Di Jean-Marie Collin. “Blog Défense et Géopolitique, Alternatives-Internationales”
Mentre la Francia si vanta di possedere il terzo arsenale di deterrenza nucleare al mondo, la Svizzera è tra gli stati capofila del disarmo globale. C’è da scommettere che i due vicini si sfideranno nella prossima conferenza di revisione del trattato di non proliferazione. La Svizzera rimarrà un “modello da seguire” per il Presidente Hollande? ‘La Svizzera sarebbe un modello da seguire “, aveva infatti dichiarato il presidente Hollande dopo la sua visita di stato di due giorni nella Confederazione. Auguriamoci allora che incoraggi i propri diplomatici a farlo sin dal prossimo 27 aprile, data di apertura della IX Conferenza di revisione del Trattato di non-proliferazione nucleare (TNP) all’ONU. Il disarmo nucleare potrebbe così avanzare più velocemente!
Dobbiamo riconoscere che questi due Stati sono agli opposti in tutto. La Svizzera è uno stato neutrale, che conta rifugi anti-atomici a migliaia e promuove una forte politica contro il nucleare per usi militari. La Francia possiede il terzo arsenale nucleare mondiale ed è membro di un’organizzazione militare nucleare, la NATO. Con un presidente che rivendica,inoltre, la possibilità di vivere liberi, grazie alla sua forza deterrente (cfr. il suo intervento del 19.02.2015 a Istres).
La Svizzera, che ha rinunciato già molti decenni fa ad un programma nucleare militare, è uno dei leader del disarmo, ed è sempre stata molto attiva sul piano del disarmo nucleare e del TNP. Il suo ruolo a favore dell’adozione di misure forti da parte della Francia e delle altre potenze nucleari (Stati Uniti, Russia, Regno Unito e Cina) nel corso della precedente conferenza di revisione (2010) è certamente sintomatico. Queste misure avevano l’obiettivo di rafforzare la credibilità del TNP e far intravedere un mondo senza armi nucleari. Le potenze nucleari concordarono all’epoca di “adottare concrete misure di disarmo” e “intensificare gli sforzi per ridurre ed infine eliminare tutti i tipi di armi nucleari”. Purtroppo, cinque anni dopo, il bilancio è amaro
Per quanto riguarda la Francia, bisogna ammettere che non ha una predilezione per il disarmo nucleare. Benché abbia, in venti anni, dimezzato il proprio arsenale nucleare (300 armi al momento), Parigi è tuttavia impegnata in un processo di modernizzazione delle sue componenti nucleari aeree e sottomarine, processo che persegue vigorosamente. Così, dal 2010 la bomba è trasportata più velocemente e con più invisibilità dal missile da crociera ASMP-A (fino a 500 km) o dal missile balistico M51 (fino a 8000 km). D’altronde, il suo programma di simulazione dei test nucleari assicura alla Francia la capacità tecnica di rinnovare all’infinito il proprio arsenale, come dimostra la recente produzione di due nuove testate nucleari (TNA nel 2007 e il TNO nel 2015). Questa proliferazione verticale è persino elogiata dal primo ministro Manuel Valls, orgoglioso che la Francia sia «in testa nella gara per le tecnologie deterrenti” (23.10.2014). La volontà di mantenere la deterrenza nucleare come elemento centrale della difesa si ritrova quindi costantemente, sia nell’ultimo Libro bianco della difesa e della sicurezza nazionale (2013) che nella legge di programmazione militare (LPM) 2014-2019, che porta il bilancio di deterrenza a 23,3 miliardi di euro, contro i 20,25 miliardi della precedente (2009-2014).
Non solo la mancanza di progressi tangibili da parte della Francia e delle altre potenze nucleari saranno indubbiamente sottolineati dalla Svizzera, ma nuovi attriti si verificheranno anche su un movimento alla nascita del quale la Svizzera ha dato grande contributo: la dimensione umanitaria del disarmo nucleare. Questa posizione diplomatica, introdotta nel 2011, ha contribuito a iniziare un ciclo di conferenze sulle conseguenze catastrofiche dell’impatto umanitario di un’arma nucleare. La prima di queste conferenze (ad Oslo nel 2013, seguita da quelle di Nayarit e Vienna nel 2014) è stata etichettata come “distrazione” dall’insieme delle potenze nucleari. Per la Svizzera e e gli altri 154 stati, l’esistenza di armi nucleari crea un pericolo importante per la sicurezza delle loro popolazioni.
Storicamente, a partire dal 1945, esiste effettivamente un rischio di deflagrazione di armi nucleari, che sia intenzionale o per errore di valutazione, per follia umana o persino per un errore tecnico. Si riconosce apertamente che, di fronte a tale deflagrazione, nessuno sarebbe in grado di apportare una risposta adeguata all’emergenza umanitaria e agli effetti devastanti presenti e futuri. Ma se la Francia non nega le conseguenze dell’uso di un’arma nucleare, rifiuta tuttavia di riconoscere ufficialmente il rischio di un grave incidente nucleare militare. Una possibilità che certo non sfugge alle autorità svizzere, ben consapevoli in particolare della vicinanza del sito di produzione, manutenzione e smantellamento delle armi nucleari di Valduc (a circa 150 chilometri dal confine svizzero).
Senza l’attuazione di misure di disarmo in “buona fede” d parte della Francia, l’opposizione Francia-Svizzera rimane perciò reale. Potrebbe diventare ancora più profonda, se Berna dovesse spingere all’adozione di un nuovo strumento giuridico vincolante sulle armi nucleari, come proposto dall’Austria. La Svizzera sarà allora ancora “un modello da seguire” per il Presidente Hollande?
Traduzione dal francese di Giuseppina Vecchia per Pressenza