In ottobre avevamo pubblicato un’intervista a una volontaria di SOS ERM (SOS Emergenza Rifugiati Milano) – http://www.pressenza.com/it/2014/10/emergenza-rifugiati-milano-lesperienza-volontaria/. Siamo tornati alla Stazione Centrale, dove l’ondata di arrivi degli ultimi giorni ha creato una nuova emergenza e ne abbiamo parlato con Diana e Maria Luisa, volontarie del Comune di Milano.
Com’è la situazione al momento?
Abbastanza tranquilla, dopo l’emergenza degli ultimi giorni, con 400 arrivi, in maggioranza eritrei e siriani. Gli eritrei sono soprattutto giovani in fuga dal servizio militare, mentre tra i siriani ci sono parecchie famiglie con bambini. Non vogliono fermarsi qui, ma proseguire verso nord. Il problema è l’atteggiamento di chiusura di alcuni paesi europei (vedi i recenti fatti di Ventimiglia) e la mancanza a livello italiano di una rete governativa che informi e coordini il transito dei rifugiati. Anche adesso non sappiamo quanta gente arriverà nelle prossime ore.
Qual è stata la risposta delle istituzioni?
Il Comune di Milano si è mosso con efficienza e generosità, insieme ad associazioni come la Caritas e coordinandosi con Regione e Prefettura e ha trovato una sistemazione a tutti. Il sindaco Pisapia e l’assessore alle politiche sociali Majorino sono stati molto presenti, ma è chiaro che Milano non può farcela da sola. C’è bisogno della collaborazione e della disponibilità di altri comuni lombardi.
E la risposta dei cittadini?
Straordinaria. Siamo stati travolti da una vera “tempesta di generosità”, con tantissima gente che ha portato indumenti e alimenti, ha chiesto cosa serviva e poi ha comprato o recuperato quello che veniva indicato. A questo proposito vorremmo lanciare un appello: più che portare altra roba in stazione, chiediamo di consultare il sito dell’assessorato alle politiche sociali del Comune di Milano e seguire le indicazioni riportate per vedere le necessità dei vari centri di accoglienza (http://www.comune.milano.it/wps/portal/ist/it).
La disponibilità non è arrivata solo da singoli cittadini, ma anche da associazioni e realtà più organizzate: per esempio un gruppo di educatrici si è offerto di aiutarci dopo aver concluso il lavoro nei centri estivi del Comune.
E’ chiaro che l’afflusso di rifugiati non si può gestire solo come un’emergenza umanitaria locale. Vedete delle soluzioni più ampie a livello italiano ed europeo?
Come già detto, in Italia serve un coordinamento a livello nazionale. Più in generale bisogna ricordare che le soluzioni e le leggi ci sono, ma è necessaria la volontà di attuarle e di ridiscutere il trattato di Dublino, con il vincolo di restare nel paese di arrivo. Si potrebbe per esempio istituire un permesso umanitario di transito che permetta alle persone di raggiungere i luoghi dove vogliono andare, o concedere una cittadinanza europea temporanea (esiste un progetto di legge in questo senso in discussione al Parlamento Europeo dal 2010!). Un’altra possibilità è la creazione di corridoi umanitari, come quello che si sta attuando a partire dal Marocco grazie all’impegno della Chiesa Valdese e della Comunità di Sant’Egidio, in collaborazione con l’ambasciata italiana.
La gente continuerà a fuggire dalle guerre, con buona pace di chi vuole chiudere le frontiere ed erigere muri. Per fortuna, però, ci sono anche tante persone pronte a offrire aiuto e solidarietà a chi cerca un futuro migliore. A loro va il nostro ringraziamento.