La difesa non armata, seppur non nell’impostazione del governo, è in quella della Costituzione. I caccia F35 no.

L’antefatto
Il 22 maggio la campagna “Un’altra difesa è possibile” deposita alla Camera dei Deputati le oltre 50.000 firme che promuovono la Legge di iniziativa popolare per la difesa civile, non armata e nonviolenta. Il 24 maggio si è celebrato il centenario dell’inutile strage della grande guerra che ha segnato la saldatura perversa, su grande scala, tra tecnologia e guerra. Il 25 maggio Rete italiana disarmo diffonde un comunicato stampa nel quale denuncia che nel Documento programmatico pluriennale del Ministero della Difesa non ci sia traccia del dimezzamento del programma di acqusito dei famigerati cacciabombardieri F35 votato dal Parlamento nell’autunno scorso. Il 26 maggio Sinistra ecologia e libertà rilancia l’accusa al Governo di aver “preso in giro gli italiani e imbrogliato il Parlamento” chiedendo le dimissioni della ministra Pinotti. La ministra replica che “forse SEL pensa che in tempi di ISIS sia possibile fare semplicemente una difesa non armata: non è l’impostazione di questo governo”.

Una verità
Credo che il ministro Pinotti abbia detto contemporaneamente una verità, fatto una grande omissione e compiuto un grave errore.
La verità: pare evidente che la difesa non armata non sia nell’impostazione di questo governo. Ne è prova proprio l’accanimento nell’acquisto degli F35 – a fronte di molte defezioni internazionali – che sono quanto più distante non solo dalla difesa non armata, ma dalla “difesa” tout-court, in quanto si tratta di costosissimi strumenti di attacco in territori altrui, anche a capacità nucleare.

Un’omissione
Tuttavia la difesa non armata (civile e nonviolenta) è senz’altro nell’impostazione della Costituzione. I Costituenti, infatti – oltre a fissare il ripudio della guerra nei principi fondamentali della Repubblica – nell’articolo 52 separarono anche con attenzione il primo comma, “la difesa della Patria è sacro dovere dei cittadini”, dal secondo che parla dell’obbligo militare che è sottoposto ai vincoli di legge, infatti oggi non è più un obbligo. La difesa del Paese è compito “sacro” al quale tutti debbono dare il proprio contributo, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, per citare un altro principio fondamentale (art.3) della Costituzione, non solo (ieri) gli “obbligati” abili e arruolati e (oggi) i volontari “combattenti” che vestono una divisa ed imbracciano un fucile. Lo hanno ribadito più sentenze della Corte Costituzionale, affermando che c’è almeno un altro modo – “civile”, dunque non armato – di difendere la Patria. La ministra della difesa deve farsene una ragione: da 70 anni il ministero che guida non è più il ministero dalla guerra, ma della Difesa.

Un errore
Il grave errore: anche nei confronti dell’ISIS armi e guerre sono il problema, non la soluzione. Nei diversi incontri pubblici, svolti in giro per l’Italia per presentare e promuovere la campagna “Un’altra difesa è possibile” la domanda più ricorrente è stata relativa proprio al come difendersi dal pericolo del terrorismo fondamentalista. Il quale, considerato dalla ministra Pinotti causa in sé di violenza fanatica, è invece l’esito nefasto e prevedibile di oltre vent’anni di folli interventi bellici occidentali in medio-oriente – dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Somalia alla Libia – in una dinamica perversa, reciprocamente alimentantesi, di guerra-terrorismo-guerra-terrorismo. Dalla quale non c’è via di uscita, se la si cerca all’interno del meccanismo di escalation, di cui i caccia f35 sono lo strumento operativo.

La proposta di una Legge di iniziativa popolare per la difesa civile, non armata e nonviolenta, mira proprio ad uscire da questo circolo vizioso attraverso la predisposizione di mezzi e strumenti di intervento nei conflitti, più raffinati ed efficaci della cieca violenza che si aggiunge alla violenza cieca. Certo, confessa la Pinotti che questo non è nell’impostazione del governo, ma sappiamo che lo è in quello della Costituzione. Meglio ricordarlo il 2 giugno, quando si festeggia la Repubblica ancora con la parata militare.

Pasquale Pugliese

L’articolo originale può essere letto qui