di Ashoka Jegroo per Waging Nonviolence
La settimana scorsa gli studenti e i difensori della libertà di parola hanno invaso le strade di Madrid per protestare contro due controverse nuove leggi — una che ha come bersaglio gli studenti e l’altra il dissenso.
La legge “3+2”, che abbrevia gli anni di università da quattro a tre ed estende quelli di specializzazione da uno a due è stata approvata in gennaio dal governo spagnolo, facendo infuriare gran parte degli studenti. In risposta il 24 marzo studenti e professori di tutta la Spagna sono scesi in sciopero per tre giorni; secondo i sindacati che le hanno organizzate, le proteste – con blocchi delle autostrade e dell’entrata dei campus di Madrid – hanno visto la partecipazione dell’85% del settore educativo.
In gennaio il Ministro dell’Istruzione Jose Ignacio Wert ha sostenuto che la legge avrebbe ridotto i costi e allineato il sistema spagnolo con il resto dell’Europa. “Il sistema basato su quattro anni di università e uno di specializzazione è una rarità,” ha detto a Olive Press. “Allineare il programma di laurea con i nostri vicini europei farà risparmiare molti soldi alle famiglie.”
Secondo uno studio recente di Save The Children tra il 2006 e il 2013 gli investimenti del governo nel campo dell’educazione sono scesi di circa il 10%, mentre le spese della famiglie sono aumentate del 30%. Alla luce di questa situazione, molti studenti e professori sostengono che la nuova legge renderà più costosa l’educazione superiore, mentre il valore della laurea universitaria diminuirà.
Il 26 marzo, mentre gli studenti invadevano le strade, il Parlamento spagnolo, dove il partito popolare al governo ha la maggioranza, approvava la controversa legge sulla sicurezza, conosciuta come “Legge Bavaglio”, che renderebbe quella stessa protesta illegale e punibile con pesanti ammende.
Secondo tale legge, che entrerà in vigore il 1° luglio, la gente potrà ricevere ingenti ammende per varie attività di protesta senza l’intervento di un giudice. Manifestazioni non autorizzate nelle vicinanze di centrali nucleari, nodi di interscambio e altre importanti infrastrutture potrebbero costare ai partecipanti fino a 600.000 euro. Organizzare manifestazioni non autorizzate vicino a edifici governativi, fotografare agenti di polizia durante le proteste, rifiutarsi di mostrare i documenti a un agente di polizia e impedire a funzionari di applicare ordinanze giudiziarie o amministrative potrà comportare ammende fino a 30.000 euro. Altre misure prevedono multe per “oltraggio” ad agenti di polizia e ampliano la gamma di reati legati al “terrorismo.”
Luis Aznar, uno degli esponenti del Partito Popolare dietro a questa legge, ha dichiarato ad AFP che “ci sono gruppi anti-sistema e fuori controllo che approfittano” delle vecchie regole e che la nuova legge contribuirà a reprimere le proteste violente. Anche il premier Mariano Rajoy, sempre del Partito popolare, ha difeso la legge.
Secondo un sondaggio effettuato da Metroscopia in dicembre però oltre l’80% degli spagnoli era in favore di un’attenuazione o della totale cancellazione della legge. Anche esponenti dell’opposizione e organizzazioni dei diritti umani l’hanno criticata. “Lo spirito di questa legge è repressivo,” ha dichiarato ad AFP Ignacio Sanchez Amor del Partito Socialista. “Il cittadino critico viene visto come un tipo pericoloso che causa problemi.”
Amnesty International ha condannato questo “attacco ai diritti e alle libertà di cittadini spagnoli, migranti e rifugiati”, mentre Human Rights Watch ha dichiarato ad AFP che la legge “limita in modo ingiustificato la protezione di diritti umani fondamentali.”
“Temo che questa legge avrà un effetto paralizzante sulle manifestazioni, soprattutto quelle spontanee”, ha detto a Newsweek Gauri van Gulik, vice-direttore per l’Europa di Amnesty International. “La Spagna sta soffocando in un colpo solo la libertà di espressione e di riunione.”
Nonostante il clima repressivo, gli spagnoli hanno continuato a scendere per strada e a protestare contro la legge anti-protesta. Giovedì scorso membri di Greenpeace hanno manifestato davanti al Parlamento a Madrid con bavagli e magliette di denuncia.
Venerdì decine di persone appartenenti a vari gruppi di attivisti, organizzazioni dei diritti umani e ONG hanno occupato la sede del Parlamento usando l’hashtag #RespondemosALaMordaza (Rispondiamo alla Legge Bavaglio) con cartelli, magliette e bavagli sulla bocca.
Il momento culminante della protesta, organizzato dal gruppo No Somos Delito (Non siamo un reato) è arrivato con una canzone eseguita nella camera bassa del Parlamento spagnolo. Accompagnati da strumenti e applausi, gli attivisti hanno cantato “Cuando el pueblo alza su voz, nadie lo puede detener!” ossia “Quando il popolo alza la voce, nessuno può fermarlo!”
Traduzione dall’inglese di Anna Polo