non solo per il futuro della Grecia ma anche per il futuro dell’Europa – vorrei cogliere questa occasione per presentare la verità e informare responsabilmente l’opinione pubblica mondiale a proposito delle reali intenzioni e posizioni della Grecia.
Il governo greco, sulla base della decisione dell’Eurogruppo del 20 febbraio, ha sottoposto un ampio pacchetto di proposte di riforma, con l’intento di giungere a un accordo che accomuni il rispetto per il mandato del popolo greco con il rispetto delle regole e delle decisioni che governano l’Eurozona.
Uno degli aspetti chiave delle nostre proposte è l’impegno a ridurre – e dunque rendere realizzabili – gli avanzi primari per il 2015 e 2016 e consentire avanzi primari più elevati negli anni successivi, poiché ci aspettiamo un aumento proporzionale dei tassi di crescita dell’economia greca.
Un altro aspetto ugualmente fondamentale delle nostre proposte è l’impegno ad aumentare le entrate pubbliche attraverso una ridistribuzione dell’onere dalle classi bassa e media a quelle più elevate, che hanno effettivamente evitato di pagare la loro giusta quota per contribuire ad affrontare la crisi, poiché erano sotto ogni aspetto protette sia dalla élite politica sia dalla Troika che avevano “chiuso un occhio”.
Fin dall’inizio il nostro governo ha chiaramente dimostra la sua intenzione e determinazione ad affrontare queste materie approvando una legge specifica per affrontare le frodi causate da transazioni triangolari e intensificando i controlli doganali e fiscali per ridurre il contrabbando e l’evasione fiscale.
Contemporaneamente, per la prima volta da anni, abbiamo accusato i proprietari di media per i loro debiti pendenti nei confronti del settore pubblico greco.
Queste azioni stanno cambiando le cose in Grecia, come dimostrato dall’accelerazione del lavoro nei tribunali per amministrare la giustizia in casi di considerevole evasione fiscale. In altri termini, gli oligarchi, che erano abituati a essere protetti dal sistema politico, hanno oggi molti motivi per perdere il sonno.
In aggiunta a questi obiettivi centrali che definiscono le nostre proposte, abbiamo offerto anche piani molto dettagliati e specifici nel corso delle nostre discussioni con le istituzioni, che hanno superato la distanza tra le nostre rispettive posizioni che ci separava qualche mese fa.
Specificamente la parte greca ha accettato di mettere in atto una serie di riforme istituzionali, quali il rafforzamento dell’indipendenza della Segreteria Generale per le Entrate Pubbliche e dell’Autorità Statistica Greca (ELSTAT), di interventi per accelerare l’amministrazione della giustizia e anche interventi sui mercati produttivi per eliminare distorsioni e privilegi.
Inoltre, nonostante la nostra chiara opposizione al modello di privatizzazioni promosso dalle istituzioni che non crea prospettive di crescita né trasferisce fondi all’economia reale e il debito insostenibile, abbiamo accettato di procedere, con alcune modifiche minori, a privatizzazioni, per dimostrare la nostra intenzione di venire incontro all’altra parte.
Abbiamo anche accettato di attuare una importante riforma dell’IVA semplificando il sistema e rafforzando la dimensione ridistributiva della tassa al fine di conseguire un aumento sia degli incassi sia delle entrate.
Abbiamo sottoposto proposte specifiche riguardanti misure che si tradurranno in un ulteriore aumento delle entrate. Esse includono una speciale imposta contributiva sui profitti molto elevati, un’imposta sulle scommesse online, l’intensificazione di controlli sui detentori di conti bancari con giacenze elevate e sugli evasori fiscali, misure per l’incasso di arretrati del settore pubblico, una speciale imposta sui beni di lusso e una procedura di messa all’asta delle frequenze e di altre licenze, che la Troika per caso ha dimenticato negli ultimi cinque anni.
Queste misure aumenteranno le entrate e lo faranno senza effetti recessivi, poiché non riducono ulteriormente la domanda attiva né impongono altri oneri agli strati sociali bassi e medi.
Inoltre abbiamo accettato di mettere in atto una grande riforma del sistema della previdenza sociale che comporta l’integrazione di fondi pensione e la revoca di norme che erroneamente consentono il pensionamento anticipato, il che aumenta l’età reale di pensionamento.
Queste riforme saranno poste in atto nonostante le perdite sopportate dai fondi previdenziali, che hanno creato un problema di medio termine per la loro sostenibilità, siano principalmente dovute a scelte politiche sia di precedenti governi greci sia specialmente della Troika che condivide la responsabilità di queste perdite: le riserve dei fondi previdenziali sono state ridotte di 25 miliardi dal PSI [Indice di Sostenibilità delle Pensioni – n.d.t.] e dall’elevatissima disoccupazione, che è quasi esclusivamente dovuta all’estremo programma di austerità messo in atto in Grecia dal 2010.
Infine – e nonostante il nostro impegno nei confronti dei lavoratori a ripristinare immediatamente la legittimità europea nel mercato del lavoro che è stata smantellata interamente durante gli ultimi cinque anni con il pretesto della competitività – abbiamo accettato di attuare riforme del lavoro dopo le nostre consultazioni con l’ILO [Organizzazione Internazionale del Lavoro] che ha già espresso un parere positivo sulle proposte del governo greco.
Considerato quanto precede è soltanto ragionevole chiedersi perché ci sia una tale insistenza da parte dei dirigenti delle istituzioni sul fatto che la Grecia non starebbe sottoponendo proposte.
Quale fine è servito da questa prolungata moratoria della liquidità nei confronti dell’economia greca? Specialmente alla luce del fatto che la Grecia ha dimostrato di voler adempiere i suoi obblighi esterni, avendo versato più di 17 miliardi in interesse e rimborso di capitale (circa il 10% del suo PIL) dall’agosto 2014 senza alcun finanziamento esterno.
E infine qual è lo scopo delle fughe coordinate di notizie che affermano che non siamo prossimi a un accordo che porrà fine all’incertezza globale politica ed economica alimentata dal problema greco?
La risposta informale che alcuni propongono è che non siamo vicini a un accordo perché la parte greca insiste sulle sue posizioni di ripristino della contrattazione collettiva e rifiuta di mettere in atto un’ulteriore riduzione delle pensioni.
Anche qui devo presentare alcuni chiarimenti.
Riguardo al tema della contrattazione collettiva, la posizione della parte greca è che è impossibile che la legislazione che protegge i dipendenti in Grecia non rispetti gli standard europei o, peggio ancora, violi sfacciatamente la legislazione europea sul lavoro. Ciò che stiamo chiedendo non è nulla di più che ciò che è pratica comune in tutti i paesi dell’Eurozona. Questo è il motivo per cui ho recentemente formulato una dichiarazione congiunta con il presidente Juncker.
Riguardo al tema delle pensioni la posizione del governo greco è del tutto comprovata e ragionevole. In Grecia le pensioni sono cumulativamente scese dal 20 al 48 per cento nel corso degli anni dei Memorandum; attualmente il 44,5 per cento dei pensionati riceve una pensione al di sotto della soglia della povertà relativa mentre circa il 23,1 per cento dei pensionati, secondo dati di Eurostat, vive in pericolo di povertà e di esclusione sociale.
E’ pertanto evidente che queste cifre, che sono la conseguenza della politica dei Memorandum, non possono essere tollerate, non soltanto in Grecia ma anche in qualsiasi paese civile.
Facciamo pertanto chiarezza.
L’assenza di un accordo sin qui non è dovuta alla presunta posizione intransigente, irremovibile e incomprensibile della Grecia.
E’ dovuta all’insistenza di certi attori istituzionali nel sottoporre proposte assurde e nel mostrare una totale indifferenza per la recente scelta democratica del popolo greco, nonostante la pubblica ammissione delle tre Istituzioni che sarà offerta la necessaria flessibilità al fine di rispettare il verdetto popolare.
Che cosa determina tale insistenza?
Un’idea iniziale sarebbe che tale insistenza sia dovuto al desiderio di alcuni di non ammettere i propri errori e, invece, riaffermare le loro scelte ignorando i loro fallimenti.
Inoltre non dobbiamo dimenticare l’ammissione pubblica del FMI, qualche anno fa, di aver sbagliato nel calcolare la profondità della recessione che sarebbe stata causata dai Memorandum.
Tuttavia io considero superficiale questo approccio. Semplicemente non posso credere che il futuro dell’Europa dipenda dalla testardaggine e dall’insistenza di alcuni individui.
La mia conclusione, pertanto, è che il problema della Grecia non riguarda solo la Grecia; si tratta piuttosto del vero e proprio epicentro del conflitto tra due strategie diametralmente opposte riguardanti il futuro dell’unificazione europea.
La prima strategia mira a rafforzare l’unificazione europea in un contesto di uguaglianza e solidarietà tra i suoi popoli e i suoi cittadini.
I promotori di questa strategia partono dal presupposto che non è possibile esigere che il nuovo governo greco segua il corso del precedente, che, non dobbiamo dimenticarlo, ha fallito miseramente. Questo presupposto è il punto di partenza, perché altrimenti, le elezioni dovrebbero essere abolite in quei paesi che sono in un Programma. Dovremmo, cioè, accettare che le istituzioni possano nominare i ministri e primi ministri e che i cittadini siano privati del diritto di voto fino al completamento del Programma.
In altri termini ciò significa la completa abolizione della democrazia in Europa, la fine di ogni pretesa di democrazia e l’inizio della disintegrazione e di una divisione inaccettabile dell’Europa Unita.
Ciò significa l’avvio di una mostruosità tecnocratica che porterà a un’Europa del tutto estranea ai suoi principi fondativi.
La seconda strategia persegue esattamente questo: la scissione e la divisione dell’Eurozona e conseguentemente della UE.
Il primo passo per conseguire questo consiste nel creare un’Eurozona a due velocità, dove un “centro” fisserà regole dure a proposito di austerità e adattamento e nominerà un “super” ministro delle finanze dell’Eurozona con poteri illimitati e con la capacità di rifiutare persino bilanci di stati sovrani che non siano allineati con le dottrine del neoliberismo estremo.
Per quei paesi che si rifiutino di piegarsi alla nuova autorità, la soluzione sarà semplice. Dura punizione. Austerità obbligatoria. E anche peggio, altre restrizioni al movimento di capitali, sanzioni disciplinari, multe, e persino una moneta parallela.
A giudicare dalla situazione attuale, risulta che il nuovo potere europeo è in corso di costruzione, con la Grecia come prima vittima. Per alcuni questo rappresenta un’occasione d’oro per fare della Grecia un esempio per altri paesi che potrebbero pensare di non piegarsi a questa nuova linea di disciplina.
Ciò di cui non si sta tenendo conto è l’elevato livello del rischio e gli enormi pericoli impliciti in questa seconda strategia. Questa strategia non solo rischia l’inizio della fine del progetto di unificazione europea trasformando l’eurozona da una unione monetaria e una zona di rapporto di cambio, ma innesca anche incertezza economica e politica, passibile di trasformare interamente gli equilibri politici ed economici di tutto l’occidente.
L’Europa, perciò, è a un bivio. Dopo le serie concessioni offerte dal governo greco la decisione non è ora nelle mani delle istituzioni, che in ogni caso – ad eccezione della Commissione Europea – non sono elette e non rispondono al popolo, bensì nelle mani dei leader dell’Europa.
Quale strategia prevarrà? Quella che chiede un’Europa di solidarietà, uguaglianza e democrazia, o quella che chiede rottura e divisione?
Se qualcuno, comunque, pensa o vuol credere che questa decisione riguardi solo la Grecia, sta commettendo un grave errore. Suggerirei di rileggere il capolavoro di Hemingway “Per chi suona la campana”.
traduzione di Giuseppe Volpe