Nonostante gli impegni presi nelle settimane e nei mesi scorsi, oggi la maggioranza – su input del governo, e in particolare del premier Renzi e del ministro per l’Ambiente Galletti – ha modificato il testo del decreto legge sugli ecoreati, stralciando il comma relativo al divieto di utilizzo della tecnica dell’air gun nei nostri mari per la ricerca di idrocarburi. Il Governo ha così inteso garantire gli interessi delle compagnie petrolifere che vogliono ricercare o estrarre idrocarburi dai nostri mari – pagando royalties tra le più basse al mondo e creando pochissimi posti di lavoro – salvaguardando la possibilità di ricorrere a uno strumento estremamente impattante.
«Il governo Renzi conferma la sua spiccata vocazione di servizio alle compagnie petrolifere. Ovviamente a discapito dell’ambiente, del clima e di tutti i settori produttivi che possono essere danneggiati dalle trivelle a mare, turismo e pesca in primis», dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. «Per due gocce di petrolio, per le quali nessun Paese serio nemmeno si scomoderebbe, questi signori stanno mettendo a rischio quanto di più prezioso l’Italia possa offrire: le sue risorse paesaggistiche e naturali, la sua biodiversità. Scopriranno presto che l’opposizione ai loro piani ‘fossili’ è cosa ben più estesa e radicata di quanto pensino», conclude Boraschi.
L’air gun è una tecnica di prospezione geosismica: consiste nel sondare il fondo del mare sparando ripetutamente e con alta frequenza aria compressa contro i fondali. L’impatto di questi spari (vere e proprie esplosioni) finisce per generare onde di rifrazione, usate per mappare la composizione geologica degli strati sottostanti il fondo del mare. L’air gun è quindi il primo strumento normalmente impiegato – prima dei pozzi di esplorazione – per capire se sotto i fondali marini possono esservi giacimenti gassosi o liquidi.
La distruttività di questo strumento è largamente acclarata nel mondo scientifico. Lo scorso marzo settantacinque scienziati americani, impiegati nei più importanti centri di ricerca statunitensi, hanno scritto una lettera al presidente Obama per chiedere la messa al bando di questo strumento. Nel loro appello spiegano come le prospezioni con l’air gun siano “un rischio inaccettabile di danni seri alla vita del mare a livello di specie e di popolazioni, la cui piena entità sarà pienamente compresa solo molto dopo che il danno sarà stato fatto”.
Una campagna di prospezioni comporta di solito qualche migliaio di esplosioni, con effetti potenzialmente devastanti per la vita del mare: questi test possono causare stress comportamentali e psicologici cronici a balene e altri cetacei (fra cui il pericolo di separare i piccoli dalle madri), provocare la morte dei pesci e danneggiare le attività di pesca, interferire nei processi riproduttivi e confondere gli animali al punto di alterare le loro risposte ai predatori. Già oggi l’impiego dell’air gun, al contrario di quanto sostenuto da Galletti in questi giorni, è vietato sulla costa canadese e statunitense del Pacifico.Greenpeace nota anche come l’intervento del governo sul comma relativo agli air gun finisca col ritardare e mettere a rischio l’approvazione del testo sugli ecoreati, uno strumento normativo atteso da oltre vent’anni.
Leggi la lettera scritta a Obama da settantacinque scienziati per chiedere la messa al bando degli air gun
http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/file/2015/lettera scienziati airgun.pdf