di Giuseppe Zambon
Noi possiamo dire la verità, condannare l’ingiustizia, il nazionalismo ed il razzismo, sia di vecchio che di nuovo stampo, senza per questo correre il rischio di venir tacciati di antisemitismo, magari proprio dai nipoti di chi a suo tempo in Europa nulla vide e nulla disse. Noi non vogliamo sentirci chiedere un giorno: “E tu dov’eri quando i militari israeliani massacravano il popolo palestinese?”
Noi constatiamo con dolore e con rabbia che la maggioranza degli ebrei israeliani, dopo aver subito secoli di oppressione e di feroci persecuzioni, si sta comportando a sua volta verso la minoranza palestinese secondo i ben noti canoni del peggiore nazionalismo.
In particolare ci offende il cinismo di chi in Germania pretende di esprimere solidarietà con i carnefici à la Sharon, e questo in nome di una pretesa solidarietà con le vittime della persecuzione nazista. In realtà questi signori sono i legittimi rappresentanti di una classe politica che, ieri come oggi, sempre predilige per opportunismo di stare dalla parte del potere.
Se la solidarietà con gli Ebrei fosse sincera e non invece dettata dal servilismo verso gli Stati Uniti, tale solidarietà avrebbe dovuto estendersi anche agli Zingari, ai Comunisti e a tutte le altre vittime del nazismo; cosa che –come tutti sanno- non è mai avvenuta.
Noi rifiutiamo di servire come alibi alle più aberranti politiche del potere occidentale.
Noi individuiamo i responsabili del dramma che si sta consumando in Palestina:
1. In primo luogo nei razzisti e fascisti europei. Solo alla luce dei crimini nazifascisti si spiega come il sionismo sia divenuto un fenomeno di massa. Attraverso la creazione dello Stato di Israele i “buoni” europei si sono contemporaneamente liberati della nostra “fastidiosa” presenza e hanno contribuito a fondare, sovvenzionare ed armare un possente ed agguerrito avamposto occidentale, a protezione dei propri interessi strategici ed economici, contro la minaccia del nascente nazionalismo arabo. Dal giorno alla notte, i “cattivi” ebrei sono diventati i “buoni” israeliani e si è preteso di “risarcire” le vittime dei crimini nazisti a spese dei palestinesi, aggiungendo così una nuova ingiustizia ai crimini del passato. Peccato che poi gli europei si siano fatti sottrarre il proprio ruolo egemonico dagli USA…
2. Gravissime responsabilità ricadono anche sui neo-colonialisti israeliani, i quali tentano di nascondere pudicamente la propria riprovevole collaborazione con il “vitello d’oro” americano ed i loro sedicenti amici europei dietro alla solenne promessa divina della concessione al popolo d’Israele delle terre “dal Nilo all’Eufrate”. E’ sulla base di questa promessa che essi si arrogano il diritto di rifiutare l’indipendenza ad uno Stato palestinese ridotto al 22% della Palestina storica e minacciano di scacciare anche gli ultimi palestinesi, portando così a termine una vergognosa operazione di pulizia etnica iniziata cinquant’anni orsono. Si tratta qui di una riedizione di pessimo gusto del tristemente noto “Gott mit uns” !
Il profeta Michea ammonisce:
2,1 Guai a coloro che meditano l’iniquità e tramano il male sui loro giacigli: alla luce dell’alba lo compiono perché in mano loro è il potere.
2,2 Sono avidi di campi e li usurpano, di case e se le prendono. Così opprimono l’uomo e la sua casa, il proprietario e la sua eredità.
2,3 Perciò così dice il Signore: “Ecco, io medito contro questa genía una sciagura da cui non potranno sottrarre il collo e non andranno più a testa alta, perché sarà quello tempo di calamità.
2,4 In quel tempo si comporrà su di voi un proverbio e si canterà una lamentazione: “E´ finita!”, e si dirà: “siamo del tutto rovinati! Ad altri egli passa l’eredità del mio popolo;
– Ah, come mi è stata sottratta! – al nemico egli spartisce i nostri campi”.
2,5 Perciò non ci sarà nessuno che tiri la corda per te, per il sorteggio dell’adunanza del Signore.
3,9 Udite questo, dunque, capi della casa di Giacobbe, governanti della casa d’Israele, che aborrite la giustizia e storcete quanto è retto,
3,10 che costruite Sion sul sangue e Gerusalemme con il sopruso;
3,11 i suoi capi giudicano in vista dei regali, i suoi sacerdoti insegnano per lucro, i suoi profeti danno oracoli per denaro. Osano appoggiarsi al Signore, dicendo: “Non è forse il Signore in mezzo a noi? Non ci coglierà alcun male.”
3,12 Perciò, per causa vostra, Sion sarà arata come un campo e Gerusalemme diverrà un mucchio di rovine, il monte del tempio un’altura selvosa.
Oserà ora forse qualcuno accusare Michea di antisemitismo?
Noi crediamo di comprendere i motivi che hanno spinto chi, nel corso della nostra storia, a cominciare da Sansone e giù giù sino agli eroi del ghetto di Varsavia ha sacrificato la propria vita per affermare il diritto ad un’esistenza degna di essere vissuta.
Noi condanniamo gli attentati contro la popolazione civile, ma proprio perché abbiamo in passato subito sulla nostra pelle discriminazione, persecuzione e sterminio, siamo anche in grado di comprendere le ragioni dei cosiddetti attentatori suicidi palestinesi: la stessa rabbia, la stessa disperazione, la stessa mancanza di prospettive del nostro popolo al tempo in cui i nostri “amici” di oggi ci rinchiudevano nei ghetti e ci internavano nei lager.
Noi condanniamo invece recisamente gli attentatori omicidi e cioè coloro che, per imporre il loro ordine, soffocarono con il lanciafiamme la rivolta del ghetto di Varsavia, coloro che sganciavano tonnellate di napalm sulle capanne vietnamite nelle zone liberate premendo un pulsante dal posto di guida dei propri aereoplani.
Non è qualitativamente diverso chi oggi cannoneggia da terra e dall’aria i lager di Jenin e di Gaza.
Noi sentiamo il dovere di accusare l’attuale politica del governo di Israele in quanto inumana e quindi, di fatto, anche antisemita e questo non solo perché gli arabi sono anch’essi ovviamente dei semiti, ma anche perché:
1. La politica sionista verso gli arabi contraddice la tradizione di un popolo e i principi di una religione che, nel corso dei secoli, hanno dato una sì alta testimonianza di amore, di rispetto verso la persona umana. Tale politica distrugge l’essenza stessa dell’ebraismo.
2. Persistendo nella propria politica repressiva, Israele tradisce la nostra storia, rinnega il ricordo della Shoa, chea noi aveva insegnato a ripudiare la violenza verso i deboli e ad apprezzare la nobiltà di quei pochi che ci capivano e cercavano di proteggerci. Mai e poi mai avremmo potuto immaginare che il nostro popolo avrebbe potuto dar vita, nel corso di una sola generazione, a uno stato oppressore. Non possediamo più l’innocenza della vittima; diventati da oppressi oppressori, non possiamo più richiamarci in buona fede al ricordo dell’Olocausto senza venir accusati di volerlo strumentalizzare.
3. La stessa esistenza del popolo di Israele viene messa in grave pericolo, e non già da un popolo palestinese martoriato, umiliato e ridotto allo stremo, ma dalla stessa politica di Israele.
Non sono soltanto gli arabi le vittime di una tale politica. Puntualmente, ovunque nel mondo l’imperialismo abbia deciso di non intervenire direttamente a sostegno di un potere corrotto di militari assassini o di spudorati razzisti, ecco che Israele, efficiente e volonterosa manda “aiuti”, vende armi, istruisce le polizie, collabora con i servizi segreti, siano essi del Sudafrica razzista, del Congo di Mobutu, o delle peggiori dittature caraibiche.
Ci siamo mai chiesti chi vorrà mai aiutare Israele quando, dopo aver seminato con continuità e perseveranza tanto odio e sparso tanto sangue nel mondo, dovesse venire a mancare la protezione economica, politica e militare degli USA, i nuovi “padroni del mondo”?
Ma nelle tenebre si è accesa una luce: quella dei pochi israeliani che hanno conservato la propria umanità, come Felicia Langer, Uri Avneri o i 500 riservisti dell’esercito israeliano che coraggiosamente proclamano, a dispetto di ogni intimidazione e rappresaglia: “Noi ci rifiutiamo di continuare a combattere al di là dei confini del 1967 con l’obiettivo di dominare, affamare ed umiliare ed espellere un popolo intero”.
Si tratta purtroppo ancora di una minoranza; essa però dà segni di crescita e ci offre perciò una grande speranza: quella che un giorno sarà possibile in Israele / Palestina una pacifica convivenza fra le religioni, ed i popoli, insomma fra tutti gli esseri umani.