“È in corso un attacco brutale ad uno dei siti archeologici più importanti del mondo e non abbiamo osservato finora nessuna reazione della comunità internazionale”: è l’appello, drammatico, del direttore generale del museo delle antichità siriane, Ma’amoun Abdul-Kareem, all’indomani delle notizie che confermano l’ingresso dei combattenti del cosiddetto Stato Islamico (Is) a Palmira.
“L’attacco su Palmira è un attacco alla società siriana e alla civiltà” ha insistito il responsabile in un’intervista all’agenzia di stampa siriana Sana, in cui si fa riferimento al “grande sacrificio” offerto dai militari per difendere la città e il sito archeologico dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
Le notizie della caduta di Palmira nelle mani dell’Is si erano rincorsa per tutta la giornata di ieri ma senza trovare conferme ufficiali sulla stampa governativa. Questa mattina, un articolo della stessa Sana riferisce che i “gruppi di difesa popolare si sono ritirati da Palmira dopo aver evacuato la maggior parte delle famiglie, mentre un gran numero di terroristi dell’Isis hanno cercato di entrare nel sito archeologico”.
Secondo fonti concordanti, dopo una notte di combattimenti in cui sarebbero rimasti uccisi più di un centinaio di soldati governativi, i miliziani sarebbero riusciti a prendere il controllo della base militare alla periferia della città, di un quartier generale dell’intelligence e della prigione. Con la conquista di Palmira, lo Stato Islamico controlla circa la metà del territorio siriano.
L’antica città della regina Zenobia è una delle perle di epoca romana in Medio Oriente. Nel suo sito archeologico sono tuttora intatte centinaia di colonne, templi e una necropoli con oltre 500 monumenti funerari. Palmira ricopre anche un importante posizione strategica per il Califfato, poiché apre la strada al deserto orientale e alle principali vie di comunicazione verso la frontiera irachena e la provincia di Al Anbar.