“Stiamo molto male perché non sappiamo perché hanno fatto loro questo. C’è stata una sparatoria, una repressione contro i nostri figli. (…) I poliziotti hanno arrestato 43 giovani studenti, futuri maestri, e li hanno portati via, vivi”.
María de Jesús Tlatempa Bello, madre di José Eduardo Tlatempa, ha parlato così a nome dei parenti dei 43 studenti della scuola per maestri rurali di Ayotzinapa, ‘desaparecidos’ il 26 settembre scorso a Iguala, Guerrero. L’inchiesta ufficiale ha lasciato molte lacune, primo fra tutti il mancato ritrovamento dei corpi dei ragazzi, tutti fra i 18 e i 20 anni circa, che i genitori continuano a reclamare.
La lotta dei parenti ha raggiunto ora il Forum permanente delle Nazioni Unite per le questioni indigene, a cui è stato chiesto di fare pressione sul presidente Enrique Peña Nieto affinché riapra ed estenda le indagini sul caso.
“In Messico, purtroppo, contiamo 30.000 ‘desaparecidos’ e possiamo dire di essere portavoce di tutti quelli che sono rimasti impuniti. Il governo favorisce l’impunità per quanto accaduto agli studenti di Ayotzinapa, ma come genitori noi non possiamo permettere che ciò accada: vogliamo che si chiariscano i fatti e si puniscano i veri responsabili” ha detto Cruz Bautista, zio de Benjamín Ascencio Bautista, uno dei ragazzi che mancano all’appello.
Secondo la ricostruzione ufficiale, per ordine del sindaco di Iguala e della moglie, la polizia municipale arrestò i giovani, poi li consegnò a membri di un cartello della droga locale per assassinarli e farne sparire i corpi, presumibilmente dandoli alle fiamme in una discarica.