Le donne non hanno potuto essere né autrici né attrici protagoniste della costruzione delle città, non hanno partecipato direttamente alla progettazione e tanto meno alla loro realizzazione materiale. Se si prescinde dai leggendari esempi di Didone, fondatrice di Cartagine, o di Semiramide, rifondatrice di Babilonia, o della precorritrice madame De Rambouillet, che all’inizio del Seicento disegnò da sola il suo palazzo, mentre intorno a lei le Preziose salonnières modificavano il proprio spazio abitativo per adeguarlo alla privacy necessaria alle loro riunioni, critiche rispetto alla società e in particolare al matrimonio, bisogna arrivare al XX secolo per trovare architette operanti professionalmente. Dunque le donne non sono state costruttrici, però in un certo numero di casi hanno avuto il ruolo di fondatrici, promotrici, ispiratrici di iniziative la cui trasposizione architettonica, talora anche di grandi dimensioni, ha assunto notevole peso nel costituirsi della struttura urbana.

Tracce di tali attività si possono rilevare mettendo a confronto la storia delle donne (parliamo della nuova storiografia) con la storia architettonica e urbanistica di Milano.

Ma anche i vissuti personali che hanno impregnato i muri delle abitazioni possono avere contribuito a caratterizzare fino anche a modificare, a partire dagli interni, le strutture residenziali e il loro rapporto con l’architettura della città. Qualcosa in questo senso possono dirci gli edifici dove sono nate, in cui hanno vissuto o svolto attività culturale o lavorativa, i territori o le zone connotati in qualche forma dalla frequentazione femminile quotidiana per le mansioni di cura o di lavoro extradomestico. Ad esempio, le alzaie dei Navigli o gli argini di altri tipi di corsi d’acqua fino all’inizio del secolo scorso caratterizzati dalla presenza delle lavandaie (la ricca e variegata ritrattistica di genere ne è testimone), dove ancora sopravvivono resti delle preje (pietre per lavare), dei brellin (assi per insaponare e sbattere la biancheria) e delle tettoie. Oppure pensiamo alle mondine, alle prime operaie tessili, alle tabacchine, alle addette ai laboratori artigianali come le piscinine delle sartorie, modisterie, camicerie. Proprio gli scioperi di queste ultime categorie sono stati occasione delle prime uscite in massa per le vie della città come cittadine consapevoli (a Milano nel 1902, a Torino nel 1898 e poi fino al 1921).

Ricalcare fisicamente, con i nostri passi di donne del Duemila, queste diverse percorrenze e scoprirne di nuove intesse una conoscenza del territorio del tutto inedita e perciò in grado di ispirare possibili, attese trasformazioni.

9, 17 e 23 maggio 2015

Ritrovo in piazza S. Fedele, h 9:45

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