Di Olivier Petitjean
Nonostante la massiccia opposizione dei cittadini europei al gas di scisto, la Commissione persiste nella direzione opposta. Dopo aver esentato queste attività dagli studi di impatto ambientale specifici, sta implementando oggi una “rete” di esperti in gran parte dominata da industriali e governi favorevoli al gas di scisto o shale gas, come viene anche chiamato.
Secondo Amici della Terra Europa e il Corporate Europe Observatory, che pubblicano oggi uno Studio a questo proposito, dei 60 membri di questa rete [1], il 40% lavora per aziende come Total, GDF Suez o Shell, direttamente coinvolte nel gas di scisto, o per le lobby del settore petrolio e gas [2]. I rappresentanti della società civile, al contrario, si contano sulle dita di una mano. Il resto è costituito da scienziati, la maggior parte dei quali è legata finanziariamente all’industria, e dai rappresentanti degli uffici pubblici di ricerche geologiche, i cui interessi sono spesso strettamente allineati con quelli dei sostenitori dello shale gas.
La “rete scientifica e tecnologica europea sull’estrazione di idrocarburi non convenzionali” [3] ha come missione ufficiale quella di raccogliere informazioni sugli sviluppi del gas di scisto in Europa e valutare le tecnologie utilizzate per estrarre risorse non convenzionali, cioè la fratturazione idraulica e le (per il momento totalmente chimeriche) potenziali alternative. Il tutto, secondo la Commissione, nel quadro di uno «scambio di idee imparziale ed equilibrato». Una delle cinque persone nominate dalla Commissione a presiedere i gruppi di lavoro della “rete”, il polacco Grzegorz Pieńkowski, si mostra più schietto in un’intervista con una rivista del settore : “L’implementazione [di questa rete] rappresenta un passo per invertire l’atteggiamento prevalente in Europa, negativo o sospettoso verso lo shale gas, in un atteggiamento più pragmatico e, in ultima istanza, favorevole.”
La causa tuttavia sembrerebbe ben definita. Indagini svolte a livello europeo mostrano che la stragrande maggioranza degli intervistati è contraria allo sviluppo di gas da scisto sul continente [4]. Nei pochi paesi i cui governi sono dichiaratamente favorevoli a questa attività, in particolare Polonia e Regno Unito, le multinazionali del petrolio e del gas o stanno per abbandonare il paese o lo hanno già fatto, per la resistenza locale e le deludenti campagne di esplorazione (leggere nostro articolo).
Approvazione forzata
La Commissione europea si è già trovata in molte occasioni sotto il tiro delle critiche per aver istituito gruppi di “esperti” dominati da interessi industriali in materia di OGM, di interferenti ormonali, di regolamentazione finanziaria, o di inquinamento atmosferico. Il che non le impedisce di recidivare oggi con il gas di scisto. Ha direttamente selezionato i cinque presidenti dei gruppi di lavoro: vi troviamo due rappresentanti delle società petrolifere e del gas (ConocoPhillips e Cuadrilla), due rappresentanti di governi pro-gas di scisto (Regno Unito e Polonia) e il francese François Kalaydjian, dipendente di un’organizzazione di ricerca francese legata all’industria e nota per le sue posizioni favorevoli alle energie fossili, l’Institut français du pétrole [5].
Alla fin fine, la grande maggioranza dei membri della rete, di persona o tramite le imprese, i governi e le organizzazioni che rappresentano, si è già fatta notare per le posizioni favorevoli al gas di scisto o per l’opposizione a regolamentazioni troppo rigide. Interpellato dalle associazioni, il Joint Research Center (CCR), la cui missione è quella di coordinare i gruppi di esperti della Commissione europea, si limita a giocare con le parole: poiché non si tratta di un gruppo ufficialmente incaricato di “consigliare” la Commissione, ma solo di raccogliere informazioni, non sarebbe soggetto agli standard di equilibrio e indipendenza richiesti per altri gruppi di esperti. Di modo che il JRC non vede ”alcun motivo di cambiare le regole o la struttura dei gruppi di lavoro o i loro presidenti”.
“Con il pretesto di istituire una “rete scientifica e tecnologica”, la Commissione utilizza fondi pubblici per creare una lobby favorevole all’industria del petrolio e del gas”, denunciano Amici della terra Europa e Corporate Europe Observatory. “Ciò che è particolarmente preoccupante è che, nonostante la massiccia opposizione pubblica, la Commissione sta cercando ancora una volta di far entrare discretamente il gas da scisto dalla porta sul retro, per così dire, cercando di fare in modo che la questione non sia “se” l’Europa vuole la fratturazione idraulica, ma “come” la vuole. »
[1] La rete ha 74 membri ufficiali, ma 14 sono dipendenti della Commissione europea.
[2] l’Unione francese delle industrie petrolifere (UFIP) ha due rappresentanti, tra cui Jean-Louis Schilansky, anche presidente del “Centre de documentation sur les hydrocarbure non conventionel (centro di documentazione sugli idrocarburi non convenzionali), la lobby recentemente creata da imprese francesi interessate allo sviluppo di gas di scisto.
[4] Un barometro europeo del gennaio 2013, per esempio, ha evidenziato che solo il 9% degli intervistati riteneva che la produzione di idrocarburi non convenzionali dovesse essere una priorità. Nella consultazione pubblica organizzata dalla Commissione europea stessa nel 2013, il 64% dei partecipanti riteneva che lo shale gas non dovrebbe assolutamente essere sviluppato in Europa, e un ulteriore 20% che dovrebbe essere sviluppato solo a condizione di sufficienti garanzie a tutela della salute e dell’ambiente.
[5] Ribattezzato Institut français du pétrole -énergies nouvelles (Istituto francese del petrolio – nuove energie)(IFP-EN) per fare buona impressione, ma secondo François Kalaydjian, le “nuove energie” sembrano fare riferimento principalmente ai sistemi per prolungare la vita delle energie fossili, vedere qui.
Traduzione dal francese di Giuseppina Vecchia per Pressenza
Altre informazioni sul gas di scisto e la tecnica per estrarlo: Fratturazione idraulica e Gas di scisto