Celebrata la giornata di azione mondiale contro le spese militari, che nel 2014 sono arrivate a sfiorare la cifra complessiva di 1.800 miliardi di dollari. Anche le organizzazioni della Rete italiana per il Disarmo si mobilitano per una campagna informativa.
Ieri in tutto il mondo si è celebrata, da parte di centinaia di associazioni della società civile, la Giornata globale di azione contro le spese militari (GDAMS – Global Day of Action against Military Spending). Un evento promosso in particolare dall’International Peace Bureau, organismo vincitore del premio Nobel per la pace nel 1910, che prevede diversi modi per declinare l’opposizione alle spese militari.
In Italia è stata la Rete italiana per il Disarmo a cercare di porre attenzione sul tema diffondendo informazioni e dati sulla spesa militare. L’obiettivo? Continuare a ribadire la prospettiva presente da sempre nell’azione della Rete: la necessità di ridurre lo spreco dei fondi pubblici assegnati ad armi ed eserciti per investire invece in ambiti realmente più importanti ed utili per i cittadini.
“Avere consapevolezza di quanto gli Stati di tutto il mondo investano per mantenere i propri eserciti e comprare armamenti è fondamentale se si vuole cercare di costruire una strada alternativa, che investa sulla pace e non sulla guerra – dichiara Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo – noi lo facciamo sempre perché crediamo che il controllo dell’acquisizione dei dati siamo premessa imprescindibile per qualsiasi azione o campagna politica”.
Strumento utile per sottolineare questa prospettiva sono i video realizzati negli scorsi mesi dalla campagna “Taglia le ali alle armi” (promossa anche da Rete Disarmo) contro l’acquisto da parte del governo italiano di cacciabombardieri F-35. Una serie di video impostati in maniera ironica per sottolineare la preoccupante inutilità dei soldi investiti in tali aerei e rendere visibile la contrarietà degli italiani – ormai diffusa e maggioritaria – nei confronti di questi cacciabombardieri. In ogni scena uno “stratagemma” comunicativo ha fatto cogliere un utilizzo differente, ben più importante e ancora possibile, dell’ingente quantità dei soldi pubblici ad essi dedicati.
Tradizionalmente la giornata internazionale di azione contro le spese militari viene celebrata nel giorno in cui l’Istituto di ricerca svedese SIPRI diffonde le proprie stime sulla spesa militare mondiale. Si tratta di dati molto importanti soprattutto per definire i trend generali che caratterizzano la spesa per gli eserciti e gli armamenti a livello internazionale. Non sono quindi tanto le cifre puntuali da considerare come notizia, quanto gli andamenti pluriennali. Nel 2014 la spesa militare mondiale si è attestata su 1.776 miliardi di dollari: il massimo storico come cifra complessiva, corrispondente al 2,3% del PIL mondiale, ma una lieve flessione (lo 0,4%) in termini reali rispetto all’anno precedente. Una decrescita generalizzata è avvenuta nel Nord America, nell’Europa Centrale ed Occidentale ed anche in America, Latina mentre è continuata la crescita, già presente negli ultimi anni, della spesa militare dell’Asia ed Oceania (+5% guidato dal +9,7% cinese e dal +6,7% dell’Australia), nel Medio Oriente, dell’Europa dell’est ed anche della stessa Africa (quasi +6%). Gli Stati Uniti continuano a essere il paese con la più alta spesa militare (610 miliardi di dollari, quota cresciuta del 45% dopo gli attacchi alle Torri Gemelle) pur avendo sperimentato una riduzione del 6,5% a causa dei provvedimenti di contenimento del budget nel 2011. Dietro agli USA si collocano invece la Cina, la Russia, l’Arabia Saudita (+17% in un anno!) e la Francia.
Si confermano quindi le dinamiche degli anni scorsi, con una preoccupante crescita dell’investimento militare nelle aree più calde del globo. Secondo le stime del SIPRI l’Italia ha sperimentato, così come la Germania, la Spagna e il Regno Unito, una minima flessione della propria spesa militare. Lo si deduce anche dall’analisi dei dati ufficiali per il bilancio del 2015 cui si ricava una spesa militare complessiva di 23,5 miliardi di euro, dei quali 5,5 sono dedicati all’acquisizione di nuovi sistemi d’arma e quasi 6 in venti anni per comprare nuove navi militari. Secondo queste cifre la spesa militare italiana del 2015 continua ad essere maggiore del livello investito nel 2012.
La Rete italiana per il Disarmo e gli organismi che a essa aderiscono continuano a pensare che una cospicua parte di questi ingenti investimenti (circa il 3,9% della spesa complessiva statale) potrebbe essere invece indirizzata verso politiche di welfare, di protezione del territorio, di stimolo alla creazione di nuovi posti di lavoro, di investimenti sulle strutture scolastiche e sanitarie, sulle alternative alla difesa armata a cominciare dal Servizio Civile Nazionale.
La nostra azione continuerà anche oltre la Giornata mondiale di azione contro spese militari (GDAMS), in particolare con la diffusione di informazioni ed infografiche.